Il 1° aprile Alberto Marioni torna in Casentino

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Che il sipario si apra e che la vita di Alberto possa finalmente andare in scena nel suo Casentino, e più precisamente nella sua Stia


Firenze – Stia (AR) – Avete presente quel ragazzone a cui tutti vogliamo bene e che se qualcuno non gliene vuole è soltanto perché non può camminare al suo passo? Ebbene, proprio lui nel giorno del primo aprile spalancherà di nuovo le braccia alla sua valle e lo farà per sempre.

Eh sì, Alberto finalmente ce l’ha fatta e anche a livello lavorativo è riuscito ad essere ascoltato e ad ottenere il trasferimento che tanto aspettava, che tanto agognava. Dal primo aprile infatti sarà di nuovo qui e sarà infinitamente felice di esserci, anche se questa valle non sempre è stata altrettanto innamorata di lui, come ad esempio nel periodo della sua adolescenza, quando anziché accoglierlo e comprenderlo, magari lo ha guardato di sottecchi e quella sua gente gli ha fatto una sorta di sgambetto, e tutto semplicemente perché ciò che Alberto lasciava vedere di sé, era un qualcosa che non si miscelava al consueto standard di tanti ragazzi, colpevoli solamente di essere meno complicati e attenti di lui.

A mio parere il casentinese, ed io lo sono assolutamente “purosangue” e da generazioni su generazioni, è un pochino “chiusetto”, io per prima s’intende, per cui un “Super Mario” è difficile da “ingoiare” con tutte le sue sfaccettature, con tutte le sue meravigliose lacune, e con quella fantasia e dolcezza che fanno venire un groppo alla gola ogni volta che si esprime, e che non lo fa risultare troppo facilmente comprensibile. Io conosco molto bene questo ragazzo e lo conosco grazie all’amicizia che lo tiene legato a mio figlio Lenny, che insieme ne coltivano la bellezza e la pulizia, senza bisogno di chissà quanti altri aggettivi per raccontarla, resta però il fatto che Alberto l’ho potuto vivere spesso per quello che è, per cui mi sento di poter parlare di lui senza filtri, come potrebbe farlo una madre o una sorella più grande.

Marioni tornerà in Casentino e lavorerà in Casentino, lui finalmente tornerà ad esprimersi ancora in questa terra e per questa terra, e lo farà in un giorno particolare perché la coincidenza così ha voluto. Come dicevo la data in questione sarà il primo di aprile e voi vi chiederete se sarà vero oppure uno scherzo, allora vi risponderò così: quando lo vedrete passare nel quotidiano, quando lo incontrerete nei locali, nei supermercati, quando udirete quella sua voce canzonatrice e beffarda talvolta, quando sentirete il vostro cuore sorridere perché uno dei nostri ragazzi ha ritrovato il “suo posto”, e quando sarete finalmente felici per la sua gioia infinita, vi renderete conto che Alberto ha finalmente riabbracciato il suo sogno!

Detto tutto ciò di cui sopra, voglio donarvi anche un poco della sua “voce” però, perché quando ci siamo incontrati abbiamo messo in atto una breve ma intensa intervista in cui Alberto non si è mostrato affatto avaro di parole e di voglia di darsi anzi, a separarci è stato il tempo, quel qualcosa di assolutamente “maledetto” che non ti lascia saziare mai abbastanza di certi argomenti, di determinati incontri.

«Sei anni c’ho messo Marina, sei lunghi anni a tornare qui in Casentino, anni che hanno rappresentato tanto, anche in positivo devo dire soprattutto in ambito lavorativo dove sono “cresciuto” sostanzialmente. Ma io è qui che voglio stare, è qui che voglio rinforzare ancora le mie radici. Quando me ne sono andato è stato perché qui in Casentino non trovavo lavoro, ecco perché la dura decisione di allontanarmi e di andare a Firenze. Lì il lavoro l’ho trovato quasi subito. All’inizio lavoravo di tre mesi in tre mesi fino a che mi arrivò l’indeterminato, che sicuramente rappresentava tanto per me a livello di autostima ma che voleva anche dire; sarà per sempre! Ricordo bene che questo “per sempre” mi stava oggettivamente stretto, ma durò poco perché giorni dopo il mio capo di allora mi comunicò che alla fine del contratto potevo ritenermi libero e fu in quel momento che provai una sottile e liberatoria gioia.

Il mio curriculum ormai era in ogni dove ma in un giorno qualunque, mentre tornavo da una gara di nuoto svoltasi a San Marino, buttai lo sguardo in un ufficio postale che incontrai per strada e pensai che quello lo avrei trovato dovunque io andassi. Rammento che feci il concorso a Roma e una volta lì, mi resi conto che ero l’unico senza giacca e che mi sentii morire. Fortunatamente anche senza giacca allo scritto risultai davvero bravo e all’orale ebbi la fortuna di incontrare una esaminatrice alla quale non smisi mai di parlare del più e del meno, in modo tale che lei non potesse farmi le domande tecniche del caso, domande di cui ancora non potevo conoscere le risposte. Fatto sta che ad agosto mi chiamarono all’ufficio postale dell’Isolotto a Firenze. Tremavo quel giorno perché non sapevo assolutamente niente di tutto ciò che sarebbe stato il mio lavoro, ma poi mi inserii presto, grazie anche a colleghi straordinari che vi incontrai. Lavorando in quel contesto incontravo una miriade di casentinesi, gente che riconoscevo dall’accento tipico nostro e con tutti ovviamente attaccavo “bottone”, avvertendo sempre quella sana ed imprevedibile nostalgia. Il mio apprendistato durò tre anni e in quegli anni specifici non potevo chiedere nessun trasferimento, ma successivamente potei farlo finalmente e dunque inviai la mia agognata domanda. È stato a gennaio di quest’anno che mi è arrivata la telefonata fatidica, proprio quando avevo perso tutta la speranza. Ricordo che una voce mi disse:  – Lei è sempre disposto ad andare nell’aretino? Che so, tipo a Soci. Soci è vicino a casa sua? – Io piansi… A volte penso che se avessi tenuto la “testa bassa” probabilmente dal Casentino non sarei mai andato via ma l’ho sempre tenuta alta la testa e comunque, a trentatré anni eccomi di nuovo qui. Non nego che nei momenti di sconforto ho anche pensato che con tutta probabilità ci sarei tornato da morto ed invece ci sono e più vivo che mai! Ci tengo anche a dire che in Casentino ci lamentiamo del fatto che i ragazzi se ne vanno altrove, allora faremmo bene a tenerci la “nostra gente”, i nostri giovani no!? Comunque ciò che deve accadere accade e nel momento in cui ho ritrovato me stesso ho incontrato persone che mi hanno camminato accanto e credimi, questo mi ha aiutato moltissimo. In fondo come posso essere migliore se vengo solo criticato, credo che alla fine se sono “strano” ci sarà pure un perché, non credi? Questa grande emozione che avverto in questi giorni mi rende vivo e quei sei anni in cui ho aspettato in fondo, sono stati la mia ragione di vita!»

Che altro dire, uno dei nostri ragazzi è tornato “a casa” ed è immensamente felice di averlo fatto e di averlo finalmente ottenuto. Noi non possiamo che accoglierlo e tenercelo stretto perché è un ragazzo davvero straordinario.

E dunque bentornato Alberto, bentornato a casa tua!

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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