Voci dal Casentino:  “Bullismo”, un fenomeno in grande espansione

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“Bullismo”, un fenomeno in grande espansione

Linda Fratini e Spiderboy, il cortometraggio che ce la racconta lunga su questo triste argomento.

Da un po’ di tempo sto valutando quanto il fenomeno del bullismo sia in espansione, a dire la verità qualche anno addietro scrissi una breve storia su questa realtà a dir poco infelice e allarmante. Ricordo che andai a farne lettura presso le scuole medie di Poppi, e che fu veramente costruttivo; potevo leggerlo dai volti dei ragazzi. Oggi però in alcuni di loro scorgo ancora più rabbia, ancora più la voglia di farla pagare a qualcuno, come una repressione che deve sfociare in qualche modo. Ed è a questo proposito che sono andata a scartabellare alla ricerca di quel qualcosa che avrebbe potuto darmi una mano a capire. E l’ho trovato… Linda Fratini regista Rassinese e donna dalla sensibilità spiccata, qualche tempo fa ha realizzato un cortometraggio proprio su questo argomento e devo dire che aveva guardato davvero lontano, perché oggi, dopo appena pochi anni, il fenomeno del bullismo si è ulteriormente “gonfiato”, e gli episodi raccontati dai TG sono di una violenza paurosa. – Col mio cortometraggio – racconta Linda  – ho voluto trasmettere il triste tema del bullismo e parallelamente a questo, i primi sentimenti di amicizia e di amore, di delusione e di sconfitta vissuti da due bambini di nove anni, che in condizioni di assoluto disagio, hanno dovuto lottare per “integrarsi”. Fortunatamente ognuno dei due si poteva abbeverare della forza dell’altro, sorreggendosi così a vicenda. Credo peraltro che queste tematiche siano senza tempo, purtroppo. I miei piccoli protagonisti sono: Mattia, che ha sul volto una grossa macchia di angioma rossastro e Amira che è una bambina di origine eritrea, rimasta orfana dopo la strage dei migranti avvenuta nel canale di Sicilia. Tutti e due per cause diverse ma entrambe gravi, si trovano a dover affrontare “l’ingresso in società” e a doversi confrontare con i compagni di scuola. Un compito molto difficile, soprattutto se si ha a che fare con bambini a dir poco fastidiosi e provocatori come il trio: Diego, Valerio e Alessio. Mattia e Amira riescono però a superare le varie difficoltà, perché si comprendono profondamente e insieme riescono appunto a formare un’alleanza solida e combattiva. A suo tempo feci diverse interviste ad alcuni bambini di nove anni, per capire meglio il loro pensiero. Erano domande relative alla tematica di cui tratta il cortometraggio e ammetto che sono stati una grande fonte d’ispirazione e io volevo assolutamente tenere conto del (LORO) punto di vista. la storia è nata così, con nulla di assolutamente forzato ma bensì, nella maniera più naturale possibile. Ho però raccontato in maniera molto studiata e intensa i profili caratteriali dei personaggi, che insieme interagiscono là dove la storia si sviluppa. Devo dire che c’era una grande componente di ascolto in tutto ciò, perché credo che prima di saper scrivere sia necessario saper ascoltare. L’ascolto e l’osservazione, il saper cogliere i grandi stimoli dettati dai personaggi in questione, che ad un certo punto sono loro che mi parlano e si delineano dentro la storia stessa, così come lo hanno fatto Mattia ed Amira. La compagnia teatrale NATA, che tra le altre cose organizza corsi di teatro anche per bambini, mi è stata di grande supporto e mi ha aiutato a scegliere i protagonisti. Ricordo che un giorno sono andata ad un incontro dove ho trovato uno dei miei protagonisti, un bambino che ho subito visto nel ruolo di Mattia, e lì ho trovato anche uno dei miei bulli che seguiva un corso con la Nata appunto, mentre gli altri li ho “scovati” facendo dei provini. Tutto ciò non è stato difficile anzi, direi quasi divertente, il difficile era lavorare sul fatto che tutti fossero presenti nel solito momento, perché i bambini oggi fanno mille attività e metterli insieme, è stata davvero cosa ardua, senza considerare che essendo minorenni, anche i genitori dovevano essere coinvolti, per cui diventava tutto davvero complicato. E pure farli socializzare non è stato semplice perché fra loro non si conoscevano, poi successivamente la