4 novembre, la lettera contro la guerra della 15enne Carolina Brezzi

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Sì è celebrata questa mattina, a Poppi, la ricorrenza del 4 novembre; in questa occasione Carolina Brezzi ha letto un brano da lei scritto esprimendo il pensiero di una quindicenne sulle guerre, passate e presenti per conto dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci della sezione di Poppi.
Di seguito il brano ascoltato dai numerosi presenti a questa manifestazione.

«L’uomo fin dall’antichità ha sempre praticato l’arte della guerra; di ogni civiltà se ne ricorda almeno una, di ogni periodo storico si raccontano le battaglie più importanti che l’hanno caratterizzato.

Oggi siamo qui per ricordare la prima grande guerra del ventesimo secolo; il 4 novembre dell’anno 1918 era infatti il giorno in cui l’Italia firmava con l’impero austro-ungarico l’armistizio di Villa Giusti, che sanciva la fine della prima Guerra mondiale.

Tutti almeno una volta nella nostra vita abbiamo sentito parlare di questa guerra, ricordata soprattutto per l’elevato numero di vittime, tra cittadini e soldati, che causò; 10 milioni di morti. Ogni anno ricordiamo quest’evento per far sì che atrocità come questa non si ripetano più nel corso della storia a noi contemporanea.

Ricordare è importante e dalla storia, noi uomini, dovremmo anche imparare qualcosa.

Ma è sorto in me un dubbio; a cosa sono servite fin’ora le commemorazioni, a cosa è servito studiare la storia, venire a conoscenza delle atrocità, se tutt’oggi scoppiano guerre anche in paesi vicino a noi. Che cosa abbiamo imparato dalla storia? Sembra che da questo punto di vista l’uomo non sia mai cambiato. Nonostante il progresso in ambito tecnologico, sociale, ancora oggi ci facciamo la guerra per motivi futili: per un pezzo di terra, per vendetta o per altri motivi altrettanto effimeri.

Ci sono davvero uomini disposti a costruire il proprio potere anche avendo tra le mani il sangue di molti innocenti?

Il mondo che si presenta ai nostri occhi è un posto in cui la speranza di un futuro migliore si affievolisce nel tempo, dove viviamo con la costante paura che un giorno quello che sta accadendo in paesi che ci sembrano lontani possa arrivare anche da noi.

Come possiamo vivere con il terrore che per errori di altri la nostra vita e quella dei nostri cari possa esserci strappata via. Accendendo la televisione, in questi giorni, è molto comune vedere immagini terrificanti di ciò che sta accadendo nel mondo e sono così atroci da apparire quasi surreali.

SÌ perché è un fatto assurdo dover vedere nel 2023 servizi che parlano di civili massacrati, di case distrutte dai bombardamenti, che ricordano molto i filmati della seconda guerra mondiale. 10 milioni furono le vittime del primo confitto mondiale, 100 mila le attuali vittime nel confronto russo ucraino che ancora non è terminato. Parliamo di 1.500 persone uccise in Israele e oltre 9.000 a Gaza, e addirittura si contano circa 3500 bambini morti.

Quante persone devono ancora morire prima che possiamo renderci conto di quanto sia inutile la guerra?

Quante guerre mondiali devono esserci prima di capire che la violenza porta solo altra violenza e che non è in questo modo che si risolvono i problemi.

Come detto dalla grande Margherita Hack: “Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra”.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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