Il 26 luglio ricorre la festa liturgica di Sant’Anna e Gioacchino suo sposo.
In passato le ricorrenze di Sant’Anna e Gioacchino cadevano in date separate (26 luglio Sant’Anna e 16 agosto Gioacchino); il nuovo calendario liturgico promulgato da Papa Paolo VI nel 1969 ha stabilito che vengano celebrate insieme il 26 luglio. Nel 1481, Papa Sisto IV introdusse la festa di Sant’Anna nel Breviario Romano, fissando la data della memoria liturgica al 26 luglio, tramandata come giorno della morte; nel 1584 Gregorio XIII inserì la celebrazione liturgica di Sant’Anna nel Messale Romano estendendola a tutta la Chiesa. Dei genitori della Vergine Maria conosciamo i nomi non da fonti storiche sicure, bensì grazie ad uno scritto apocrifo, il Protoevangelo di Giacomo, che anticamente si chiamava Storia della Natività di Maria, per poi arricchirsi nel corso dei secoli fino ad arrivare alla menzione nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. In questi scritti si narra variamente che Anna (il cui nome in ebraico significa grazia, benefica) era sposata con Gioacchino. I due sono ricordati come i genitori di Maria, la figlia nata quando erano già anziani e ormai senza speranza di poter avere la grazia di un figlio. Una gravidanza miracolosa quella di Anna che preannuncia la prodigiosa maternità di Maria Vergine e che proprio per questo, è ricordata come protettrice delle partorienti. Quando viene raffigurata con la Madonna e il Bambino Gesù, sant’Anna viene detta metterza cioè messa a fare la terza per ordine di importanza e santità; nell’episodio della nascita di Maria viene presentata allettata mentre in primo piano le ancelle si occupano del bagnetto della Vergine; insieme all’anziano sposo Gioacchino è raffigurata presso la Porta Aurea, in un abbraccio che suggella il concepimento miracoloso. Anche Dante ricorda la madre di Maria nel XXXII canto del Paradiso: “Di contr’a Pietro vedi seder Anna/ tanto contenta di mirar sua figlia/ che non move occhio per cantare osanna”. La madre della Vergine, dice Dante, gioisce della propria discendenza vedendo nella sua storia personale l’attuarsi della storia della salvezza. La santa, a Firenze godeva di particolare devozione dal 1343 quando proprio nella giornata a lei dedicata, venne scacciato il tiranno Gualtieri VI di Brienne, il Duca di Atene. Le reliquie della santa sono conservate in vari luoghi e sono state oggetto di una serie di complicate vicende: un frammento del teschio si trova oggi nella cattedrale di S. Pietro a Bologna, mentre la porzione superiore del capo, priva di mandibola, si conserva a Castelbuono, terra dei Ventimiglia, in Sicilia. La cittadina conserva il teschio della santa all’ interno della Cappella Palatina del castello dei Ventimiglia, dove venne portata il 4 maggio 1454 dal marchese Giovanni I Ventimiglia dal castello di Geraci Siculo. Nel 1605 la reliquia venne trafugata e ritrovata nei pressi di Palermo nel 1615. Ritornando ai due santi genitori di Maria, li troviamo raffigurati in una tela conservata presso la pieve di San Martino a Vado (Castel San Niccolò) attribuita al pittore fiorentino Giovanni Antonio Pucci (Firenze, 1677 – 1739) artista che si formò nell’ambito di Simone Pignoni e di Anton Domenico Gabbiani. La tela presenta uno stile tardo-barocco e un’impostazione che rimanda al classicismo di stampo romano. I colori vivi e preziosi che si accendono di bagliori improvvisi nel fondo scuro, sono una peculiare caratteristica dell’artista che fu anche un apprezzato poeta. Il dipinto, databile al primo decennio del secolo XVIII, fu commissionato per l’altare della S.S.Vergine del Carmine e raffigura la Vergine con Bambino nell’atto di donare lo scapolare a San Simone Stock (Priore Generale dell’Ordine Carmelitano di nazionalità inglese, venerato per la sua santità, e morto verso il 1265 a Bordeaux in Francia). Sant’Anna, come da tradizione iconografica, è raffigurata con il velo che le copre la testa: il velo della santa è una delle reliquie conservate nella cattedrale di Apt (Provenza). Il simbolo del legame tra Maria e l’ordine carmelitano è costituito dalla devozione dello scapolare: secondo un racconto tardo (inizi del Quattrocento) e leggendario, la Vergine donò il suo abito a san Simone Stock.