(di Luca Tafi, Sel Casentino)
Se non ci avesse pensato Rubik ad inventare il “cubo magico” ora ci avrebbero pensato i sindaci del Casentino a costruirlo, ma senza dare soluzioni! I nostri sindaci passerebbero allo storia delle invenzioni, con le loro più o meno stravaganti ed improvvisate idee di fusione tra comuni, con proposte, controproposte, picche e ripicche.
Ci sarebbe anche venuto a noia di parlarne. Ma il tema è troppo delicato ed importante per il futuro della nostra vallata per non tentare di affrontarlo. Cerchiamo di farlo in modo razionale, al di fuori di polemiche strumentali.
Prima riflessione: le ingegnerie istituzionali non rappresentano di per sé la soluzione di tutti i problemi. Alla fine sono sempre gli uomini o le donne che le guidano a dare senso ed efficienza alle nostre istituzioni. Abbiamo visto e vediamo comuni piccoli e grandi, così come province o unioni dei comuni, che funzionano ed altre no.
Pur tuttavia è innegabile che le evoluzioni istituzionali e costituzionali nazionali, l’abolizione delle province, l’accentramento del potere nell’esecutivo anche a livello nazionale (vedi legge elettorale italicum e abolizione del senato), ma anche regionale, la crisi dei corpi intermedi (partiti, sindacati associazioni di categoria ecc), come crisi di partecipazione e strumenti di controllo democratico, pongono nuove responsabilità ai comuni, come istituzioni più vicine ai cittadini. E pongono loro il problema di come organizzarsi per essere un vero ed efficiente presidio democratico sul territorio.
Possono farlo i piccoli comuni da soli, ormai privi di risorse professionali e finanziarie?
Comprendiamo le ragioni di chi difende l’attuale organizzazione vedendo nelle fusioni il rischio di impoverimento e di ulteriore marginalizzazione dei piccoli comuni montani: preoccupazione legittima. Ma chiediamoci; questi piccoli comuni da soli, al di là di avere il sindaco a portata di mano, quali risposte sono in grado di dare oggi ai loro cittadini, se poi la maggior parte delle risorse prevede una associazione sia per ottenerle che per gestirle?
Forse proprio per queste preoccupazioni, più che dire no a qualsiasi forma di fusione, dovremmo metterci a tavolino. Studiare un progetto serio, che, per esempio, metta nello statuto del nuovo comune, forme di rappresentanza legate alle singole realtà territoriali, forme (per esempio) di pro-sindaco delegato e forme di partecipazione organizzata oltre alla garanzia della permanenza di servizi diffusi sul territorio. Purtroppo in Casentino niente di tutto questo è stato fatto ed il problema delle fusioni è solo uno strumento di polemichette quotidiane tra sindaci, tra rappresentanze politiche o tra fazioni all’interno degli stessi partiti (in particolare del PD che sembra aver perso ogni bussola).
Vorremo provare a riassumere le posizioni e le proposte in campo (lasciando da parte Capolona- Castiglion Fibocchi che appartengono ad altra zona sociosanitaria)
1- Fusione Bibbiena con Ortignano, votata all’unanimità dai due consigli comunali a giugno, ma poi bloccata da Bernardini in attesa che si aggiunga anche Chiusi della Verna. Nel frattempo è nato il Comitato per il referendum per la fusione dei tre comuni.
2- A questa ipotesi si è opposto il Comune di Chiusi della Verna che, dopo aver teorizzato il no alle fusioni, in quattro e quattrotto ha proposto la fusione a tre di Chiusi della Verna con Chitignano e Castelfocognano, facendo approvare la proposta a tappe forzate ai tre consigli comunali. Doveva essere incluso anche Talla in questa operazione, ma il la Sindaca di Talla, Eleonora Ducci, si è defilata, controproponendo una fusione a sei (Bibbiena, Chiusi della Verna, Chitignano, Castelfocognano, Talla, Ortignano) , insomma il comune unico del basso Casentino, che, rifacendoci alla storia medievale, potremmo chiamare il casentino aretino.
Proposta subito smentita e contrastata dal suo PD di Talla e provinciale (e si dice anche regionale, ossia Ceccarelli, che sembra abbia interrotto la sua luna di miele con Bernardini).
Cosa pensa SEL di tutto questo? Che in Casentino manca un progetto ed una guida politica. Siamo allo scontro tra castellani di medievale memoria.
Sullo specifico del problema SEL in tempi non sospetti aveva dichiarato la sua propensione per un comune unico del Casentino, purché legato ad un progetto preciso ed elaborato in condivisione, da sottoporre poi a referendum popolare
Ora ci rendiamo conto che questa idea, dopo la fusione di Pratovecchio- Stia che ancora è in fase di assestamento, e viste le contrapposizioni n corso, rischia di essere un’utopia ed un modo per rinviare i problemi.
Allora se si deve iniziare a razionalizzare il nostro sistema istituzionale locale, proviamo a farlo in modo razionale e funzionale.
La fusione fra Chiusi Verna, Chitignano e Castelfocognano, assume l’aspetto solo di una ripicca pur di dire no alla fusione con Bibbiena, vissuta come una inglobazione nel comune più grande. Ma ci domandiamo, per esempio, quanto sia razionale e funzionale per un territorio come quello di Chiusi Verna fare a meno di Bibbiena visto che la maggior parte dei suoi abitanti già è di fatto integrata con Bibbiena (scuole, cimitero ecc,). Considerazione simile si può fare per gli altri tre comuni.
Noi pensiamo che sia più razionale la proposta della Sindaca Ducci di fare una fusione a sei. Sarebbe anche il modo migliore per non essere una annessione, perché gli abitanti dei cinque comuni più piccoli (più di 8000), sarebbero in grado di condizionare, anche in termini elettorali, Bibbiena e garantirebbero un rapporto davvero paritario. E si formerebbe un comune di dimensioni tali (circa 20000 abitanti) che ne farebbe uno dei più importanti della provincia di Arezzo, in grado di contare a livello provinciale e regionale e capace di dotarsi di struttura organizzativa e professionale con la possibilità di progettare a largo respiro e di attrarre finanziamenti che oggi non siamo in grado di ottenere e qualche volta nemmeno di gestire quando ottenuti.
Certo anche questa non va vista come soluzione salvifica e senza problemi. Un progetto serio va studiato e verificato, poi sottoposto al giudizio della gente. (Fare referendum senza un progetto è il modo peggiore di utilizzare il consenso popolare). Ma se vogliamo uscire dall’impasse ci sembra probabilmente la soluzione più razionale. In attesa, altrimenti, di decisioni dall’alto. Ci viene il dubbio che questa confusione miri proprio a questo. Come al solito il coraggio di non decidere e di non assumersi responsabilità, sperando che qualcuno decida per noi!
Luca Tafi, SEL Casentino (comunicato stampa)