Un’anima in due: l’alimentazione del cane, una breve guida per una scelta consapevole

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L’alimentazione del cane: i mangimi, dalla nascita al boom attuale


I prodotti industriali per l’alimentazione degli animali da compagnia hanno poco più di un secolo di vita. Nel 1860 sono stati inventati i primi biscotti per animali in Inghilterra: erano a base di farina, polpa di barbabietola, carne e verdure. Per le prime scatolette bisognerà attendere il 1920: la carne in scatola per cani nasce copiando le scatolette di carne inviate ai soldati al fronte. Esaurita la necessità di questi prodotti per l’alimentazione umana, si è pensato di convertire la medesima tecnologia alla produzione di cibi per animali.

Gli alimenti completi, invece, antenati di quelli che vengono utilizzati oggi, iniziano a essere prodotti negli anni Cinquanta e subito hanno una rapida espansione. È finita la Seconda Guerra Mondiale e la società è in fermento, tante cose stanno cambiando e lo stanno facendo in maniera estremamente rapida, complici i nuovi stili di vita, la gente ha meno tempo per stare in cucina e l’industria risponde offrendo alimenti per animali domestici già pronti.

La praticità degli alimenti pronti, unita a eccellenti campagne di marketing, hanno continuato a invogliare i proprietari ad optare questa scelta nutrizionale. Volete qualche dato? Il rapporto Assalco (Associazione nazionale imprese per l’alimentazione e la cura degli animali da compagnia) ci dice che, nel 2018, il giro di affari legato alla vendita di alimenti industriali per cani e gatti, oltre a essere in crescita se confrontato con quello degli anni precedenti, è stato pari a 2.082 milioni di euro, un dato impressionante e chi indica chiaramente quale sia l’orientamento dei consumatori.

I cani da caccia non fanno eccezione anche se, spesso, la tipologia di mangime acquistata per il cane da caccia differisce da quella scelta per l’animale da compagnia. Questa mia affermazione non è supportata da dati, ma dall’esperienza personale. Generalizzando, molti cacciatori scelgono prodotti di fascia medio-bassa e operano questa scelta soprattutto perché molti di loro possiedono più di un cane e alimentare “bene” tanti cani di taglia medio-grande può essere costoso.

Il cacciatore è solitamente animato da senso pratico: sceglie qualcosa di facile da reperire, dal prezzo moderato e che magari gli sia stato raccomandato da qualche amico che lo usa già. Se da una parte questo modo di agire lo pone a rischio di somministrare alimenti di dubbia qualità, dall’altro lo pone generalmente al riparo dalle mode del momento e dalle tendenze di mercato, incluse quelle più assurde.

Proprietari che vogliono di più per l’alimentazione del cane

La praticità che guida il cacciatore, tuttavia, non è da intendersi come sinonimo di disinteresse nei confronti dell’alimentazione del proprio cane, al contrario molti di loro vorrebbero poter fare di più e alimentare al meglio i propri soggetti, il guaio è che vedono le cose un po’ più semplici di quel che sono.

Il desiderio di fare meglio è emerso anche durante un sondaggio che ho effettuato nel corso della mia tesi di laurea (in veterinaria): il 57,7% degli intervistati ha dichiarato di alimentare i propri cani con mangime; il 29,9% di somministrare alimenti freschi in aggiunta al mangime; l’8,3% di cucinare per il proprio cane e il 4,1% di aver aderito alla dieta BARF. Provando a leggere tra i dati emergono alcune cose: i prodotti industriali vanno per la maggiore perché sono indubbiamente comodi, ma l’inserimento di cibo fresco, in proporzioni differenti, rivela il desiderio di fare qualcosa in più per il proprio cane.

I cacciatori, in questo, sono uguali a tutti gli altri proprietari: negli anni la qualità dei prodotti industriali è cresciuta, perché il mercato chiedeva prodotti migliori e, parallelamente, tanti cinofili hanno iniziato a chiedersi se non fosse meglio tornare a cucinare per i propri cani o se, addirittura, aderire al movimento BARF che sostiene l’alimentazione a base di carni crude e ossa essere la migliore.

