“Or, figliuol mio, non il gustar del legno fu per sé la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, Canto XXVI, vv. 115-117).
Poppi, sabato 22 Settembre ore 21 circa. Innanzi al portone chiuso del castello dei Conti Guidi, simbolo del Casentino, un gruppo numeroso di viandanti attende… non sa cosa… non sa chi… forse qualcosa succederà… qualcuno arriverà a svelare l’inizio. C’è sospensione nell’aria.
Poi qualcuno comincia a bussare e… niente! Bussa ancora; il brusio dei convenuti si placa smorzato dalla curiosità.
Dall’interno riecheggiano colpi in risposta all’esterna richiesta. Il portone si apre e lentamente il gruppo segue l’attore, immergendosi lentamente in echi di suoni di ignota provenienza, di canti che riempiono la corte facendo rivivere ricordi antichi, mentre una presenza manifesta il suo brio rosso acceso saltellando provocatoria lungo la meravigliosa scala del Turriani.
Questo è “VianDanti”! Opera di ricerca attraverso i versi di Dante scritti durante l’esilio.
La Divina Commedia viene cantata, recitata e portata in giro per i saloni del castello e lungo i ballatoi, dando vita a un’accesa discussione tra i personaggi le cui voci potenti e austere si arrampicano e ridiscendono pareti, affreschi, stanze e libri antichi all’interno del maniero.
Tutto vibra e sembra partecipare agli accadimenti.
Il pubblico ne è totalmente avvolto. Ogni angolo del castello sembra quello da cui la voce proviene. Finché esce, palesandosi agli occhi, l’attore che gliel’ha prestata liberando l’applauso e il bisogno umano di “collocare” cose in luoghi precisi! Alcune parole sfuggono purtroppo, per via degli spostamenti fra un salone e l’altro ma ognuno può percepire e portare con sé il senso della ricerca: l’appartenenza, il conflitto tra il maschile e il femminile presenti all’interno dell’animo umano. Un femminile che si spoglia dell’ostentato rosso fuoco e, anche in apparente resa, mai smette di esortare il maschile a seguire l’istinto. A seguire la sua stella.
Un mantra che rimane e rintocca la sua cadenza anche dopo aver finito, applaudito e salutato:
“Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto, se ben m’accorsi ne la vita bella” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XV, vv. 55-57).
Complimenti a tutti coloro che hanno messo impegno, lavoro e voce in quest’opera originale e sicuramente d’effetto!