Lo sapevi che le chiese di Ponte a Poppi… (Rikipedia – Curiostoria del Casentino)

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Come augurio di inizio attività al mio amico Gherardo, voglio riproporre una sintesi di un mio articolo di qualche anno fa sulle chiese del Ponte che in conclusione citava proprio l’Osteria del Tempo Perso.

La storia della chiesa di Ponte a Poppi è storia recente; una prima chiesetta fu infatti consacrata nell’aprile del 1944, mentre la sua ricostruzione nelle più ampie forme attuali risale al 1966: la chiesa di cui la numerosa comunità necessitava fu consacrata il 26 novembre di quell’anno, come è stato ricordato dai solenni festeggiamenti del cinquantesimo anniversario nel 2016. Se questa è la storia non manca però una preistoria, che ci riporta indietro fino al Medioevo; c’erano infatti edifici sacri ed enti religiosi al Ponte e dintorni anche negli anni immediatamente successivi alla duecentesca costruzione del ponte sull’Arno che ha dato il nome al paese: la notizia della costruzione del ponte di Poppi (attestato nella documentazione dal 1225) ad opera di Guido il Vecchio (Guido VIII) dei conti Guidi si trova nella “Guida del Casentino” di Carlo Beni, che la riprende a sua volta dall’opera settecentesca del Morozzi sul fiume Arno: «Questo ponte, scrive il Morozzi, fu fatto costruire dal conte Guido il Vecchio, ed avanti non era ponte alcuno, ma si passava col fodero, e la strada principale per salire a Poppi era quella del Trogone, ché vi erano più logge con fornace, e s’entrava in Poppi per la porta detta di Tiggiano, che ora è murata ed ora è la clausura delle Monache…». È nel Duecento, infatti, che si accresce nel castello di Poppi l’ospedale di Santa Maria della Misericordia, che già esisteva e che in quegli anni beneficia della riorganizzazione urbanistica del centro fortificato da parte dei conti Guidi; siamo negli anni in cui la struttura degli “spedali” raggiunge il massimo del proprio sviluppo nella sua primitiva funzione di assistenza dei viandanti, prima che dei malati, funzione che precedentemente era svolta dalle pievi, che per motivi di raggiungibilità, da parte delle chiese dipendenti ma anche della sede diocesana di appartenenza, tendevano a collocarsi lungo le principali direttrici viarie. L’ospedale esisteva dentro Poppi già dal secolo XII e nel tredicesimo, come dicevamo, viene riorganizzato insieme al resto del borgo interno alle mura, ma, proprio in quel secolo di cambiamenti che è il Duecento, il mercatale nato ai piedi del castello, di là d’Arno, si sviluppa parallelamente allo sviluppo della viabilità sulla sinistra idrografica del fiume, testimoniato anche dalla costruzione stessa del grande ponte in pietra, sopravvissuto poi fino alle distruzioni belliche del secondo conflitto mondiale. Anche lungo questa “nuova” strada, che poi ha avuto la meglio nella viabilità valligiana attuale, nacquero hospitia e spedali ed eccoci giunti al Ponte, seguendo idealmente questa strada e i percorsi della storia: gli spedali di San Lazzaro a Ponte a Poppi e quello di S. Maria e Marta al Roiesine affiancavano la via nel centro e alla fine del paese e dipendevano proprio dall’ospedale di Poppi, dipendenza che durerà fino al 1737.

