Rachele Daltri ci racconta del grave sovrappeso di cui soffriva e dei “disturbi del cibo”.
La sofferenza ha tante facce, è fornita da una miriade di tentacoli, e uno di questi tocca anche le problematiche rivolte al cibo. Rachele è una donna non troppo alta e di corporatura piuttosto normale, ha un’età ancora giovane e un bagaglio dolorosissimo riguardo al problema del sovrappeso che nel tempo ha abbruttito la sua vita, sotto tanti aspetti. -Il mio sovrappeso era molto “importante”, tanto che una volta con la mia famiglia avevamo deciso di andare a fare una vacanza e non mi hanno permesso di stare vicino ai miei, proprio per una questione di peso. Ricordo che mi fecero andare in coda all’aereo, senza nemmeno tenere conto del fatto che quel volo era stato prenotato da qualche tempo e i posti ci erano stati assegnati, ovviamente da loro. Capisco che non potevano sapere della mia conformità corporea, ma è altrettanto chiaro che a nessuno fa piacere sentirsi trattare così, perché è in quei momenti che la tua problematica emerge, ed è come se qualcuno si prendesse la libertà di sottolinearla, di metterla ancor più in evidenza. Posso garantire che essere trattati da “diversi” procura un dolore sottile, qualcosa che va oltre e che riesce a scavalcare ogni infratto di dignità. Ormai non riuscivo a fare più nulla e anche legarmi le scarpe era diventato un problema. Purtroppo però il cibo per me rappresentava una sorta di culla nella quale mi sentivo come protetta, salvata da tutte le sofferenze che la vita ci pone. Negli anni ho provato di tutto, ho inserito il fatidico “palloncino gastrico”, e successivamente fatto anche il “bendaggio” allo stomaco, ma tutto ciò mi aveva permesso di perdere solamente pochi chili, perché in realtà il mio problema stava annidato dentro alla mia testa e non riuscivo ad uscirne, nonostante facessi tante sedute psicoanalitiche. Un tantino mi “smossi” quando mia madre, alla fine dei suoi giorni mi chiese specificatamente di dimagrire, allora ricordo che cominciai a contemplare davvero il problema, ma non c’è stato nulla di semplice in tutto ciò, quando poi anche mio marito ha avuto serissimi problemi di salute, tutto il mondo mi è crollato addosso e in quel periodo mangiavo tutto ciò che mi si parava davanti. Ormai ero diventata bulimica, mangiavo fino a scoppiare e poi correvo in bagno e rigettavo il tutto, e come se non bastasse ero diventata “drogata” di estathé, ne bevevo anche ventisei brik al giorno, una cosa da paura. È stato nel 2017 che mi hanno tolto il bendaggio allo stomaco e in quel tempo avevo tutte le patologie delle persone in grave sovrappeso. Il 18 gennaio dell’anno dopo mi hanno fatto la riduzione e andavo avanti a noccioline, unico alimento, se così si può chiamare, che potessi inghiottire. Ricordo che il dolore era un vero e proprio tormento. Mi dicevano che ero anoressica, ma il mio analista smentiva il tutto. Susseguentemente a tutto ciò ho avuto problemi su problemi, dalle lesioni alle ernie intestinali, ma anche una perforazione importante che mi fece finire ancora sotto ai ferri. Oggi sono dimagrita più di cento chili e sono abbastanza fiera di me, penso di essermi fatta un grande regalo e in qualche modo di averlo fatto anche a mia madre che ci teneva tanto. Mi sento a posto nei confronti del cibo e mangio poco ma spesso, a dire la verità mi è uscita un’altra ernia che dovrei operare, ma per ora resta dov’è, e appena sarò pronta psicologicamente porrò rimedio anche a quella. La mia esistenza è stata dura con quel qualcosa che dovrebbe essere naturale, perché la realtà del cibo e del cibarsi dovrebbe avvenire in maniera, come dire “normale”, ma quando diventa un rifugio, di normale non assume più niente. Io ho tre figlie, tre belle ragazze e a loro che hanno dovuto subire un po’ la mia storia, ho sempre raccomandato di tenersi, di stare attente e di non lasciarsi trascinare da quelle che sono correnti negative, invece alle persone obese in generale, voglio dire di non lasciarsi “bullizzare”, di non lasciarsi prendere in giro da in sistema avvizzito come una mela vecchia, ma di reagire. Dico loro di scrollarsi e di non sentirsi sbagliate, di non chiudersi nella bolla del dolore ma anzi, di parlarne e di tirar fuori il malloppo, io l’ho capito troppo tardi, ma anche se tardi, sono fiera di esserci riuscita, perché in fondo non è MAI troppo tardi. Oggi cucino e ho cura del cibo e delle sue quantità, non amo troppo gli specchi e detesto le bilance, ma resto saldamente fiera di me! –Non conoscevo Rachele, ma una mattina, leggendo un suo post, ho avuto l’impulso di contattarla perché sul suo sovrappeso più che dimezzato mi ero posta tanti interrogativi, infatti questo contatto mi ha dato l’opportunità di raccontare una storia che narra di una problematica attuale e dolorosa e molto spesso… trascurata. Grazie Rachele, ci vuole coraggio a raccontare di sé.