Sanità: fusione Casentino-Val Tiberina? Pd-Castel San Niccolò: “è ora di agire!”

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Bibbiena Stazione, Loc. Colombaia

Un unico distretto sociosanitario che unisca il Casentino e la Val Tiberina. Questa la proposta dell’Anci Federsanità Toscana (link del documento: http://www.ancitoscana.it/images/allegati/Rapporto%20Zone.compressed.pdf) per rientrare nel nuovo assetto organizzativo, a livello sociosanitario, previsto dalla Legge Regionale (L.R.) n°84 del 2015 (riferimento normativo: www.regione.toscana.it/bancadati/BURT/Contenuto.xml?id=10147). L’area casentinese che fa capo all’ospedale di Bibbiena e quella della Val Tiberina che fa capo all’ospedale di Sansepolcro, potrebbero dunque congiungersi, secondo l’ipotesi dell’Anci, in un unico ambito territoriale ottimale e in un’unica organizzazione amministrativa nell’erogazione di prestazioni e servizi sanitari di base, socio-sanitari e sociali. Ma il circolo del Pd di Castel San Niccolò, non è affatto d’accordo. E, nella figura del suo segretario Giorgio Trevisan (ex sindaco del comune stesso), ha diffuso un documento critico, volto a scuotere le coscienze di chi può avanzare proposte alternative.

Nello specifico, il testo di legge varato dalla Regione Toscana, entrato in vigore dal 1° gennaio 2016, ha riorganizzato il territorio toscano raggruppando le dodici Aziende Unità Sanitarie Locali (AUSL, o semplicemente Aziende USL – presenti ufficialmente fino al 31/12/2015) in tre nuove grandi AUSL così costituite: AUSL Toscana Centro (che accorpa le USL di Firenze, Prato, Pistoia ed Empoli); AUSL Toscana Nord Ovest (Lucca, Pisa, Massa Carrara, Livorno e Viareggio) e AUSL Toscana Sud Est (Arezzo, Siena e Grosseto). La composizione originaria di ogni singola Unità sanitaria è, a sua volta, suddivisa in Zone Distretto. L’area della Provincia di Arezzo è attualmente articolata in questo modo: Zona Distretto Aretina, Zona Distretto Val di Chiana Aretina, Zona Distretto Valdarno Superiore, Zona Distretto Val Tiberina e Zona Distretto Casentino.

La legge, riguardo questi sottogruppi, ha previsto che venissero riorganizzati, ma non ha avanzato nessuna ipotesi di accorpamento. Agli enti interessati è stata lasciata la possibilità di intervenire proponendo delle soluzioni adeguate entro il 30 marzo 2016. Due, in particolare, sono i commi della legge in esame che toccano questo punto: i commi 1 e 2 dell’art. 91. Il primo recita così: “La Giunta regionale entro il 30 giugno 2016 presenta, previo parere della Conferenza regionale dei sindaci, al Consiglio regionale una proposta di legge mediante la quale si procede alla revisione degli ambiti territoriali delle zone-distretto (…) da individuare all’interno delle nuove aziende USL sulla base di criteri strutturali ed infrastrutturali, fra i quali il numero di abitanti, l’estensione del territorio, il numero di comuni, nel rispetto del criterio di attenzione alle zone disagiate, di confine, montane, alla loro identità territoriale, alle esperienze socio-sanitarie maturate e consolidate” (sic!). Nel comma 2 si prosegue leggendo che “relativamente al processo di revisione degli ambiti territoriali (…) i singoli consigli comunali, le unioni dei comuni ovvero le singole conferenze zonali integrate, attualmente costituite, possono avanzare proposte per la ridefinizione degli ambiti suddetti entro il 30 marzo 2016”.

A oggi, non sarebbe pervenuta alcuna proposta, eccezion fatta per quella dell’Anci. Che sarebbe stata comunque presentata ai sindaci soltanto ad aprile (quindi oltre il termine del 30 marzo). In questa ipotesi di progetto si discutono varie teorie di accorpamento, «prevedendo – si legge nel documento – una diminuzione del numero complessivo [delle Zone Distretto]in modo da [adeguarsi alle nuove]necessità organizzative [resesi essenziali in base a quanto espressamente richiesto dalla L.R.](…). Lo spirito della norma – prosegue il testo Anci – non risiede tanto in una logica di razionalità quasi estetica: meno aziende-meno distretti, o in una logica di risparmi in questo caso difficilmente quantificabili ex ante, quanto piuttosto deriva dall’aver innovato profondamente i compiti della Zona stessa» (sic!). Il documento continua quindi affrontando la questione relativa alle eventuali unioni di aree confinanti, finendo col trattare anche il caso specifico del Casentino. Nell’analisi fornita si riconosce un’effettiva difficoltà nel trovare una soluzione adeguata. Da una oggettiva constatazione, si è resa «evidente – si afferma nel testo – la contrarietà dei comuni a qualsiasi ipotesi di accorpamento (…). La zona teoricamente più coerente, la Val Tiberina è separata [dal Casentino]da una cresta montuosa ed appare lontana culturalmente e socialmente» (sic!). Le altre aree sembrerebbero comunque convincere ancor meno, tanto da portare alla conclusione che, «pur condividendo [le perplessità sollevate]appare difficile il mantenimento dell’assetto attuale [dell’area Casentino] vista la dimensione demografica della Zona. La soluzione potrebbe essere trovata realizzando una zona unica con la Val Tiberina, ben distinta in due sub aree; il che permetterebbe di avere una massa critica sufficiente per garantire una efficiente organizzazione di zona tecnico professionale autonoma (…) [che riconoscerebbe anche la]difficoltà oggettiva ad unire due zone così diverse» (sic!).

