Pubblichiamo un pensiero di Giorgio Renzi, dopo l’evento al Museo archeologico di Bibbiena:
E’ successo domenica 29 ottobre. Nel limitato spazio del museo archeologico di Bibbiena si è ritrovata una piccola folla di persone. Per lo più di età avanzata. L’occasione era data dalla presentazione del volume “Piazza Grande: Bibbiena ed altre piazze d’Italia” curato ed edito da Vito Taverna, bibbienese doc, anche se ora trasferito in Valtiberina.
Il volume è una raccolta di poesie e di racconti che hanno come tema proprio, la piazza. La piazza Grande di Bibbiena, ma non solo. Perché, come scrive E. Sidoti nella sua poesia “A pensarle le piazze sono come le ciliege; dopo una ne rammenti un’altra”. Ed infatti l’incontro si è svolto su due direttrici: Piazza Grande di Bibbiena (che ha dato l’occasione) ed altre piazze d’Italia. Da una parte i ricordi dei bibbienesi per la loro piazza, dall’altra una riflessione sulle piazze, sulle agorà: cosa sono state nel passato, cosa sono oggi e cosa potrebbero essere. Insomma una riflessione non banale sulla società di oggi vista alla luce del ruolo o del non ruolo della piazza nella vita cittadina. Riflessione che avrebbe dovuto coinvolgere anche gli amministratori locali (rigorosamente assenti) proprio perché responsabili della organizzazione della città e della definizione degli spazi fisici e del loro ruolo nell’ambito della vita associata.
Certo nell’incontro ha prevalso l’aspetto nostalgico. E non poteva essere diversamente, visto il tipo di pubblico ed i ricordi/testimonianze che costituiscono il nucleo centrale della pubblicazione.
Due versi della poesia di Mietta Baracchi riassumono bene il clima della serata “… un’incredibile gioia / e un’ancora più incredibile malinconia”.
In particolare nelle poesie della raccolta (come anche nei racconti) prevale questo senso di nostalgia e di malinconia e, soprattutto, il senso di solitudine e di abbandono della piazza attuale (“Palazzi muti/finestre buie, borghi vuoti/finestre chiuse,/cielo scuro:/non c’è nessuno” M. Cini), messa a confronto dei vocii, delle grida, della vita della piazza di altri tempi.(“Vociare di uomini allegri, mugolii di vecchi bacucchi,..strilli di politici fasulli, salmodiare di sacre ricorrenze…” G.D. Mattiacci).
Insomma quello che la piazza è stata un tempo, il centro della vita cittadina, e quello che è diventata oggi, un luogo della memoria, una “piazza libera, solitaria e senza tempo, immobile e viva nella sua bellezza maliconica” (L. Manna).
La piazza come luogo metafisico, non più fisico, non più centro della vita di una comunità, ma abbandonata nella sua solitudine e nel suo vuoto, sostituita dalle piazze virtuali, che, a differenza di quelle reali, non aiutano i rapporti umani,, ma spingono ad una socializzazione virtuale, anticamera di disperata solitudine.
Il senso della piazza e del suo ruolo non dovrebbe essere relegato ai ricordi, alla malinconia del passato, ai rimpianti di gioventù. Dovrebbe essere il centro di un dibattito pubblico su che cosa vuol dire oggi essere cittadini di un paese, appartenere ad una comunità e come ricostruire una rete di rapporti reali, e non virtuali, riscoprendo l’uso degli spazi pubblici.
Vito Taverna ha avuto il grosso merito di stimolare i ricordi, non per un riflusso di nostalgia dovuto all’età ma come stimolo alla riapertura di un dibattito non solo tra intellettuali (e Vito lo è e di grande prestigio), ma tra tutti i cittadini e soprattutto tra politici e amministratori, se ancora la parola politica mantenesse il suo significato originario che gli diedero i nostri antenati greci.
E per completare il suo contributo di animazione politico-culturale Vito ci ha regalato anche la mostra, allestita presso la saletta del bar Il Podestà, delle opere della moglie Midori Fukami, un’artista di valore che varrebbe la pena scoprire e valorizzare. In fondo, come moglie di Vito, (purtroppo lei non è più tra noi) dovremmo considerarla tra i bibbienesi illustri, perché la Midori è sicuramente una artista illustre!
Giorgio Renzi