A due anni dalla scomparsa dell’imprenditore casentinese, CasentinoPiù vuole rendere omaggio all’uomo che, con passione, ha contribuito in maniera inequivocabile alla crescita della vallata casentinese. Riproponendo la cronaca di un incontro avvenuto qualche anno fa. (Articolo uscito nel 2011 sul numero speciale di Casentinopiù. di Roberta Fabbrini)
“Capitano a volte, in maniera totalmente casuale, ed inaspettata, incontri che lasciano il segno. Per la voglia di raccontare una realtà che da anni anima il panorama casentinese con attività di promozione culturale. Che, con coraggio, affronta temi complessi, ma tutti legati sorprendentemente alla vita di ognuno di noi. Alla voglia di raccontare. All’esigenza di raccontarsi. (…)
Il mio incontro con Beppe Baracchi è avvenuto per caso, da un invito della figlia Silvana, perché parlare della Fondazione senza entrare in contatto personalmente con chi l’aveva ideata e voluta, non appariva logico.
Per caso, un pomeriggio nella bella casa dell’imprenditore, che dall’interno stupisce per la sequenza di scorci sul Casentino. Che, da qui , incorniciato dalle ampie finestre , appare bellissimo. Più che mai. Per caso, un colloquio di due ore , che è bastato a dare ragione della fama , della notorietà, del mito di Baracchi imprenditore.
In effetti Giuseppe Baracchi non rappresenta per chi lo ha conosciuto soltanto un datore di lavoro. Chi parla di lui, modifica improvvisamente lo sguardo, assumendo i toni e i modi del parlare di cose serie. Un uomo coraggioso, tenace. Un grande industriale. Un datore di lavoro leale. Un imprenditore geniale.
No, non appare possibile tracciare le linee del percorso articolato che la Fondazione ha compiuto e compie da anni, prescindendo da chi l’ha così fortemente voluta. Uno sguardo sul mondo.
Lo stesso che nell’Italia pre-bellica introduce il giovane Beppino all’esperienza dell’insegnamento. La fame di conoscenza , che lo conduce , poco più che ventenne, ad affrontare il Nord. Quello ricco. Il Nord dell’Industria. Che, portando con sé poche cose, il profumo del pane fatto in casa e il sapore dei pomeriggi passati in giardino , nella piccola casetta dietro la ferrovia , affronta con coraggio un salto nel buio. L’Italcementi, Bergamo. Un percorso di ascesa veloce costellato di intuizioni geniali, di invenzioni, di brevetti. Un ruolo , giovanissimo, di dirigente d’azienda.
Ma l’Italia è attraversata dalla guerra, dalla morte e dalla distruzione . Il Casentino non offre possibilità di riscatto. Miseria , impotenza, rassegnazione, questo deve aver letto il giovane Giuseppe negli occhi delle persone più care. Baracchi decide allora di tornare . Di nuovo la via più complicata , quella che offre minori certezze. A Bergamo c’è un lavoro sicuro , la villetta in collina, il benessere economico, la vita. Qui miseria e distruzione . Ma il cuore, le radici, sono qui, in questa piccola valle lacerata dalla guerra, prostrata dalla rassegnazione.
Il resto è storia. E la storia di Beppe Baracchi coincide inscindibilmente con la storia di una azienda che cresce velocemente. Ma coincide con la stessa storia della vallata casentinese, contribuendo in maniera determinante a tracciare una strada da percorrere, ad indicare una via di rinascita. E’ una storia che parla di lavoro duro, di ore passate al tavolo da disegno, di notti insonni alla ricerca di un idea, nel tentativo di anticipare i tempi, prevedere le tendenze. Una storia che parla di innovazione costante, di ricerca accurata, di cura e attenzione al dettaglio. Di intuizioni geniali , di giornate intere trascorse in laboratorio a sperimentare. Di brevetti rivoluzionari. Di concretezza casentinese , di voglia di fare, di tenacia. E’ la storia di un impero economico, di una filiera produttiva all’avanguardia, costruita partendo dal nulla. Raccontare di Baraclit e di cosa oggi rappresenti nel mondo della prefabbricazione , appare quasi superfluo. E’ forse il caso di concentrare lo sguardo sulla capacità del giovane direttore di una azienda di Bergamo di trasformarsi in imprenditore. In un datore di lavoro capace, attento, vigile sulle tendenze del mercato, quanto sensibile alle esigenze dei suoi lavoratori. Questo è Giuseppe Baracchi. Un uomo dove si coniugano straordinariamente antico e moderno: custode di valori arcaici e primordiali come l’attaccamento alla terra, ai legami familiari, l’attenzione verso realtà di sofferenza , la polvere respirata in fabbrica fianco a fianco con i suoi operai. Ma che è poi estremamente moderno nel suo approccio al lavoro, alla vita . Moderno nella capacità di coniugare, scienza, conoscenza, esperienza, ma anche curiosità, coraggio, lungimiranza.
