Casentino da scoprire: Calleta (with english version)

0
1201

Percorrendo la strada che da Arezzo porta a Rassina, e svoltando sulla sinistra si inizia a salire verso il Pratomagno, trovando, poco dopo Carda, il piccolo borgo di Calleta. Si tratta di una piccola enclave incastonata nei boschi, dove, oramai, non vive che una manciata di anziani abitanti: pressappoco una decina. Eppure, agli inizi del ‘900, Calleta era un vivace villaggio, che contava, addirittura, più di cento anime, come rammentano ancora gli anziani del luogo.

La posizione protetta del borgo e l’impenetrabilità dei boschi circostanti, consentivano, a coloro che volevano per qualche ragione nascondersi, di farlo con facilità. È probabilmente per questo che diversi partigiani, durante la seconda guerra mondiale, scelsero tale luogo, per sfuggire e combattere i nazifascisti. A testimonianza di ciò resta una piccola targa posta sul muro di un edificio al centro del borgo; collocata durante gli anni ’90, la stele rammenta che a Calleta trovò ospitalità Licio Nencetti, comandante della brigata partigiana “La Teppa”, attiva nella zona del Casentino, fucilato a Talla, sempre in Casentino, il 26 maggio 1944 nella piazza davanti alla chiesa.

La posizione geografica di Calleta, con i suoi lussureggianti boschi e con i soleggiati poggi, agevolava anche il transito dei pastori che, per dirla con le parole del sommo poeta D’Annunzio, “dopo aver bevuto profondamente ai fonti alpestri”, con l’avvicinarsi delle stagioni più fredde, portavano le greggi verso località con climi più temperati, in particolare verso la Maremma toscana. L’inizio della transumanza di bestiame verso la maremma, si perde nella notte dei tempi. La rete viaria per la transumanza all’interno della Toscana, rete delle strade dogane, venne utilizzata infatti dal Medioevo sino a quando i pascoli pubblici sono stati convertiti in pascoli privati: le dogane erano, infatti, la parte terminale di quei percorsi che nei secoli videro arrivare in Maremma le greggi dal Casentino.

È forse probabile che in questa catabasi verso il mare, i pastori si fermassero in una delle 4 chiese del luogo, di cui, purtroppo, ne sono restate solamente tre: San Bartolomeo, S. Martino, la Chiesa della Compagnia dell’Immacolata Concezione ed il Santuario della Madonna delle Grazie detto appunto “Santuario della Transumanza”. Si tratta di una piccola chiesa ubicata sopra ad un poggio, che pare sia stata costruita verso il 1413, quale omaggio dei Calletani per un miracolo del quale raccontavano ci fosse traccia   in una pietra contenuta all’interno della chiesa. La Chiesa è stata restaurata alla fine della seconda guerra mondiale, quando il cappuccino Meucci da Calleta, riuscì a convincere i calletani a finanziare il restauro del santuario. Recentemente, nel 2010, i calletani hanno nuovamente contribuito al restauro della chiesa, anche se non è stato possibile procedere al restauro del loggiato esterno.

All’interno della Chiesa vi è una piccola statua di una Madonna con bambino protagonista di una antica leggenda. Si narra, infatti, che molti secoli fa la statua venne trafugata dalla chiesa e portata nel paese vicino di Badia Tega; tuttavia la Madonna, non trovandosi bene là, decise di ritornare al santuario. Per evitare di essere recuperata dai trafugatori, la Madonna decise di camminare all’indietro sulle proprie orme, così da sviare gli inseguitori. Essendo pieno inverno, la statua decise di ripararsi presso un sasso lungo il cammino ed il sasso, miracolosamente, cambiò forma per dare asilo alla statua. Gli abitanti, allora, resero omaggio al fatto prodigioso costruendo in quel punto, la Croce Nera, una croce di legno che ancora indica ai viandanti il luogo del miracolo. Secondo un’altra leggenda, la statua non si arrestò lungo il tragitto ma proprio in prossimità della chiesa, ove ancor‘oggi si trova un altro sasso a forma di nicchia, anch’esso oggetto di devozione. In occasione delle festività Mariane del 15 agosto e dell’8 settembre, si svolge, presso il Santuario, una festa, con tanto di processione, che richiama, oltre ai turisti, tutti i calletani, vicini e lontani, che si sentono impegnati a parteciparvi, facendo così rivivere l’antico borgo.

Indicazioni per raggiungere Calleta, provenendo da Arezzo: giunti a Rassina, al primo incrocio girate a sinistra ed alla fine della strada a destra; proseguite seguendo le indicazioni per Castel Focognano e, lì giunti, proseguite verso Carda e giunti al bivio, proseguite salendo verso Calleta: sono pochi chilometri di strada a curve.

Letture consigliate: I racconti del Torrente – Ed. Il mio libro, 2015, pp. 378 di Terenzio Biondi

English summary version (by Lenny Graziani)

CALLETA: THE BEAUTY OF TRANQUILLITY

Located in the woods near Castel Focognano, Calleta is a very small village, with about ten inhabitants. Due to the surrounding forest, Calleta used to be a perfect hiding place for partisans during the Second World War. In fact, there is a stone plate, in the middle of the village, witnessing the presence of young Licio Nencetti, leader of the partisan brigade La Teppa.

Being close to the drovers’ roads, in the past Calleta gave hospitality to farmers and their livestock during the transhumance. Probably, in those occasions, the shepherds visited one of the four old churches of the village: Saint Bernard’s, Saint Martin’s, the Church of the Company of Immaculate Conception and the Sanctuary of Madonna delle Grazie, also known as Transhumance Sanctuary.

Built in 1413 and renovated several times, the Sanctuary lies on the top of a hill. Its importance is related to an ancient legend: it is said that centuries ago the statue of the Holy Mary was stolen and taken away from the Sanctuary, probably in the nearby Badia Tega. The statue, disapproving the change, came to life and went back to Calleta, walking backwards to confuse any pursuers.

Recommended to: travelers with a taste for unconventional tourist destinations.

 

Previous articleBibbiena, rinnovata la convenzione con il CPIA
Next articleUn nuovo centro vaccinale in Casentino attivo dalla prossima settimana
Marco Geremia
Marco Geremia è iscritto all'Ordine degli Avvocati di Perugia. Collabora con Casentino Più Magazine dall'estate 2015 curando la rubrica "L'avvocato risponde". Da professionista, dopo essersi occupato di contrattualistica, anche internazionale, e di recupero crediti per grandi istituti bancari, ha deciso di occuparsi dei diritti delle persone. Oggi offre tutela ai minori - come curatore speciale e difensore dei minori nei procedimenti penali - alle persone immigrate, ai richiedenti asilo, alle persone lesbiche, gay, transessuali e transgender. E' socio di diverse associazioni che tutelano i deboli - da quelle che salvaguardano le persone senza fissa dimora a quelle che proteggono i profughi - perché "molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l'avvocato no. L'avvocato non può essere un puro logico, né un ironico scettico, l'avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce" (P. Calamandrei).

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here