Il 7 Ottobre si celebra la festa della Madonna del Rosario, istituita con il nome di “Madonna della Vittoria” da papa Pio V a ricordo della battaglia navale di Lepanto, del 7 ottobre 1571, quando la flotta della Lega Santa (formata da Spagna, Repubblica di Venezia e Stato della Chiesa) ottenne la vittoria sull’Impero Ottomano. Il successore di Pio V, papa Gregorio XIII, trasformò la festa in “Madonna del Rosario” perché i fedeli attribuirono il merito della vittoria alla protezione di Maria, che avevano invocato recitando il Rosario durante la battaglia. In Casentino sono presenti alcune interessanti tele che raffigurano questo soggetto iconografico e numerose furono le Compagnie che ne portarono il titolo. In questo scritto presenterò una tela firmata dal pittore fiorentino Francesco Botti (Firenze 1645 -1711) allievo di Simone Pignoni e databile alla seconda metà del secolo XVII, conservata presso la Propositura di Pratovecchio. L’opera in origine si trovava nella chiesa della Madonna della Neve da dove fu spostata nel 1689 per essere posta nella chiesa dove tutt’oggi si trova. Il pittore che nel 1678 è documentato immatricolato all’Accademia del Disegno di Firenze, conduce la pittura con tinte opache e sfumate, tanto da far ipotizzare una sua assimilazione allo stile veneto basato sul colorismo. La Madonna con in braccio il Bambino Gesù è raffigurata seduta tra le nubi e in atto di donare la corona del rosario a San Domenico inginocchiato sulla sinistra mentre sulla destra Gesù Bambino porge la corona regale a santa Caterina da Siena che ha nella mano sinistra la corona di spine, simbolo della sua perfetta adesione alla Passione di Cristo. L’impianto compositivo risulta legato alla tradizione per il tema iconografico proposto ma suggestivo e innovativo per la struttura a ghirlanda dei quindici medaglioni raffiguranti i temi dei Misteri, minuziosi capolavori artistici. La composizione dei medaglioni va letta a partire dalla scena dell’Annunciazione raffigurata in alto a sinistra e primo dei cinque Misteri Gaudiosi cui seguono la Visitazione, la Natività, la Presentazione al tempio e Cristo bambino che insegna ai Dottori. Seguono in senso antiorario i cinque medaglioni con i Misteri Dolorosi: Cristo nell’orto, Flagellazione, Incoronazione di spine, Ascesa al calvario, Crocifissione; a chiudere i Misteri Gloriosi: Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Assunzione, Incoronazione. L’andamento dei medaglioni con i Misteri, sorretti da angioletti, si svolge tra rami di rose e rimanda ad una forma a ghirlanda floreale aperta, motivo che risulta innovativo rispetto ad altre impostazioni compositive. L’aggiornamento iconografico da parte del pittore, fa ipotizzare un’assimilazione al modello che si diffuse nel nord Italia, una tipologia devozionale nata dalla collaborazione intellettuale tra il cardinale Federico Borromeo e il pittore Jan Brueghel il Vecchio, come ipotizzato da studi recenti. Il genere pittorico della ghirlanda di fiori, è una particolare tipologia iconografica che si sviluppò nella Milano dei primi decenni del secolo XVII con l’obiettivo di sottolineare la funzione soprannaturale dell’immagine contenuta e nel contempo, attraverso la particolarità compositiva della decorazione, di esaltare la capacità tecnica dell’artista in veste di miniaturista, qualora fossero presenti le scene dei Misteri. La tela di Pratovecchio è opera di straordinaria qualità artistica, densa di significati e aderente a modelli iconografici aggiornati; la tavolozza ricca di contrasti chiaroscurali, le pennellate frante, lo sfumato, evocano atmosfere celestiali pur narrando storie di santi domenicani profondamente legati alla pratica del Rosario, Domenico e la sua fedele discepola Caterina da Siena.