Il 5 di agosto si celebra la festa della Madonna della Neve, evento legato alla fondazione della basilica romana di Santa Maria Maggiore. La tradizione narra che la Madonna, apparendo nella stessa notte del 5 agosto del 356 a papa Liberio e a un patrizio romano, li avrebbe invitati a costruire una chiesa là dove al mattino avrebbero trovato la neve. Il titolo di Madonna della Neve risale pertanto ai primi secoli della Chiesa cattolica ed è legato alla costruzione della basilica papale. Secondo l’antica narrazione, il perimetro originario della basilica sarebbe stato tracciato da papa Liberio direttamente sul terreno coperto di neve, prodigiosamente caduta ai primi di agosto. Si tramanda che anche il nobile romano Giovanni, che aveva avuto in sogno la stessa visione della Madonna, sostenne la fondazione della basilica costruita sul luogo indicato dalla Vergine attraverso un segno prodigioso: un evento climatico eccezionale, una nevicata in piena estate. Il colle romano prescelto era l’Esquilino, là dove fu fondata la basilica inizialmente detta Liberiana in onore al papa, in seguito denominata Santa Maria al Presepe (la reliquia della culla di Gesù venne lì custodita) quindi Santa Maria Maggiore, dedicata alla Madonna della Neve. Risalgono al secolo XV alcuni capolavori pittorici che raffigurato il prodigioso evento: i dipinti di Masolino da Panicale (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte) e la pala, considerata il capolavoro di Matteo di Giovanni (Siena, Chiesa di Santa Maria delle Nevi), solo per citarne alcune. Anche in Casentino si trova un interessante dipinto che raffigura la Madonna della Neve, conservato presso il monastero delle domenicane a Pratovecchio. Opera di un anonimo artista toscano, attivo nella prima metà del secolo XV, la tempera è il più antico dipinto conservato nel nuovo monastero domenicano. Commissionato dalla Compagnia della Madonna della Neve che aveva sede in Borgo di Mezzo a Pratovecchio, nel 1567 venne trasferito nel monastero domenicano, fondato da don Vincenzo Galassi. La Compagnia, documentata già dal 1363, aveva un oratorio dedicato che era stato ultimato nel 1390, oratorio dal quale si ipotizza provenga la tempera citata. Lo stile del dipinto richiama modelli iconografici trecenteschi e presenta paralleli nella pittura fiorentina dell’ultimo ventennio del secolo XIV ma anche elementi stilistici che la pongono in un periodo successivo. Lo stile dell’artista rimanda allo stile delle opere di Giovanni del Biondo e Agnolo Gaddi. La Madonna è seduta in un trono, con schienale ricoperto di un panno aranciato che ricorda il tessuto identificativo della valle del Casentino e con i montanti laterali verticali terminanti con una guglia, che rimandano in maniera precisa e suggestiva al campanile di Santa Maria Maggiore, così come la decorazione a motivi cosmateschi evoca i mosaici presenti nella basilica papale: particolari questi di grande interesse, espedienti comunicativi di grande spessore, simboli che raccontano una storia nella storia e vengono qui per la volta messi in evidenza. La Madonna con in braccio il Bambino Gesù, ha la mano destra rivolta verso il basso per indicare il candido manto di neve caduta prodigiosamente. In alto a sinistra del riguardante due angioletti stanno stringendo con le mani le nuvole rigonfie di neve che cade in forma di soffici fiocchi sulla terra. La tavola sembra decurtata poiché sulla destra è mancante delle corrispettive figure di angeli: probabilmente nel passaggio dall’Oratorio alla chiesa del monastero domenicano, alla fine del secolo XVI, fu necessario un adattamento per il nuovo collocamento. Figura di difficile identificazione rimane il personaggio maschile, aureolato, in basso a destra, poiché non è possibile la lettura dell’attributo che ne permetterebbe il riconoscimento. Un’opera straordinaria quella presentata in questo articolo, nella quale l’artista con attenzione ai particolari, è stato capace di raccontare una storia straordinaria che ricorda un evento eccezionale, avvenuto tanti secoli fa a Roma e che ha lasciato traccia attraverso l’arte. In un periodo in cui il dibattito sui cambiamenti climatici è all’ordine del giorno, l’opera che documenta un evento atmosferico eccezionale accaduto molti secoli fa, suscita curiosità e interesse.
La devozione alla Madonna della Neve ha una carica simbolica potente sia per il richiamo alla neve e all’acqua che costituiscono un elemento basilare della complessa ricchezza teologica che sostanzia la devozione mariana, nella manifestazione e nell’esaltazione dei valori dell’abbondanza, della vita e della integrità umana sia per il tema raffigurato, capace di invitare ancor oggi a riflettere su argomenti che riguardano l’umanità intera.