L’ospedale del Roiesine, cui era annesso un piccolo oratorio, era detto spedale ma anche “romitorio” perché vi alloggiava un romito con funzioni di spedalingo; era dedicato a Marta e Maria, sorelle del Lazzaro resuscitato da Gesù secondo i Vangeli e dedicatario dell’altro ente in questione. Un’epigrafe perduta datava l’edificio al 1350: lo fece fare, con lascito testamentario, tale Nino Buonamichi da Poppi, con l’autorizzazione dei rettori dell’ospedale di Poppi. Se questi dati ci danno notizie sugli inizi della struttura, le fonti ne tramandano anche di relative alla sua fine, che si lega allo straripamento del torrente nel 1658, cui fece seguito la rovina degli edifici. Non si provvide alla loro ricostruzione, ma a porre in compenso due letti per i pellegrini presso l’oratorio di San Donnino a Ponte a Poppi, dove esisteva fino al 1557 un ospedale dedicato a San Lazzaro distrutto da una piena in quell’anno. L’oratorio risaliva agli anni tra la fine del secolo XIII e gli inizi del Trecento, come punto di riferimento per i poppesi fuori le mura residenti nei pressi del ponte, nel primo nucleo del mercatale del Ponte, con la maiuscola; il resoconto della visita pastorale del 1663-1668 precisa comunque che si trattava di una ecclesia simplex, cioè non parrocchiale, di un oratorio o cappella dipendente dalla parrocchia di San Lorenzo dentro le mura. Il documento ricorda che un tempo accanto all’oratorio di San Donnino sorgeva il citato spedale di San Lazzaro distrutto dalla piena cinquecentesca, a cui lo spedale non sopravvisse, mentre le solide mura dell’oratorio rimasero indenni, per quanto una scritta all’interno ricordasse che «il 13 ottobre 1557 alle ore due di notte l’acqua del fiume invase la chiesa fino all’altezza di un uomo». L’ospedale non fu ricostruito o ripristinato, se non nella precaria forma citata dopo la distruzione di quello del Roiesine; già precedentemente comunque i due enti avevano incrociato i propri destini, quando furono aggregati e assegnati all’ospedale di S. Maria della Misericordia di Poppi con bolle pontificie di Niccolò V e Leone X, ed avevano condiviso anche una medesima evoluzione, essendo nati per ospitare viandanti ed essendosi poi trasformati in nosocomi, in distaccamenti dell’ospedale di Poppi per la cura dei malati affecti morbo leprae, dei lebbrosi che non potevano essere accolti con gli altri malati e che dovevano preferibilmente trovare posto fuori dalle mura. L’oratorio di San Donnino fu chiuso e sconsacrato verso la fine del ‘700, con le soppressioni di enti ecclesiastici messe in opera dal granduca Piero Leopoldo in tutta la Toscana, ed adibito ad usi profani di magazzino e abitazione; si trovava lungo la strada proprio di fronte alla piazza, nei locali ora occupati all’“Osteria del tempo perso”: un’interessante porzione di muratura medievale della parte posteriore dell’edificio è visibile, messa in luce e restaurata, nell’adiacente negozio di abbigliamento “Bazaar”.

 

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Riccardo Bargiacchi
Riccardo Bargiacchi, nato in Casentino nel 1978, vive a Poppi con moglie e figlio; laureatosi con lode a Firenze in Archeologia Medievale, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, discutendo una tesi sui castelli dei conti Guidi in Casentino, ha iniziato la propria attività lavorativa con le pluriennali indagini archeologiche condotte nel sito del Lago degli Idoli (Stia, AR), come componente dell’équipe della cooperativa archeologica Co.IDRA di Firenze (2003-2007). Mantenendo un rapporto di collaborazione con la Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze per progetti nazionali e internazionali, è socio dello spin-off accademico Laboratori Archeologici San Gallo. Attualmente per conto della cooperativa Oros, lavora presso il Museo Archeologico del Casentino di Bibbiena fin dalla sua inaugurazione ed ha collaborazioni in atto con l’Ecomuseo del Casentino ed altre realtà della valle per quanto riguarda attività storico-archeologiche e didattiche. Accanto a numerose pubblicazioni scientifiche legate alla sua attività professionale, anche in sedi prestigiose come la rivista ufficiale della materia “Archeologia Medievale” (I conti Guidi e l’incastellamento del Casentino: il caso di Poppi, A.M. n° XXXV-2008, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2009, pp. 315-332), e comprese due monografie intitolate “Chiese e Santuari del Casentino” (2011) e “Castelli e Feudatari del Casentino” (2014), frutto del Progetto di conoscenza e valorizzazione del Fondo Goretti Miniati (a sua cura per conto della Biblioteca di Poppi e dell’Ecomuseo del Casentino), dal punto di vista letterario, oltre a sporadiche apparizioni su riviste o antologie di premi letterari, è autore di una raccolta di poesie (Tanatofilia. Poesie d’amore, Firenze, MEF - L’Autore Libri Firenze, 2010) e di un romanzo: Falterona, Stia, AGC Edizioni, 2016 (collana “CasentinoPiù” n° 01). È storico collaboratore della rivista CasentinoPiù: da luglio 2010 tiene la rubrica “Casentino medievale: storia e archeologia”.

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