Johnson vince, la Brexit c’è: ma come si fa?

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Non ci avrebbe creduto nessuno, tre anni fa. Forse nemmeno lui ci credeva, l’uomo del momento in Regno Unito, Boris Johnson, oggi Primo Ministro britannico e leader del Partito Conservatore. Tre anni fa, ad inizio estate, a poche settimane dal referendum che avrebbe potuto cambiare le sorti del Regno Unito, Johnson non aveva ancora detto la sua. Ma aveva deciso di farlo, esponendosi sul Daily Telegraph, con due articoli: uno pro e un altro contro la Brexit. Decise di pubblicare il primo, cambiando così la narrazione della politica britannica. Insomma, è opinione diffusa che la Brexit sia stata decisa anche grazie al suo contributo. Tre anni oggi, dopo innumerevoli rinvii, crisi e tensioni, Johnson si appresta a rendere effettiva la Brexit. Un capolavoro politico il suo, all’insegna del “leave”: chiudere la Brexit, in attesa di future e comunque prossime mosse.

La questione sulla Brexit non è affatto chiusa ma la certezza è una: la Brexit ci sarà, grazie anche alla schiacciante vittoria di Johnson (365 seggi su 650). Ora la deadline, fissata entro la fine di questo mese, va rispettata. Johnson ha stretto un accordo con l’Unione Europea, è cosa nota, ma alcune questioni rilevanti da un punto di vista economico, finanziario e politico saranno probabilmente rimandate fino al prossimo dicembre. Tempo sufficiente per pensare e pesare l’impatto della Brexit sui mercati: nei prossimi mesi è possibile che alcune catene del valore possano subire conseguenze dell’incertezza del negoziato, o anche di nuove regole: tutti fatti da non sottovalutare, nemmeno per le amministrazioni pubbliche, nella garanzia di un libero circolo di merci, senza alcun intoppo.

L’ombra di una Brexit dura nemmeno è da escludere, in assenza di futuri accordi commerciali. A scanso di equivoci si può ipotizzare che la questione Brexit resterà un fattore di mercato almeno per il prossimo anno. Certo molta differenza la possono fare i diretti interessati, dal momento che Johnson ha dalla sua la vittoria e che l’Ue potrebbe rivolgersi in maniera più clemente ed aperta al dialogo per non farsi troppo male. Fondamentalmente a Johnson non è mai stata data possibilità di spiegare e contestualizzare la Brexit che, finora, ha solo paventato con discorsi e arringhe. Occorre, anche da parte sua, un chiarimento.

Le gatte da pelare, però, in Regno Unito, non si fermano alla Brexit, essendo ancora in piedi la questione del confine nord-irlandese: stando a Johnson l’accordo che dovrebbe approvare prevederebbe un confine non intrusivo nel mare irlandese, operazione critica ma già definita strategica e operativa dal Ministero dell’Interno britannico.  Il vento, intanto, continua a cambiare: in Scozia e Irlanda del Nord stravincono e stradominano i partiti nazionalisti, a riprova del fatto che il progetto di unità paventato da Johnson ha più falle da fronteggiare. Per venir incontro a certe difficoltà, presumibilmente Johnson allargherà la spesa pubblica, con il risultato, tutto da valutare, dell’effetto che nel medio termine sentiranno sugli spread per l’obbligazionario governativo.  Per quel che riguarda Sterlina e FTSE, è stato scongiurato ogni aumento di tasse sui profitti, mentre per il futuro la situazione economica (e monetaria) andrà monitorata sempre con maggior attenzione…

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