Sant’Agata (Catania, 229/235 – 5 febbraio 251) è stata martirizzata sotto l’imperatore Decio. La sua festa liturgica cade il 5 febbraio, nel giorno della sua morte. Il principale luogo di culto della martire è la badia a lei dedicata a Catania, dove sono conservate le sue reliquie. La sua più antica biografia è una Passio risalente all’anno 1000, conservata presso la Biblioteca Nazionale di Francia, a Parigi. Sottoposta al violento strappo delle mammelle con tenaglie infuocate, sembra che le parole che la santa pronunciò rivolgendosi al proconsole che aveva dato ordine di torturarla, siano state le seguenti: ”Empio, crudele e disumano tiranno. Non ti vergogni di strappare ad una donna quello che tu stesso succhiasti dalla madre tua”? Secondo la Leggenda aurea (1288) di Jacopo da Varagine, Agata consacrò la sua verginità a Dio, pertanto rifiutò le proposte del prefetto romano Quinziano, che la fece rinchiudere in un bordello. Fu poi condannata al rogo ma un terremoto la salvò e condotta in prigione ricevette la visita di San Pietro che la curò dalle ferite riportate; morì qualche giorno dopo nel carcere dove era stata rinchiusa. L’iconografia la raffigura o nel momento dello strappo delle mammelle o con i seni posti su un vassoio. L’arte rinascimentale privilegia la raffigurazione del momento del supplizio. Nella tela conservata presso la chiesa di San Michele Arcangelo a Lierna (Poppi) è raffigurata la scena dello strappo dei seni con le tenaglie infuocate. La giovane santa sulla sinistra è colta nel momento in cui un carnefice le sta strappando un seno con una grossa tenaglia mentre un altro aguzzino in ginocchio, sta gettando carbone su un braciere per attizzare il fuoco sfavillante, necessario per arroventare lo strumento di tortura. Sulla destra il proconsole è colto nell’atto di dare il comando ai due carnefici di procedere al supplizio. Sullo sfondo una chiesa con cupola richiama quella della chiesa catanese dedicata alla santa e l’obelisco è ancora presente nella piazza del duomo di Catania anche se in una più complessa collocazione. Il dipinto di Lierna, commissionato per la chiesa sottostante quella di San Michele, nella quale aveva sede la Compagnia di Sant’Agata fondata nel 1602, può essere datato tra il 1605/06 rappresentando una delle ultime realizzazioni del pittore fiorentino Giovanni Bizzelli (Firenze 1550 – 1607) che firmò l’opera. Allievo di Alessandro Allori, immatricolato all’Accademia del Disegno nel 1569/70 e appartenente all’indirizzo pittorico che prende nome dallo Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio, Bizzelli ha lasciato in Casentino varie opere. Nella tela con Sant’Agata, Bizzelli mostra uno stile vicino ai modi del Barocci e alle soluzioni cromatiche del Cigoli: l’utilizzo del rosso acceso della veste del carnefice, il giallo sfolgorante del mantello dell’imperatore o l’azzurro della veste della santa, ne sono chiari esempi. Sorge spontanea la domanda di come possa essere giunto in Casentino il culto della santa catanese: un’ipotesi suggestiva potrebbe derivare da una considerazione relativa ad un documento storico che ci informa come, nello spirito del Concilio di Trento, nel 1575 fu fondato a Pratovecchio il monastero delle monache domenicane. Qui giunsero accompagnate da Padre Don Domenico Galassi, al secolo Vincenzo, le prime due monache, Elisabetta Medici e Fabronia Fabbroni che avevano dato vita al monastero della S.S. Annunziata delle domenicane di Marradi. Don Domenico Galassi, di origini siracusane, potrebbe rappresentare il tramite per la diffusione del culto della santa catanese. Nel giorno della festa della santa, a Catania, si preparano dei dolcetti tipici, le minne di Sant’Agata (dolci a forma di cupoletta, rivestiti di glassa e decorati al centro con una ciliegina rossa che nella forma ricordano i seni); questa tradizione gastronomica è presente anche presso i monasteri femminili dell’Alto-Casentino, tramandata dai ricettari antichi. A volte questi dolcetti sono chiamati anche Bocche di dama, dolci simili alle minne catanesi che nella forma rimandano alle mammelle di Sant’Agata. Un’ultima curiosità: nelle Novelle della nonna di Emma Perodi, anche nonna Regina Marcucci per la Festa dell’Assunta prepara le bocche di dama secondo una ricetta che, a suo dire, le era stata insegnata, mezzo secolo prima, dalle monache di Pratovecchio. Solo coincidenze?
CasentinoPiù è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriversi al canale e restare sempre aggiornato su ciò che accade in Casentino: notizie, eventi, approfondimenti. Il servizio è gratuito, il tuo numero resterà riservato (non visibile agli altri iscritti) e non è invasivo perché le notizie non andranno a sommarsi nella chat, ma le vedrai, se vorrai, nella sezione “aggiornamenti”. Grazie!