Il commento che ci ha inviato Casentino Antifascista a seguito della lettera che Filippo Vagnoli, Sindaco di Bibbiena, ha inviato a Eugenio Giani, Presidente della regione, sulla questione della viabilità in Casentino.
«UN SOGNO DAI TRATTI DISTOPICI
IL SOGNO DI CHI?
Abbiamo letto la lettera del Sindaco di Bibbiena Vagnoli al Presidente della Regione Toscana Giani in cui chiede se esista “ad oggi la volontà o addirittura la progettualità per costruire un collegamento stradale con Firenze, andando a realizzare quel “traforo” sognato e da decenni sperato”. Riteniamo che quella espressa del Sindaco sia una visione pragmatica, certo, del fare e del risolvere (contro la famosa politica dei no) ed anche diffusa, ma appartenga ad una cultura politica vecchia, miope e sia nociva per quella che è (e dovrebbe essere) la reale ricchezza di questo territorio e di questa comunità.
Davvero pensiamo che il problema dello spopolamento di luoghi come il Casentino possa essere risolto con un traforo? Riducendo i minuti che ci separano dalla città, tutti quei ragazzi e quelle ragazze che se ne vanno, per studiare o per lavorare, a Firenze, Roma, Bologna, Milano, Torino o all’estero rimarrebbero in Casentino?
Quante persone conosciamo che si sono spostate dal Casentino per andare a vivere nel Valdarno o nel Mugello, perché più vicine e connesse alla città?
O è, invece, piuttosto un dato di realtà che persiste ancora una politica di accentramento delle risorse nei grandi agglomerati (che ancora mantengono dei minimi servizi essenziali) accompagnata, da un lato, dalla rinnovazione di un immaginario, non più sostenibile, fatto di accessibilità immediata ad ogni bisogno non primario e, dall’altro lato, dalla mera retorica dei luoghi marginali e del ritorno alla campagna, senza alcuna reale comprensione delle rinunce e delle difficoltà, immense, che questo comporta? Anche solo in termini di percezione della solitudine e dell’isolamento.
Un altro dato che ci pare altrettanto incontestabile è che, se non si fanno i conti, per davvero, con questi luoghi marginali che abitiamo e con il modello di sviluppo dominante, si finisce per viverli con insofferenza, con rassegnazione o semplicemente con inerzia, per poi scegliere, infine, il più delle volte, la città, a prescindere dai minuti necessari per raggiungerla.
Non sarebbe invece il caso di investire nei servizi pubblici, negli ospedali, nelle scuole, nei trasporti (bus e treni), nella cultura, nei luoghi di aggregazione, nell’agricoltura biologica e prossimale così che le persone e i giovani possano davvero decidere di rimanere, con piena consapevolezza dei limiti e con la voglia di superarli senza distruggere? Forse che costruire lentamente, con oculatezza e prospettiva di lungo periodo, non aiuta in termini elettorali?
La proposta del traforo è molto legata al futuro che ci immaginiamo per i nostri territori. E la risposta richiederebbe lunghissimi confronti e partecipazione della collettività.
Ce li immaginiamo come una periferia delle grandi città, parte di quel modello di sviluppo i cui limiti sono sotto gli occhi di tutti, o come luoghi alternativi, in cui alle opportunità, certo magari inferiori, possa però accompagnarsi un’autenticità anche delle relazioni, una memoria storica, un diverso equilibrio con l’intero ecosistema?
Quale prospettiva si immagina per l’economia ed anche per il turismo, legati sempre meno alla salvaguardia di una dimensione “provinciale”, nella sua accezione positiva, e sempre più allo sfruttamento alla bisogna, all’accaparramento, all’ingrandimento cementificato senza sosta, in nome della competitività e concorrenza?
Quali rinunce saremmo disposti a sopportare per salvaguardare quel poco che rimane, di vero, realmente funzionale alle nostre esigenze (le relazioni sociali, un’idea di comunità, prodotti agricoli sani e locali, un equilibrio vita-lavoro sostenibile, una vicinanza diffusa alle ricchezze naturali) presente nei nostri luoghi?
Ma, poi, quale sarebbe il riflesso di un traforo sui paesi, sulle persone, sulle attività che vivono la Consuma o i Mandrioli? Senza considerare, del resto, tutti gli ulteriori altissimi costi sociali e ambientali (in termini anche di dissesto idrogeologico e di benessere animale), che un traforo comporterebbe, del tutto ignorati di fronte agli appetiti ed ai ritorni monetari certamente legati ad un’opera di questo tipo.
E’ molto probabile che la boutade del Sindaco di Bibbiena sia solo funzionale alla non distante tornata elettorale e che non abbia reali risvolti, ma è comunque preoccupante e tocca il tema nodale del vivere luoghi marginali come il nostro, all’interno di un sistema economico e sociale capitalistico al collasso, che tenta in tutti i modi possibili di sopravvivere.
Un tema che necessariamente deve dominare il dibattito pubblico.»
Casentino Antifascista
Sullo stesso argomento leggi anche: