Voci dal Casentino: “La voce di Giuliano Cipriani” detto Il Talenti

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Voglia di dire grazie, anzi di gridarlo…

“La voce di Giuliano Cipriani” detto Il Talenti

Quando mi ha telefonato Giuliano, era voglioso e pronto a dire grazie a coloro che si sono presi cura di lui in un momento, a dir poco crudele della sua vita. Conosco quest’uomo da sempre, perché è stato grande amico di mio padre e successivamente di mio fratello. Insieme hanno fatto grandi “scorribande” nei boschi locali, in quanto cacciatori e amanti dell’aria aperta. Quei boschi li hanno visti arrivare ad ore ancora scure e fredde al mattino, lì hanno guardati fare colazioni a base di “rocchi” e buon vino, ma soprattutto sono stati testimoni di risate e pacche sulle spalle, scaturite da pura amicizia. Devo dire che quando me lo sono trovato davanti, naturalmente con tutti i crismi per la sicurezza anti Covid, l’ho trovato veramente cambiato nella fisionomia e nel fisico. Purtroppo, il male che lo ha colto, lo ha scavato davvero nel profondo, lo ha scavato così tanto, che tutti, ed in primis lui, credevamo che non ce l’avrebbe fatta, non questa volta. -Il mio calvario – – racconta Giuliano – – è cominciato quando ho fatto il vaccino AstraZeneca, che molto probabilmente, non era il vaccino adatto a tutte le problematiche di cui già soffrivo, fatto sta che presi a gonfiare in una maniera sconcertante, fino a diventare centocinque chili di puro gonfiore. Non avevo mai visto in nessun’altra persona una cosa così, ed ero, insieme alla mia famiglia, seriamente preoccupato. Quando arrivò il tempo di fare il richiamo, non stavo per niente bene, e fu proprio in quella circostanza che mi recai al pronto soccorso di Bibbiena, dove si resero conto che ero positivo al Covid 19, e decisero quindi di ricoverarmi al San Donato di Arezzo, dove venni accolto nel settore maschile. Rimasi in quel reparto per tantissimi giorni e devo dire, che se anche sono stati giorni allucinanti, in cui veramente credevo di non farcela, è stato proprio lì che ho potuto incontrare e conoscere persone meravigliose. Quel periodo lo ricordo con angoscia perché tenere il casco per poter respirare è una cosa davvero terrificante, ma i medici e gli infermieri che, con una pazienza indicibile, mi hanno fatto comprendere l’importanza di mantenere la calma, ma soprattutto di quanto fosse fondamentale far pace con quel casco ai fini della sopravvivenza, non li scorderò mai, perché proprio con la loro pazienza e determinazione, mi hanno salvato la vita. Quei giorni resteranno indelebili nella mia mente, perché credevo di aver provato quasi tutto nel mondo, invece ero lontano anni luce dal pensiero di quel qualcosa di così allucinante che ho dovuto provare. Successivamente mi hanno ricoverato all’ospedale di Bibbiena perché il gonfiore alle gambe era assolutamente eccessivo, a dire la verità in una gamba mi venne anche una “trombosi”, per cui era piena di piaghe, ed anche in quell’occasione, potei rendermi conto di quanto il reparto di medicina 2 del nostro ospedale casentinese, funzionasse bene, di quanto l’umanità prevalga e di quanto ognuno faccia bene la sua parte, sotto la stretta sorveglianza del primario, il dottor Corradi, che ha portato in quel reparto una disciplina e cortesia che oggi fanno la differenza. È stato lo stesso Corradi che dopo una ventina di giorni ritenne opportuno rimandarmi al San Donato, nel reparto di gastroenterologia questa volta, dove riuscii a perdere ben trentotto chili di liquidi. Purtroppo io non sono più provvisto di milza e tempo addietro mi furono trovati dei noduli al fegato, per cui la sua funzionalità risulta ormai al quanto compromessa, in più penso, magari del tutto ignorantemente, che il vaccino AstraZeneca abbia contribuito a risvegliare vecchie e nuove patologie. Nel reparto di gastroenterologia del San Donato, mi sono trovato bene, mi sono sentito curato al meglio e infinitamente protetto, per questo devo dire grazie al dottor Rossi in primis, al dottor Giarchi e alla dottoressa Morelli, che in un fantastico gioco di squadra, mi hanno rimesso al mondo. Devo aggiungere che anche tutto il personale infermieristico che lavora in quel reparto, è davvero ben formato e in gamba. Non scorderò mai un aneddoto a cui mi trovai ad assistere in quei giorni. Ricordo che arrivò un uomo che stava malissimo, e non dimenticherò tanto facilmente di come un’infermiera di turno in quel frangente, si adoperò per salvargli la vita. Rimasi scosso dalle manovre che questa giovane donna eseguì su di lui, ne rimasi così tanto colpito che sento il bisogno di farne anche il nome, e proprio perché del male parliamo troppo spesso, voglio parlare anche del bene. L’infermiera in questione era Denise Bigiarini, tra l’altro una ragazza casentinese, un vero e proprio angelo. Tra poco dovrò rifare una TAC di controllo – – continua Giuliano – – una TAC al fegato per vedere come sono messi i miei noduli e ciò mi mette non poco pensiero perché questo periodo trascorso con tanto male addosso mi ha oltremodo disorientato e la stanchezza che ancora provo, è spessa come una vecchia coperta impolverata, ma farò questo mio esame, con la speranza che tutto vada per il meglio, perché del male credetemi sono davvero saturo, anche se devo dire che tutto quello che ho patito, mi ha fatto incontrare gente davvero umana e competente. – Oggi Giuliano sta cercando di “ritirare il fiato”, ammortizzando tutte le sue vicissitudini legate al Covid 19 e non solo, ma dentro di lui sono chiari i volti delle belle persone che ha trovato in questo suo ingorgo di vita vissuta negli ospedali, dove però a suo dire, si è trovato bene, nonostante tutto. Anche la signora Lidia, sua moglie, che durante l’intervista si è asciugata gli occhi più volte e che è intervenuta ricordando tassativamente le date che Giuliano ha un pochino riposto nei meandri di quel tempo a dir poco doloroso, mi racconta che tutti i giorni alle quindici dal San Donato si mettevano in comunicazione con lei per darle informazioni sulle condizioni del marito, e anche per questo si sente di fare un plauso a tutto il sistema. Che dire: Giuliano quando mi ha chiamato era agitato, voglioso di raccontare la sua storia ma soprattutto di gridare i suoi grazie, quando poi invece ci siamo incontrati la sua voglia di gridare si è tramutata in tranquillità e devozione, quella che gli usciva soprattutto dagli occhi lucidi e grati. E anche io sono grata a Giuliano e a sua moglie, perché mi hanno rammentato che oggi si è speciali anche a dire un semplice grazie

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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