Un pensiero ogni tanto: “Una grande tavolata”

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Una grande tavolata

Ho nostalgia delle grandi tavolate, quando i genitori mettevano “le giunte” alle tavole, quando la preparazione dei pasti iniziava almeno una settimana prima del tempo.

Se chiudo gli occhi rammento l’odore delle panine e il profumo dolce dei semi di anice nelle ciambelle, ma ancora di più rivedo tutte le massaie che si adoperavano intorno agli arrosti e ai maccheroni, avvolte nei loro grembiuli bianchi o a fiorellini. Oddio come era bella la Pasqua nelle famiglie, al mattino la colazione con le uova assodate e benedette, un pezzetto di cioccolato nel piatto e una fetta di panina a render tutto più bello, più fragrante, come era allora l’animosità della gente. E poi il nonno che si faceva il segno della croce, con quel suo sguardo pieno di valori sani e ben saldi, rivolto a ciò che contava davvero, e noi tutti che ci apprestavamo ad imitarlo, perché lui era “il saggio”, lui era colui che sapeva di più! Ricordo che arrivavano i parenti da lontano e allora ci stringevamo nei letti pur di stare tutti insieme nella casa patriarcale, dove tutti si “tornava”, e rammento le donne di una volta che tenevano “attivo” il focolare della casa, donne che profumavano di famiglia di tradizione, di madre, e che mai si sono lavate dall’odore del latte. Rammento le tavole dei grandi e dei bambini, e ricordo quando sono passata dall’una all’altra e a come ero fiera e ormai “grande”. Non c’era chissà che cosa, ma c’era tutto, in quelle grandi tavolate si respirava cosa contasse davvero, perché la vita sta annidata proprio nella semplicità, nel poco possesso. Poi abbiamo corso, abbiamo corso un po’ troppo e niente più c’è bastato, ed è un vero peccato perché i forni sentono il bisogno dei ciambelloni impastati con l’uvetta, le tavole ormai non profumano più del bucato bianco e perfetto di nonna, e i cuori di noi tutti sono intrisi di malinconia. E mentre ripenso a nonna Rina, a zia Maria, a zia Augusta, a zia Margherita, a zia Fiorella e a mia madre, avverto il formicolio dell’orgoglio, quello di far parte di queste donne meravigliose e spero di esserne degna.

Buona Pasqua a tutti in particolar modo alla famiglia Cipriani!

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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