L’alimentazione del cane e degli animali domestici in generale è un tema caldo: fornire ai proprietari nozioni chiare e sicure sulla nutrizione è la strada per permettere ai proprietari di fare una scelta consapevole.

Pro e contro: i mangimi industriali per l’alimentazione del cane

Vediamo innanzitutto in breve le caratteristiche, i pro e i contro di ciascuna filosofia alimentare partendo dall’alimentazione commerciale.

Possiamo dividere gli alimenti industriali in secchi (crocchette), umidi e semiumidi (scatolette, sacchettini, vaschette). I mangimi secchi sono i più venduti perché la tecnologia di produzione fa sì che siano più economici da produrre, da trasportare e da conservare. Sono anche molto semplici da somministrare, basta solo aprire il sacco e versare la dose adatta al cane nella ciotola. Una volta richiuso il sacco (bene, altrimenti i grassi contenuti nelle crocchette rimaste finiscono con l’irrancidirsi), si torna alla vita di tutti i giorni. Certamente comodo.

Ma i mangimi non sono tutti uguali e per il consumatore è spesso difficile capire che cosa è buono e che cosa lo è un po’ meno. Il prezzo può essere un parametro da tenere a mente, dal momento che è improbabile che mangimi economici possano contenere elevati quantitativi di materie prime importanti per il cane, ma costose, come la carne. D’altra parte, il prezzo può anche trarre in inganno e può essere che alcuni prodotti costino decisamente più di quel che valgono. Quindi è tutto complicato.

Anche la composizione del mangime, obbligatoriamente presente in etichetta e parametro a cui consiglio di affidarsi, è un’informazione non semplice da interpretare e bisogna essere bene informati per “leggere” correttamente. Riassumendo: ci sono mangimi buoni e meno buoni, il problema è riuscire a riconoscerli.

Il secondo “ma” legato all’alimentazione industriale è legato a qualcosa di apparentemente meno tangibile, ovvero al “senso di soddisfazione” e al “desiderio di accudimento”: il primo riguarda il cane, il secondo riguarda il proprietario.

A meno che non si tratti di cani particolarmente voraci, quelli che vengono nutriti a crocchette talvolta non sembrano gradirle poi tanto. In maggioranza, inoltre, non sono mai sazi perché i mangimi secchi saziano molto meno rispetto ad alimenti umidi e freschi. In proporzione, la dose di crocchette necessaria a coprire i fabbisogni giornalieri di un cane è molto inferiore rispetto al corrispettivo che occorrerebbe dare in cibo fresco.

Al senso di mancata sazietà, può aggiungersi anche un certo senso di insoddisfazione e irrequietezza: i proprietari si accorgono che il cane chiede altro cibo (e questo può diventare complicato se il cane è in sovrappeso o se appartiene a una razza con tendenza all’obesità) e non riesce a mettersi tranquillo. Scatta quindi il “desiderio accudimento”, ovvero di sentirsi in dovere di fare qualcosa per migliorare la situazione: chi non può o non vuole passare alla dieta casalinga o alla dieta Barf, aggiunge cibo fresco al cibo industriale.

Pro e contro: l’alimentazione del cane gestita in maniera casalinga

Molti di coloro che usano i mangimi lo fanno per la loro comodità. Chi non può o non vuole intraprendere percorsi nutrizionali più complessi sovente allunga comunque qualche extra sotto forma di cibo fresco. È sbagliato? Si rischia di sbilanciare completamente  una dieta?

In linea generale, se parliamo di cani adulti sani, sostituire una modesta quota di crocchette con del cibo fresco, non conduce quasi mai a squilibri alimentari. Al contrario, pensare di dare la maggior parte della razione sotto forma di dieta casalinga raffazzonata bilanciandola con una piccola percentuale di crocchette non è una grande idea.

