Sant’Elisabetta d’Ungheria, o di Turingia, (Bratislava, 1207 – Marburgo, 17 novembre 1231) la cui festa liturgica è fissata al 17 novembre, ancora fanciulla fu promessa in sposa a Ludovico IV, figlio del re di Turingia che sposò all’età di quattordici anni; ebbe tre figli e all’età di venti anni rimase vedova. Entrò nel Terz’Ordine Francescano, dedicandosi ad opere di carità. Proclamata santa da Gregorio nel 1235, fu Protettrice dell’Ordine Teutonico, promuovendone la diffusione e l’azione assistenziale e caritativa. Morì a Marburgo all’età di 24 anni; i suoi resti, trafugati durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. E’compatrona dell’Ordine Francescano secolare assieme a S. Ludovico. L’iconografia la raffigura con il grembiule colmo di fiori, evocando il miracolo della trasformazione dei pani in rose. La tradizione ricorda che un giorno Elisabetta mentre stava portando il pane ai poveri, incontrò il marito che le chiese che cosa stesse portando dentro il grembiule; lei allora lasciando cadere le cocche del grembiule che si aprì, potè assistere al miracolo della trasformazione dei pani in rose e fiori di vari colori. Nella Propositura del S.S. Nome di Gesù a Pratovecchio si conserva una tela raffigurante la Madonna del Rosario tra santi: sulla destra in primo piano santa Elisabetta inginocchiata, con il saio francescano, il soggolo monacale, la corona regale, è raffigurata mentre i fiori di varie specie cadono a terra e si distribuiscono anche in primo piano sotto l’alzata sulla quale si erge il gruppo della Madonna con Bambino, evocando il miracolo descritto. Il dipinto che reca in basso il nome del pittore FRA.US MATI e la data MDLXXXVIIII (1588) proviene dalla chiesa di S.Pietro a Romena dove è documentato nel 1787. Non è dato sapere il nome del committente dell’opera che potrebbe aver le sembianze del secondo personaggio a sinistra che sembra ritratto dal naturale; si può inoltre ipotizzare che altri personaggi della sua famiglia siano stati ritratti nel gruppo degli astanti e nei due piccoli inginocchiati in primo piano che vengono raccomandati, dai santi Francesco ed Elisabetta, alla Madonna del Rosario. La composizione con i personaggi distribuiti a semicerchio e la figura della Madonna stante, con la gamba sinistra genuflessa, sono motivi che rimandano a modelli di primo Cinquecento, con un recupero di stile legato alla semplicità di composizione e purezza di linguaggio raccomandati dalle istanze conciliari. Francesco Mati, detto anche Cecchino del Legnaiuolo (Firenze, 8 novembre 1561 – Firenze, 21 settembre 1623) che fu allievo di Alessandro Allori e con lui lavorò alla decorazione della villa medicea di Poggio a Caiano, a partire dalla fine del nono decennio del secolo XVI, lasciò in Casentino molte opere, contribuendo ad introdurre nella vallata uno stile legato ai dettami tridentini che riaffermavano il valore devozionale delle immagini e il culto dei santi, esempi di virtù e insegnamento morale, con composizioni semplici e di immediata comprensione, capaci di coinvolgere emotivamente i fedeli.