lettura del copione, e quindi le prove… Ammetto che le complicazioni non sono mancate e neanche le difficoltà, soprattutto per loro, ma ce l’abbiamo fatta e il cortometraggio su queste attuali tematiche, è venuto alla luce. Spiderboy è stato completamente prodotto dalla cooperativa sociale “L’albero e la Rua”, che è molto presente sul territorio aretino e non solo, questa cooperativa si lascia conoscere con progetti sociali di varia natura e bellezza come appunto l’integrazione e l’inclusione, la diversità, l’educazione e la formazione. Con Spiderboy il nostro rapporto che aveva avuto altri precedenti, si è consolidato per continuare anche dopo. La presidente Maria Laura Giannelli, ma anche tutti i componenti della cooperativa avevano bene in mente l’importanza dell’argomento da trattare, ossia l’inclusione, l’integrazione e la diversità, per cui ci siamo fusi in queste tematiche precise cogliendo l’importanza del fatto che queste dovevano essere state trattate dal punto di vista dei bambini. Così è nato Spiderboy! La fotografia del film è stata creata da Mark Melville, un grande direttore della fotografia cinematografica che si è sempre diviso tra cinema indipendente e grandi produzioni, e io mi sento previlegiata per aver potuto lavorare insieme a lui. Sinceramente quando l’ho contattato mi aspettavo un bel no dichiarato a scandite lettere, invece quel no non c’è mai stato e così abbiamo potuto sposare insieme quel progetto a cui tenevo tanto. Mark lo lesse, gli piacque e quindi ci incontrammo per i sopralluoghi. Ammetto che amo molto lo stile della sua fotografia e mi trovo molto in sintonia con lui professionalmente, tanto è vero che abbiamo lavorato ad altri progetti dopo questo mio corto. Il messaggio era chiaro; i miei protagonisti non erano accettati per quelle solite “differenze” che talvolta sono dettate dalla diversità fisica o di provenienza, o anche solo dal colore della pelle, e quando a sottolineare queste differenze sono bambini di solo nove anni, tutto diventa più crudele, più doloroso. Spiderboy è stato selezionato in oltre novanta festival internazionali in tutto il mondo, è stato tradotto in nove lingue e si è aggiudicato trenta premi, ma il premio più grande è arrivato poche settimane fa, quando ho ricevuto la notizia che il corto è stato scelto per un progetto di utilità sociale; “Medicinema”, un esperimento realizzato in collaborazione con il Policlinico Gemelli di Roma e Gemelli Art che usa il cinema come terapia. Il cinema come medicina complementare nel supporto al paziente attraverso l’arte e la settima arte che è il cinema appunto, e quindi alle emozioni positive che può portare al paziente in un percorso di terapia oncologica migliorando il suo stato. – Credo che Linda Fratini abbia realizzato una grande cosa col suo Spiderboy, riuscendo a sottolineare quanto il bullismo sia facilmente provocato e altrettanto subito anche in età fanciullesca, e questo suo corto lo racconta in maniera forte, ma altrettanto forte spicca un senso di amicizia e solidarietà, sentimenti questi, che guai non vi fossero in determinate circostanze. Linda non ama parlare di sé, preferisce di gran lunga che siano i suoi cortometraggi a raccontarci di lei, ama così tanto il suo lavoro che non lo ritiene affatto un lavoro, per lei è una professione a tutto tondo, un qualcosa che le fa da specchio, qualcosa che l’aiuta a considerarsi e a considerare gli altri di più, perché ogni volta che affronta un argomento, vi ci deve infilare dentro con tutte le scarpe. Scrivere e creare è una sorta di missione per lei, deve scoprire un determinato mondo nuovo quando lo incontra, e deve conoscerlo fino in fondo. Per non parlare dei temi che affronta, che in verità sono loro che la cercano, come un qualcosa che le cade addosso facendo sì che certe sfumature della vita diventano come un’ossessione, e lei deve lavorarci ed imprimersele nella pelle e nel cuore. Personalmente penso che chi come me si sia reso conto di quanto il bullismo oggi sia largamente peggiore di ieri, provi a documentarsi, magari anche col cortometraggio di Linda Fratini, ciò che ne raccoglierà sarà verità infinita. Grazie Linda

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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