Passare a una dieta casalinga, invece, può essere una buona idea? L’alimentazione casalinga è un’opzione possibile ed è un’opzione sicura a patto che non si cerchi di super-semplificare la cosa. Mettere insieme un po’ di pasta e un po’ di carne, cotte un po’ come capita come facevano i nostri nonni, non è proporre al cane un’alimentazione casalinga, è fare un salto all’indietro nel tempo e fare un pasticcio.

Troppo spesso, in qualità di veterinario, mi sento chiedere: “se voglio fare una dieta casalinga, quanta carne devo mettere?” Considerando che il cane, mediamente, mangia la stessa razione tutti i giorni, un errore di questo tipo verrebbe moltiplicato all’infinito.

I proprietari devono sapere che hanno la facoltà di alimentare i propri cani cucinando per loro ma che, per far sì che i pasti prodotti in casa siano migliori di un qualsiasi mangime, devono farsi formulare una dieta da un veterinario che si occupa di nutrizione.

Con un investimento iniziale ammortizzabile nei mesi di utilizzo della dieta, il proprietario ottiene così uno schema da seguire che è stato studiato in misura delle caratteristiche (peso, sesso, età, problematiche particolari) dell’animale e alla tipologia del lavoro che svolgono (nel caso dei cani da caccia ad esempio). All’interno della dieta compariranno non solo gli ingredienti, suggeriti nelle giuste proporzioni, ma anche tutte le integrazioni necessarie per rendere veramente sani e completi i pasti.

Chi vuole fare da sé e risparmiare dovrebbe fermarsi e riflettere almeno su due punti principali: 1) il cane non è un essere umano e le sue esigenze nutrizionali non solo uguali alle nostre; 2) una buona dieta casalinga non è economica se il cane è di taglia medio-grande. Riflettere sul punto 2 è vitale.

Moltissime richieste di informazioni sulla dieta casalinga provengono da persone convinte di riuscire a spendere poco alimentando il cane con cibi freschi. Questo non succede. Pur riuscendo a risparmiare qualcosa procurandosi qualche taglio di carne economica, a conti fatti alla fine del mese si arriva a spendere tanto quanto si spenderebbe scegliendo un mangime di fascia medio-alta, se non di più.

L’economicità non è certo il punto di forza della dieta casalinga che, però, oltre a rendere sazio il cane e felice il proprietario, offre a chi cucina l’occasione di toccare letteralmente con mano che cosa si mette nella ciotola del proprio cane.

La dieta Barf e le nuove tendenze

E la dieta BARF? Questo acronimo significa  Bones and Raw Food (ossa e cibo crudo) oppure Biologically Appropriate Raw Food (cibo crudo biologicamente appropriato). Tradizionalmente, la dieta Barf viene costruita   su ossa, carni crude e qualche integrazione   (come ad esempio gli acidi grassi omega 3) e, al pari della casalinga, va strutturata con qualche cautela e non è economica.

Chi sceglie la dieta BARF non deve cuocere il cibo, ma deve premurarsi di porzionarlo, congelarlo, scongelarlo adeguatamente e manipolarlo con le attenzioni che vanno riservate a carne e pesce crudi.

L’alimentazione cruda non BARF, ovvero basata su carne cruda senza ossa è forse più semplice da gestire, ma richiede sempre una formulazione, un investimento economico e un minimo di impegno, anche se cominciano ad affacciarsi timidamente sul mercato dei prodotti industriali congelati (a base di carne cruda sotto forma di cubetti) che, a detta dei produttori, sono completi e pronti da essere messi in ciotola.

Siamo agli albori di una nuova tendenza? Credo di sì: il lavoro delle aziende è soddisfare le richieste del mercato e la crescente attenzione dei proprietari nei confronti dell’alimentazione del cane e in generale dei propri animali è certamente un forte incentivo a migliorarsi.

di Rossella Di Palma (DVM – CVA)  Specialista in Sanità Animale, Allevamento e Produzioni ZootecnicheMedico Veterinario Esperto in Nutrizione e Dietetica Clinica (FNOVI), Medico Veterinario Esperto in Agopuntura e Medicina Tradizionale Cinese (FNOVI). Corso di Perfezionamento in PNEI Veterinaria

 

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