Un viaggio dentro l’Arno. Un percorso a ritroso nel tempo, lungo le sponde di uno dei più grandi fiumi della Toscana. Alla ricerca delle civiltà, delle culture e dei paesaggi che intorno ad esso sono nate, cresciute e si sono evolute fino a dimenticarlo. Con un’analisi approfondita e con un pizzico di amarezza, Saida Grifoni, nata ad Arezzo e docente MIUR a tempo indeterminato dal 2000, nonché dottoressa di ricerca presso l’Università di Siena, consegna alla storiografia locale il volume Lungo l’Arno. Paesaggi, storia, culture. Dal Falterona fin là dove il tosco fiume ha foce di 448 pagine corredate da 340 foto ed edito a Firenze da Aska edizioni (2016). Sarà presentato dalla stessa autrice giovedì 18 agosto, ore 21, presso il Palagio Fiorentino del Comune di Pratovecchio-Stia. Durante l’incontro interverranno il sindaco del comune che ospita l’evento, Nicolò Caleri, l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli e, per la casa editrice Aska Edizioni, Aldo Ferrucci.
La dottoressa Grifoni, che si forma inizialmente come etruscologa e poi approdata alla geografia storica, ci spiega come i fiumi hanno sempre rappresentato storicamente la culla delle civiltà. Attorno alle loro sponde sono fiorite culture millenarie e grazie ai percorsi fluviali sono nati commerci e incontri tra popolazioni. Quei tragitti hanno permesso non solo lo scambio di merci, monete, armi e uomini, ma anche la diffusione delle idee. E così, accanto ai capitoli che affrontano la nascita della millenaria civiltà arnina, troviamo sia un elenco dettagliato delle risorse materiali motivo di traffici economici, sia l’aspetto più intimo e personale di una civiltà. Le sue feste, le celebrazioni che la contraddistinguevano, le rappresentazioni sacre, ma anche lo sport e il tempo libero. Geograficamente rivisita il lungo percorso che porta l’Arno dal Monte Falterona, dove prende vita, fino alla foce a Marina di Pisa, che gli permette di raggiungere il Mar Ligure. In un viaggio di ben 241 chilometri, tra le province di Arezzo, Firenze e Pisa e lungo le splendide vallate toscane. Un riferimento particolare al paragrafo sul Casentino, dove il corso d’acqua nasce e acquista il carattere di vero e proprio fiume ad un’altitudine di 440 m, nell’attuale Comune di Pratovecchio-Stia. Dal passato ai tempi moderni, l’autrice ripercorre dunque l’evoluzione di un mondo che oggi sembra non ricordare la sua storia. Fino ad arrivare alla triste condizione attuale del fiume, inquinato e abbandonato al suo destino.
All’autrice del testo, che ha affrontato molteplici studi sull’Arno, con numerosi articoli e saggi pubblicati nel corso dei suoi anni di studio, abbiamo rivolto alcune domande:
Gentile Dottoressa Grifoni, viste le sue considerevoli pubblicazioni intorno al fiume Arno, che sono comparse anche a seguito di convegni internazionali e alla luce del primo volume Adottare l’Arno e i suoi paesaggi del 2003 da lei curato insieme al Prof. Leonardo Rombai, possiamo affermare che Lungo l’Arno. Paesaggi, storia, culture. Dal Falterona fin là dove il tosco fiume ha foce è il coronamento di un fiorente periodo di studi che in esso si concentrano?
Più che un coronamento, lo definirei il rilancio di un percorso di studi intorno al fiume Arno, che raccoglie sicuramente tutti gli anni che ho dedicato alla ricerca su questo tema, ma che vuole essere anche il punto di partenza per sollecitare nuovi spunti di riflessione. Gli aspetti trattati sono molti e tutti possono, e devono, essere approfonditi. A livello professionale è stato un traguardo molto importante, avviatosi a Firenze grazie al progetto ministeriale I.N.F.E.A., finalizzato a diffondere sul territorio strutture di informazione, formazione ed educazione ambientale e continuato con la pubblicazione di vari articoli. Ma, personalmente, non posso ritenerlo un percorso concluso. I molteplici argomenti che vi ruotano attorno e la passione che mi unisce a questo fiume, mi spongono a continuare a studiarlo. A partire dall’idea di realizzare una mostra che avrà luogo molto probabilmente a Firenze, da attuare con l’Archivio di Stato fiorentino e interamente dedicata all’Arno, alla sua storia e alle tradizioni che vi ruotano intorno.
Cosa l’ha portata ad appassionarsi tanto a questo fiume e come vorrebbe sensibilizzare i suoi (e i nostri) lettori sulle problematiche che lo affliggono?
Questo fiume è parte di me, della mia vita, di tutto quello che fa crescere e innamorare una ragazzina sin dalla più tenera età. Da quando sono nata e cresciuta nella zona dell’Arno aretino sentii subito questo legame, quasi familiare, che mi congiunse ad esso da quando avevo tre anni. Passavo le mie estati al fiume, a fare il bagno e a passeggiare lungo le sue sponde. Così come gli inverni, con il freddo e le piene dopo gli acquazzoni. Era il mio vicino di casa, sempre presente nei miei giochi. Sempre con me.
Vorrei per questo che, il valore intimo che nasce da questi legami, venisse difeso. Vorrei che tutti coloro che hanno una storia da raccontare sull’Arno possano condividerla. Per tenere viva la memoria e la cultura del nostro territorio. È importante che residenti e turisti riprendano a conoscerlo. Ripercorrano le stradine antiche che lo costeggiano e lo valorizzino insieme alle amministrazioni locali.
Da non molto, la regione Toscana (nella figura dell’assessore Vincenzo Ceccarelli) si è mossa per creare intorno all’Arno una ciclopista. Un’idea interessante che potrebbe spronare sempre più persone aa avvicinarsi a questa realtà e potrebbe agire da volàno per l’economia.
Per i visitatori della nostra rivista online, le chiedo: quale intimo legame esiste tra l’Arno e il territorio casentinese?
L’Arno prende vita in Casentino. Da centinaia di anni, per questa zona particolare di Arezzo (come del resto per tutte le aree del suo tragitto), è stato un elemento di vita quotidiana, una risorsa. Era il luogo dove la gente si incontrava nei momenti di svago, nelle feste e nelle ricorrenze religiose. Sapeva creare un clima di socialità e allegria, ma sapeva anche intimorire sotto il pericolo di un’inondazione. Tutti tratti peculiari che creano un legame stretto tra il territorio e chi vi abita. Oggi però, questo contatto si sta perdendo. Ed è necessario riappropriarsene al più presto. Presentare questo lavoro in Casentino e, in particolare a Stia, dove sgorga, vuole metaforicamente rappresentare il tentativo di farlo rinascere.