Moderno nel vedere lucidamente oltre. Moderno nel saper coinvolgere tutte le maestranze , anche le più umili nel percorso entusiasmante della creazione del prodotto finale. Un successo dell’azienda è un successo di tutti. Indiscutibilmente.
Moderno nella capacità di emozionarsi. Ancora oggi , a distanza di anni , lo sguardo cede alla commozione nel parlare dei suoi operai. Gente alla quale sente di dovere molto. Gente alla quale sa di avere dato tanto. E sorride nel raccontarmi la gioia , la soddisfazione delle sue gite solitarie nelle nostre campagne, nel vedere interi borghi recuperati , famiglie nuove, che strappano angoli di vallata alla desolazione dell’abbandono. E di nuovo si emoziona al ricordo delle famiglie degli operai, dei momenti di sofferenza, delle richieste di aiuto.
E si fa serio, attento , lucido , nel tracciare le linee del futuro delle nuove generazioni, nel disegnare un quadro chiaro della situazione attuale del paese, dei rischi possibili, delle vie di uscita che intravede. Nel definire una linea di speranza per le giovani generazioni.
La Fondazione Giuseppe e Adele Baracchi, porta il suo nome, ma porta anche il nome della donna che una vita fa scelse di stargli al fianco. Che lo seguì , senza rimpianti , in questo viaggio a ritroso verso le sue origini, che fu in grado di tessere la trama dei legami familiari e degli affetti di paese, che, con grande modernità di pensiero, seppe scegliere un proprio percorso personale , una propria autonoma posizione che le consentisse di non vivere all’ombra di un uomo di tale portata. Ma che ancora oggi rivendica con naturalezza e con estrema semplicità il dovere, per amore, di una donna di seguire l’uomo che ama. Di nuovo antico e moderno, valori familiari coniugati in nome dell’indipendenza personale.
La Fondazione nasce così. Nasce per la voglia di testimoniare la capacità di guardare oltre.
Nasce per rivolgere quello stesso sguardo attento, sensibile, curioso , lucido, ai segni dei nostri tempi.
Nasce per fermarsi a riflettere , per tracciare un percorso, per voltarsi indietro, per guardare avanti.
“Il segno di una memoria che vuole radicarsi nel presente per camminare verso il futuro con passo più attento e sicuro”
E’ il tempo della parola. E’ il tempo dell’ascolto. Il tempo della riflessione. Il tempo del silenzio . Il tempo di raccontarsi e di leggersi dentro.
Questa voglia di condivisione è forse l’eredità più grande che la Fondazione porta con sé . Insieme con il messaggio chiaro di tenere un atteggiamento vigile e sensibile verso le peculiarità di questa “valle chiusa” ,verso le sue risorse umane, verso i suoi patrimoni locali , di saperli raccontare, di valorizzarli.
La Fondazione Giuseppe e Adele Baracchi sta dando tanto al Casentino, nel creare momenti di incontro, di riflessione , di arte, di non comune bellezza . Nell’ essere protagonista di eventi di solidarietà. Nel puntare i riflettori su temi e aspetti che riguardano questo territorio, la sua gente.
Ma tanto ha ancora in programma di dare.
E il Casentino, con i suoi castelli, le sue pievi, le sue foreste, con i luoghi densi di significato che esprime , con la presa di coscienza da parte dei suoi abitanti della qualità dei tesori nascosti al suo interno, ma soprattutto con la voglia di testimoniarne la presenza e il valore , ha il compito di scrivere la propria storia, la storia degli anni a venire. Ai casentinesi l’onere di tracciare la strada che intenderanno intraprendere; L’augurio di imparare il valore della memoria. Il significato dell’impegno. La capacità di rivendicare i propri talenti. Il rigetto della rassegnazione. La consapevolezza orgogliosa del presente. Con l’ obbiettivo ambizioso di “…guardare al futuro con passo più attento e sicuro…”. Di Nuovo. Ancora una volta .”
E, ancora una volta, Grazie