8 marzo, un anno dopo… (Il diario del Fazzi)

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Il dottore prese in mano la risonanza e mentre la guardava io lo incalzai.
-Dottore so benissimo che mi devo tagliare la gamba ma mi dica, sopra o sotto il ginocchio?
In realtà sapevo già la risposta dentro di me, ma avevo bisogno che qualcuno, più autorevole, me lo confermasse.
-Sopra Fabrizio, dobbiamo per forza andare sopra al ginocchio, fino al femore.
In quel momento una lacrima attraversò il mio viso, scese lenta e silenziosa, avevo accanto mia moglie e il mio amico Basa, strinsi i pugni, e lì in quel preciso istante ci fu in me un cambio di paradigma, tra quello che era stato prima e quello che sarebbe stato da lì in avanti.
Fu in quel momento che indossai i panni del guerriero, ma lo feci colorandomi il viso dei colori dell’arcobaleno, ero pronto per la mia battaglia ma sopratutto ero pronto per rinascere di nuovo.
La mia nuova vita è iniziata così.
L’8 marzo, la Festa della Donna, mi fecero una X sulla gamba sinistra per essere sicuri di non sbagliare e mi portarono in sala operatoria.
Mentre percorrevo quei labirinti fatti di lunghi corridoi in direzione del blocco operatorio, nudo su un lettino, avevo un po’ di tensione e i pensieri erano come bloccati in una sorta di limbo. Nel momento che arrivai alla sala per l’anestesia tutto svanì, fui circondato da infermieri e infermiere, due anestesisti e il mio amico ferrista LELE, sembrava praticamente di essere al Bar. Tutti avevano messaggi da darmi da parte di amici che avevano chiamato quello o quell’altro, anche il mio chirurgo entrò nelle conversazioni amichevoli che oramai avevano preso tutti: ma ‘sto Fazzi allora è proprio famoso! Hai fatto un casino che nemmeno il Presidente della Repubblica!
Però ora basta su, andiamo o no a tagliare ‘sta gamba???
E al coro “tagliamo la gamba, tagliamo la gamba” partimmo tutti verso la sala operatoria.
Ho sempre pensato a cosa avrei provato nel momento del risveglio quando avrei messo la mano sulla gamba per sentire che non c’era più. In realtà, come sempre, conosco in anticipo le mie reazioni e anche quel momento fu esattamente come me lo aspettavo non mi sembrò per nulla strano e non mi fece effetto, avevo già svoltato nella mia mente,  avevo già cambiato il paradigma della mia nuova vita.
In quei giorni  post operatori all’ospedale, a parte i dolori atroci che a volte mi prendevano, ho avuto una dimostrazione di affetto infinita da parte di tutti vecchi e nuovi amici.
Avevo perso una gamba ma avevo preso coscienza che avrei trovato tante altre cose belle, anzi, pensai, non avere una gamba è un segno particolare, distintivo, anche affascinate, come il Soldatino di Piombo delle favola della Disney che si distingue dai soldatini comuni, non avere un arto può essere qualcosa in più anziché qualcosa in meno, pensavo. E già dai primi giorni ero io che tranquillizzavo qualcuno che mi veniva a trovare e aveva magari la faccia triste o gli faceva effetto vedere una gamba di meno.
Qualcuno non voleva proprio vedere, qualcun altro è addirittura svenuto, ho anche le prove! ma rimarrà un segreto, che situazione!
Insomma alla fine fra decine e decine di persone che mi sono venute a trovare in quei giorni ho fatto tanta scorta di cioccolata e anche tante risate.
Un’esperienza dura ma bellissima.
Le ricorrenze, i numeri, le date per me sono sempre state importanti, per cui voglio brindare l’8 marzo di ogni anno con tutti coloro che mi sono stati vicini prima durante e dopo ringraziandoli uno ad uno dicendogli che un anno fa un evento ha provato a cambiare la mia vita e la mia vita è cambiata sotto molti aspetti, ma la vita non è riuscita a cambiare me, non è riuscita a cambiare Noi, io non mi sono mai fermato, invece di correre con le gambe ho corso più veloce con la mente ed ho proseguito il mio cammino inventandomi altre dieci, cento, mille diavolerie!!!
“Con l’anima che si pente
Metà e metà
Con l’aria, col sole
Con la rabbia nel cuore
Con l’odio, l’amore
In quattro parole
Io sono ancora qua
Eh, già
Eh, già
Io sono ancora qua”
(Vasco Rossi)

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