Don Massimo ci racconta…
Saharawi
Quando verso fine estate ho saputo di questa storia di accoglienza, non nego che la curiosità di saperne di più si è fatta insistente in me, ecco perché sono arrivata ad una delle fonti che contribuiscono a renderla possibile, Infatti Don Massimo, sacerdote di Pratovecchio che ne è promotore, ha risposto volentieri alle mie domande
Sarebbe bello far conoscere le opportunità di incontro che lei Don Massimo, fornisce ai gruppi di bambini-ragazzi di Saharawi.
Intanto come è nato questo incontro con i bambini di Saharawi e perché?
-L’accoglienza dei bambini del Saharawi nasce circa 30 anni fa da parte dell’associazione “Saharawinsieme” che ha sede a Pontassieve. Via via sono state coinvolte altre associazioni presenti nei paesi limitrofi e si è formato un coordinamento che oggi comprende oltre che Pontassieve, anche Dicomano, Pelago, Figline Valdarno, Incisa, Rignano, Impruneta, Rufina e Pratovecchio appunto, sempre con il coinvolgimento delle amministrazioni comunali per il sostegno economico naturalmente.
Per quanto mi riguarda sono entrato in contatto con questo progetto quando ero parroco a Rufina, circa dieci anni fa, dove Andrea Artenzioli, che è il presidente del coordinamento, mi chiese di portare i bambini del Saharawi a Rufina e di organizzare per loro una giornata di attività. Dopo due anni di questo percorso indicativo, ho deciso di entrare a far parte del coordinamento che accoglie, e ovviamente quando ho cambiato parrocchia ho trascinato in questo progetto anche Pratovecchio. –
Ritengo che tutto ciò sia davvero ammirevole. Immagino anche che qualcuno dei paesani le venga sempre in grande aiuto, è così?
-Sia a Rufina ed ora anche a Pratovecchio non è stato difficile far conoscere questa realtà e quindi coinvolgere tante persone locali. Ogni anno per ripartire mi rivolgo ai parrocchiani e non solo, cercando di trasmettere loro la voglia di aprirsi, di conoscere il senso di entusiasmo e responsabilità che questo progetto comporta e chiedendo a tutti di partecipare fattivamente ad una missione molto importante perché rivolta ai più poveri, a coloro che vengono trattati più ingiustamente, ed è insieme ai vari gruppi presenti in parrocchia che costruiamo questa esperienza straordinaria.
Se non ho capito male lei ospita questi bambini presso le stanze della parrocchia di Pratovecchio, per dar loro l’opportunità di stare qualche settimana in Casentino e conoscere da vicino la nostra vallata?
Nell’organizzare il programma dell’accoglienza facciamo in modo di mettere i bambini Saharawi in contatto con tante realtà, tipo: associazioni di volontariato sociale come le misericordie di Pratovecchio e di Stia, con i Vigili del fuoco che sono un bellissimo gruppo di volontari, e che con molto amore e tanta sapienza spiegano sempre molto bene ai bambini le tecniche di soccorso. Poi le associazioni sportive come la mountan bike e negli anni passati anche il calcio e la pallavolo. Facciamo in modo che non manchino mai una giornata di mare o piscina, una al parco avventura, e anche una giornata col sempre disponibile campione di motocross acrobatico David Rossi.
Inoltre nel programma generale dell’accoglienza c’è un aspetto che viene considerato con particolare attenzione: i controlli medici ad esempio e le eventuali visite specialistiche e cure mediche in caso vi si riveli una malattia.
Mi sono emozionata quando ho saputo
Non potete immaginare la gioia di questi bambini quando per la prima volta hanno visto il mare il mare, ma anche quando vedono i prati, i boschi con i loro animali e tante altre cose viste finora solo nei socials. Con la saggia esperienza di Maura Lucatello e la figlia Matilde che hanno spiegato bene gli aspetti della natura, soprattutto con la gita nella foresta camaldolese, tutto è diventato più bello e interessante soprattutto per i bambini.
C’è da tenere conto che sono musulmani ed è anche bello rispettare l’essere di tutti e camminare insieme. Sempre molto interessante è anche l’incontro col sindaco e l’amministrazione comunale dove ci si confronta sull’aspetto politico e sociale del Saharawi. –
Ci racconti a ruota libera
-Il gruppo del Saharawi che viene ospitato è sempre formato da 10 bambini con uno o due accompagnatori adulti ovviamente e la loro permanenza dura in Italia circa due mesi, e quindi ogni paese del nostro coordinamento accoglie a seconda del periodo assegnato. Loro parlano soltanto arabo e gli animatori spagnolo e italiano ma in verità con i bambini è molto immediato comunicare. Vengono accolti nei nostri locali parrocchiali che sono 2: uno ben attrezzato con letti a castello e servizi igienici, l’altro dove c’è posto per giocare, e una cucina attrezzata per poter mangiare insieme, e comunque gli spaghetti al pomodoro sono sempre i più adorati da tutti.
Per i prossimi anni stiamo pensando di fare una parte dell’accoglienza mandando i bambini presso alcune famiglie in modo di fare un’esperienza più diretta, più immediata. Queste creature sono state riconosciute dalla comunità internazionale “Piccoli ambasciatori di pace”, perché ormai da trenta anni circa il popolo Saharawi ha deciso di non usare più le armi per difendersi dai soprusi e dallo sfruttamento degli stati che hanno occupato il loro territorio.
Il popolo Saharawi conta circa 100.000 abitanti e vive nel deserto Algerino perché estromesso nel 1975 dal proprio territorio, quando la Spagna terminò il periodo di colonizzazione, e allora il Saharawi venne occupato dagli stati confinanti, e oggi l’unico stato che occupa è il Marocco. Il confine stabilito dall’ONU è formato da un muro dove sono posizionate milioni di mine anti-uomo.
Mi duole dirlo, ma i grandi interessi politici internazionali non permettono di risolvere questo gravissimo problema; nei decenni sono state spese tante parole e fatte altrettante promesse da parte dell’ONU, che emana buone risoluzioni a difesa dei popoli oppressi ma che non decide quasi mai un’azione conseguenziale effettiva. Del resto questo avviene anche nel resto del mondo, dove si trovano popoli e terre da sfruttare e dove raramente vediamo difendere i più deboli e i più poveri.
I bambini del Saharawi che ogni anno vengono d’estate in tanti paesi e città nel nostro comune europeo, ci vengono a dire appunto queste cose e a cercare di risvegliare le nostre coscienze, rendendoci più informati e consapevoli e a invitarci con forza ad affrontare insieme il loro problemi di oppressione e di sfruttamento. –
Ecco, questo è quanto Don Massimo insieme ad una buona parte della sua comunità è ciò che “abbracciano”, e questo qualcosa può avvalersi soltanto di un nome, che è quello dell’accoglienza.
Grazie Don Massimo