“Voci dal Casentino”: Claudio Barolo ci racconta la sua convivenza (e la guarigione) con il Covid-19

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Claudio Barolo

Mi sembrava doveroso dare a Claudio la possibilità di parlare di questo suo periodo particolare, di far sì che potesse condividerlo per alleggerire un po’ il suo stato d’animo, e a proposito di questo ho preparato per lui alcune domande che dovrebbero dargliene l’opportunità.

Anche io ho dovuto fare il tampone, ma un conto è risultare negativi e un conto positivi. Cosa hai provato?

La sensazione che ho provato nell’immediato, è stata di preoccupazione per aver involontariamente trascinato in questa triste situazione di paura e disagio, tutte le persone con cui avevo avuto contatti. Purtroppo la lista che ho dovuto preparare per la USL, era interminabile e ad ogni nome che vi scrivevo sopra ne rivedevo il volto e mi sentivo profondamente in colpa, in colpa per i miei clienti, per i miei contatti privati, per la mia famiglia. Mentre invece nell’attesa del tampone ragionavo come se fossi stato in preda ad uno sdoppiamento della personalità, uno sdoppiamento del pensiero, dove una parte di me restava attaccata alla paura costante e all’evolversi di questa malattia, l’altra parte invece mi faceva pensare alla positività di procurarmi degli anticorpi per fronteggiarla.  Per questo ritengo che per ogni cosa ognuno di noi dovrebbe guardare sempre tutte e due le facce della medaglia.

Sei stato un caso asintomatico, ma davvero non hai avvertito niente di diverso dal solito?

Davvero! I sintomi sono stati del tutto inesistenti, forse un po’ di stanchezza, ma non mi sento di ricondurla al Covid 19, poi quando risulti positivo, trovi il tempo di riposare di più, forse anche troppo, per cui no, nessun sintomo.

Dopo circa quattro mesi di azienda riaperta, non deve essere stato facile doverla richiudere.

Inizialmente non ho valutato l’azienda da richiudere, perché in questi casi prevale la paura di aver causato del male a qualcuno, alla fine la parte economica non sono altro che numeri che prima o poi dovranno tornare, ma la parte umana non la puoi gestire se non con la speranza.

Come hai fatto a stare in totale solitudine come prevede il protocollo sanitario?

Dentro al mio negozio ci vivo circa dieci ore al giorno, anche in condizioni normali, per cui per me è casa. All’interno del salone ho il televisore, il frigorifero che serve d’estate per le persone che gradiscono un bicchiere d’acqua fresca quando arrivano accaldate, ho il mio angolo dei bottoni, con tutta quanta la mia tecnologia per continuare a stare nel mondo. E’ bastato aggiungere un fornello da campeggio che avevo perché sono un camperista, delle stoviglie, qualche pacco di pasta, e il materasso gonfiabile. In più, la porta di negozio è di vetro, per cui potevo vedere per più volte al giorno mia moglie e mia figlia, che non è poco.

Il pensiero più ricorrente quale è stato?

Sinceramente non c’è stato un pensiero più ricorrente. Forse mi assillava il fatto che pochi giorni prima avevo imboccato con la mia forchetta mia figlia Claudia, così, per farle assaggiare una cosa, come può capitare in famiglia, e allora pensavo che un gesto d’amore poteva trasformarsi in un incubo. E’ vero che Claudia ha sedici anni ed è fortunatamente sana, ma non si sa mai, ancora non abbiamo tanta conoscenza di questo dannato Covid 19.

Quando la sera l’altra parte della casa si spengeva, come facevi i conti da solo con te stesso?

Mi capitava di ascoltare il mio respiro e il pensiero andava alle persone intubate, e allora mi sentivo fortunato, però non potevo abbracciare che me stesso.

Avrai qualche appunto da fare al sistema, ma immagino anche qualche ringraziamento?

Il sistema di informazione è indubbiamente in crisi, la USL purtroppo non riesce a starti vicino, nessuno è preparato a questo assurdo disagio, perché è stato tutto improvviso, travolgente, difficile, perciò da una parte avverto rammarico, dall’altra comprensione. Purtroppo ciò che è successo a livello globale è qualcosa di assolutamente enorme e pauroso. Spero vivamente che il “ritardo” delle competenze, si avvicini nel prossimo futuro, spero altresì che le istituzioni vadano incontro alla gente che ha bisogno di capire e di essere curata e che la gente vada incontro alle istituzioni, rendendosi conto che quello che gli compete è qualcosa di immenso.

Parlare con Claudio attraverso un vetro mi è sembrato strano, ma in un certo qual modo mi ha fatto anche sorridere. Il vetro comunque, non mi ha impedito di leggere fra le rughe, tutta la sua preoccupazione.

Grazie Claudio

 

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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