Questa soluzione viene prontamente respinta dal Pd di Castel San Niccolò. A loro modo di vedere, il documento Anci non rispetta i criteri di valutazione chiaramente definiti dalla legge. Nella fattispecie si contestano i «generici parametri quantitativi – come riporta il comunicato critico – a valenza esclusivamente demografica, morfologica, reddituale o di spesa sociale pro capite» rilevati e, in particolare, la poca attenzione riservata al fatto che il Casentino è da considerarsi area disagiata, montuosa e dalla forte identità territoriale. Si critica la mancanza di valutazione sugli attuali servizi e prestazioni erogate. La rilevazione di parametri, indicatori e indici propri delle attività distrettuali indispensabili nell’ottica di una corretta indagine finalizzata a una eventuale intenzione di accorpamento con una realtà territoriale altra e diversa. Non sarebbe poi accettabile, secondo quanto riporta il documento, la mancanza assoluta di un’analisi comparata tra gli attuali servizi, l’organizzazione e le risorse al momento presenti sia nel Distretto sociosanitario del Casentino sia in quello della Val Tiberina, seguita da una simulazione degli eventuali risultati attesi nel caso di un accorpamento/fusione delle due attuali zone distretto.

Quello che sembra preoccupare maggiormente il circolo Pd del comune casentinese, è però la paradossale staticità di chi adesso, alla luce di questo documento Anci (da loro, ritenuto improponibile), non prende in mano la situazione per intervenire incisivamente. Infatti, spiega Giorgio Trevisan, dopo l’incontro «informativo [tenutosi]presso il Comune di Poppi su invito del Sindaco Carlo Toni» (maggio 2016 – la cui relazione si può leggere sulla pagina Facebook ufficiale del circolo, nel post datato 14 maggio 2016) in cui è emersa una netta contrarietà all’ipotesi di accorpamento e, soprattutto, alla luce delle dichiarazioni dell’Assessore alla Sanità Stefania Saccardi, in cui si afferma che i «territori e i sindaci hanno bisogno di più tempo per capire come organizzare al meglio le zone distretto» (6 luglio 2016 – link al testo: http://www.consiglio.regione.toscana.it/ufficio-stampa/comunicati/comunicati_view.aspx?idc=&id=22801), sembrerebbe evidente che non ci sia nulla di definito e definitivo. Pertanto, si insiste nel documento, si può ancora intervenire. Forti, oltretutto, delle direttive sancite dalla revisione del Patto Territoriale Zona Casentino sottoscritta soltanto nel febbraio scorso e firmata, per l’Azienda USL Toscana Sud Est, dal Direttore Generale Enrico Desideri e, a nome della Conferenza dei Sindaci del Casentino, da Daniele Bernardini (link al testo: http://www.usl8.toscana.it/images/stories/19_02_2016_Patto_Territoriale_Casentino.pdf). Patto che andrebbe a sottolineare l’esigenza dell’area di mantenere un proprio assetto operativo finalizzato al potenziamento dello stesso, in un’ottica apparentemente contraria all’idea di fusione con la Val Tiberina.

La lista delle osservazioni del circolo Pd sembra davvero lunga e arriva alla conclusione che il proposito esposto dall’Anci è inattuabile o che, comunque, non rispecchiando le esigenze territoriali, consegna alla Regione un documento approssimativo e privo di una stima reale dei fatti. Nella parte finale di questo “contro-documento”, si chiede pertanto al Consiglio regionale che venga effettuata «una ricerca – conclude la nota – quali quantitativa sulle zone distretto con indicatori e indici attinenti le competenze sociosanitarie» e la proroga del periodo utile per un nuovo avanzamento delle proposte. L’appello conclusivo è rivolto dunque ai sindaci, ai singoli consigli comunali, alle unioni dei comuni e alle singole conferenze zonali integrate, spiega Trevisan, che ora possono e devono agire. Senza tergiversare ancora a lungo. Soprattutto alla luce dell’ultima risoluzione del Consiglio Regionale di alcuni giorni fa che, invitando la Giunta Regionale a predisporre quanto prima la ridefinizione degli ambiti delle zone Distretto, ha dovuto constatare che al 28 giugno nessun Consiglio Comunale, Unione dei Comuni e Conferenza zonale dei Sindaci aveva presentato alcuna proposta.

Il documento termina con un riferimento al Patto Territoriale richiamando l’attenzione sul fatto che lo stesso era stato firmato in conformità alla L.R.84/15 e alla legge vigente. Caso unico, pare, nello scenario della Regione Toscana che lascerebbe ben sperare in un possibile mantenimento della zona Distretto Sociosanitario del Casentino. Per questo, concludono, “è ora di agire”.

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