Voci dal Casentino: Agnese Vannini e il suo progetto “Le belle forme”

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Da sx: Sefora Giovannetti, Andrea Sereni e Agnese Vannini

Un qualcosa da scoprire e conoscere, qualcosa di nuovo raccontato da una giovanissima ragazza casentinese.

Ero molto curiosa di sapere di cosa si trattasse, e ogni volta che incontravo le immagini che “le belle forme” postava su facebook, me lo chiedevo in continuazione. Poi, a un certo punto ho voluto saperne di più, ed eccomi qui, con le risposte di Agnese.

Agnese Vannini è una giovane ragazza che abita ad Avena nel comune di Poppi, frequenta la prima classe del liceo delle scienze umane, e fino a qui rappresenta più o meno un Cliché di adolescente, come dire, abbastanza normale. Invece secondo il mio pensiero questa ragazza per avere soltanto quindici anni, va oltre. Ascoltate la sua storia, il suo intento, la sua idea, ma soprattutto la sua determinazione.

“Le belle forme”, oltre ad essere un nome interessante, racchiude un vero e proprio progetto. Raccontaci di cosa si tratta.

-Mi sembrava giusto in un periodo come questo regalare alle persone immagini e pensieri che potessero infondere pace o emozionare positivamente, per staccare, anche solo per un attimo, dalle preoccupazioni. Questo è un progetto che parla di oggetti, ma non soltanto, questo progetto parla di arredo, accompagnato a componimenti scritti. In sostanza, si tratta di un mix che permette di passare dalle foto alle parole, con una certa sinergia, che ci permette di riscoprire in ogni luogo, un angolo a noi caro, un luogo che magari definiamo bello e particolare, un ambiente che vogliamo legare a riflessioni, e perché no, anche a ricordi. –

La tua idea e la tua determinazione, visto che hai soltanto quindici anni, sono strabilianti. Come nasce il tutto?

-Sin da bambina, i mei nonni che gestivano un negozio di antiquariato proprio a Poppi, negozio che si chiamava: “La spinetta”, condividevano volentieri con me l’amore per l’arredamento e l’antiquariato. Mi hanno sempre mostrato i loro bei mobili trasmettendomi tanta passione, il loro amore, appunto. Ora, a quindici anni, rivedendo quegli oggetti, ho pensato di dar loro una nuova vita togliendo quella patina di polvere che li ricopre. Ho deciso quindi, di abbinare l’antiquariato a qualcosa di più moderno e vicino a me, cioè i social. Ecco perché abbiamo creato una pagina facebook dove inseriamo le immagini abbinate ai pensieri. –

So che sei appoggiata da tua madre Sefora, ma ci sono anche altre persone dietro questo progetto?

-Sì, mia madre è l’autrice della maggior parte dei testi che accompagnano le immagini. A volte le chiedo di scrivere specificatamente per un oggetto o un arredo, altre volte ho “rubato” qualche suo scritto che mi faceva comodo per esprimere alcune suggestioni, e così via. Invece le foto appartengono ad un mio amico, Andrea Sereni che è un fotoamatore, che, pur non essendo la fotografia la sua passione principale, mi ha saputa sostenere e stimolare con le sue idee artistiche e la sua spiccata sensibilità. –

“Le belle forme” ha una sede, un laboratorio?

-“Le belle forme” non ha una propria sede, diciamo che spesso usiamo le sale arredate che si trovano nel borgo di Poppi. Ma l’intenzione non è quella di stanziarci lì, “le belle forme” non dovrebbero avere limiti, o essere collocate in un luogo rispetto ad un altro, ma possono essere trasportate in ogni luogo e anche nelle parole che abbiamo scritto. L’idea è proprio quella di incitare le persone a pensare che nella loro casa, vi siano forme belle, begli angoli di conforto sia per la psiche che per il corpo. A volte non ci pensiamo perché magari stiamo più attenti alla cannella che sgocciola in cucina, rispetto che a essere consapevoli di come certi ambienti siano il frutto di noi stessi e di come siamo piacevolmente legati ad essi. E’ proprio per questo motivo che vogliamo lanciare una proposta a tutti quelli che ci leggono, e quindi, non solo di inviarci delle foto con i loro luoghi o ambienti, ma di chiamarci, di invitarci a fotografarli per poi pubblicarli nella nostra pagina. Potrebbe essere un’operazione di condivisione collettiva davvero interessante. In questi giorni di restrizione ho sentito tanto parlare di case proprie intese come gabbie, e questo mi ha fatto male, perché la casa ci rappresenta, la nostra casa altro non è che noi stessi, è la nostra espressione, la nostra sensibilità, la nostra vita. Come si fa a stare male dentro quel qualcosa che ospita il nostro essere e che è esattamente come noi lo abbiamo assemblato? Questo è il vero senso di “Le belle forme”, noi possiamo, attraverso le foto che tu, ad esempio ci invii, o che noi veniamo a fare nel tuo ambiente, per poi farci sopra il nostro pensiero, la descrizione di ciò che vediamo, di ciò che respiriamo, di chi tu sei, conoscendoti proprio attraverso quel luogo che ti appartiene, perché la tua, la nostra casa non è una prigione, ma siamo noi. –

Il tuo ruolo qual’ è o quale sarà?

-All’interno del progetto ritengo di avere un ruolo di coordinatore logistico, nel senso che: io individuo un oggetto, oppure parlo con Andrea di un’immagine che vorrei realizzare, e con lui inizio a spostare i mobili, i quadri, e quant’altro, quando poi abbiamo raggiunto la giusta collocazione di ogni minimo dettaglio, passiamo alla foto. Nella fase della foto però, non posso materialmente supportare Andrea, ma le commentiamo insieme. Tra l’altro lui me ne offre sempre una discreta quantità dentro la quale poter spaziare e scegliere, oltretutto è molto meticoloso, e mi propone diverse varianti di una rappresentazione. Dopo aver terminato la parte visiva, parlo con mia madre e grazie al nostro dialogo, buttiamo giù quello che intendiamo esprimere, lei poi si occupa di rivedere lo scritto e metterlo per l’appunto in bella forma. –

A noi adulti metti tanta speranza Agnese, ne sei consapevole?

-Grazie, ma penso che tutti diamo speranza a tutti. Io faccio del mio meglio, ma ritengo di riuscire a farlo perché ho trovato adulti che mi hanno ascoltato e dato una mano, anche in questo senso. –

Raccontati a ruota libera.

-Descrivermi è molto difficile perché non amo parlare di me, preferisco far parlare le cose che faccio. Posso dire semplicemente che frequento il liceo delle scienze umane a Poppi, che abito in campagna, che ho una gemella di nome Agata e che la mia migliore amica si chiama Annalisa. Poche cose e molto comuni, però vi ringrazio per l’attenzione e lo spazio che mi state dando anche se spero fermamente che più che a me, si dia spazio al mio progetto, e cioè scoprire e scrivere il bello delle, e nelle piccole cose di tutti i giorni. –

Agnese mi ha un tantino destabilizzata, perché va dritta verso lo scopo come avesse cinquant’anni. Ha le idee chiare e poco tempo da perdere in chiacchiere. Io invece che sono una “chiacchierona”, con Agnese sono rimasta a corto di parole, perché sinceramente ho incontrato un’indipendenza davvero poco nota, alla sua età. Complimenti ragazza, e in bocca al lupo per il tuo progetto, e che “Le belle forme” diventi un qualcosa di indispensabile per tanti.

Grazie…

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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