Andrea Ricci, da Bibbiena fino al Myanmar passando dall’Ucraina per portare un aiuto concreto

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Andrea Ricci

Andrea Ricci è nato e cresciuto a Bibbiena Stazione ed ha studiato cooperazione internazionale a Firenze.  Durante la sua carriera ha portato il suo prezioso contributo in molte località: Turchia, Corsica, Sardegna, Portogallo, Myanmar, Nepal e India. Attualmente lavora per Fondazione CESVI.

Ciao Andrea, come mai hai scelto di specializzarti in cooperazione internazionale?

Ci sono più motivi. Quando ero piccolo il mio sogno era di diventare ambasciatore e di fare una carriera diplomatica. Poi, con gli anni, ho deciso di concentrarmi sull’altra faccia della diplomazia, che è la  cooperazione internazionale. L’Italia ha due organi di relazioni internazionali: quella politico-diplomatica il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e quella di cooperazione internazionale, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS).

Ho deciso di studiare cooperazione internazionale mosso dalla convinzione che l’integrazione fra i popoli sia una delle chiavi, se non la chiave principale, per coesistere in un pianeta con risorse limitate. Sono consapevole di essere una persona molto fortunata, perché sono nato e cresciuto nel lato “giusto” del mondo, dove è più facile avere accesso al cibo ed a un tetto caldo. Questa consapevolezza mi ha portato a prendere la decisione di voler condividere questa fortuna con persone e popolazioni che sono state meno fortunate di me. Oltre a queste motivazioni, c’è stato un episodio casuale che ha influito sulla mia decisione di intraprendere questo percorso di vita: quando avevo quattordici anni i  miei parenti mi hanno portato a trovare mio zio, missionario religioso dell’ordine dei Salesiani, in Camerun. Per la prima volta sono entrato in contatto e ho visto con i miei occhi persone che soffrono le conseguenze di dinamiche socio-economico-finanziarie, politiche e sanitarie e quell’esperienza mi ha cambiato la prospettiva sul mondo: da quel momento ho dato valore al quel pane che tutti i giorni era sulla tavola che prima davo per scontato. Mi sono reso conto che c’erano persone che avevano tutto mentre altre non avevano nulla.

Cosa consiglieresti a coloro che vogliono intraprendere la tua professione?

Per prima cosa direi loro che è il lavoro più bello del mondo, perché ti permette di viaggiare e di conoscere a fondo popoli, culture e persone. Quando vado in un paese a volte ci resto mesi, anni, quindi sviluppo una conoscenza approfondita del contesto di riferimento. Questo tipo di esperienza permette di avere una nuova visione del mondo e di comprendere e capire la diversità nel suo insieme. Un altro consiglio è quello di iniziare ad approcciarsi all’argomento fin da piccoli, per esempio facendo viaggi-studio. Siamo una società che sta diventando sempre più multietnica e l’interazione apre la strada ad un’etica della responsabilità che è l’antidoto più efficace all’intolleranza e al razzismo. Questa professione non solo da grandi soddisfazioni, ma fornisce anche gli strumenti per capire il cambiamento dei tempi e per comprendere la diversità. È un’opportunità di crescita sia in abito professionale che nella vita di tutti giorni. La ricchezza di essere cresciuti fra culture diverse diventa un valore aggiunto fondamentale anche per chi si accinge ad entrare nel mondo del lavoro. Oltretutto vediamo con i nostri occhi quanto le problematiche della nostra generazione siano sempre più globali: siamo usciti da poco da una pandemia, siamo in una situazione di conflitto con delle conseguenze economico finanziare devastanti per tutto il mondo e in un’epoca in cui i cambiamenti climatici creano disastri naturali di entità sempre più grave, che spingono milioni di persone a lasciare la loro casa in cerca di una vita migliore altrove. Questo ci da una chiara visione di come le problematiche non siano di un singolo paese ma globali. Per questo motivo la risposta deve essere di tipo globale. La cooperazione internazionale o l’aiuto umanitario è uno strumento per affrontare i problemi con una visione che va oltre i singoli affari interni di una nazione.

Durante il tuo lavoro e i tuoi studi con quali culture sei entrato in contatto?

Io sono partito inizialmente dallo sviluppo locale. Il primo incarico che ho avuto è stato in Casentino per conto di Prospettiva Casentino, per un progetto di studio e di analisi del territorio. Ho avuto la possibilità di lavorare con grandissimi imprenditori locali che mi hanno insegnato a gestire le problematiche anche da un punto di vista imprenditoriale. Successivamente ho lavorato in Corsica, Sardegna, Turchia e Portogallo. A seguito del devastante terremoto del 2015, sono andato a lavorare in Nepal, per un progetto mirato a ricostruire il tessuto economico nepalese. Negli anni seguenti ho continuato a lavorare in Asia, in Myanmar e in India. Negli ultimi mesi ho lavorato, per conto di CESVI, nel confine Ungherese con l’Ucraina.

Recentemente sei andato ad aiutare la popolazione ucraina per conto di CESVI. Come si sono svolte le operazioni di soccorso?

Il progetto di CESVI a cui ho partecipato ha avuto inizio nei primi giorni di marzo. CESVI è una delle principali organizzazioni non governative italiane che è attiva in Ucraina dal primo giorno. Il supporto di CESVI  si è concentrato in particolare sui paesi confinanti, precisamente la Romania, la Polonia e l’Ungheria, per dare supporto ai rifugiati ucraini. Io ho dato supporto ai rifugiati in Ungheria, che sono stati costretti dagli eventi ad abbandonare le loro case e i loro cari. Col tempo l’emergenza principale di questa crisi si è spostata dentro l’Ucraina stessa e di conseguenza anche il focus di CESVI si è sempre più concentrato all’interno dell’Ucraina. In particolare CESVI attualmente è impegnata a sostenere la popolazione che ha scelto di stare in Ucraina che dovrà affrontare un gelido inverno, donando beni di prima necessità come latte, barrette energetiche, omogeneizzati per i più piccoli, biscotti, bevande calde e coperte.

CESVI è tuttora attiva con progetti di supporto agli sfollati interni. Quindi, per quanto riguarda eventuali i contributi, vi consiglierei di consultare il sito di CESVI. Il contributo da parte di tutti è fondamentale ed è quello che ti fa anche sentire parte di una famiglia più grande. CESVI è attiva con 113 progetti in quattro continenti: Africa, Asia, America Latina, Europa e anche in Italia, raggiungendo migliaia di beneficiari, e questa crisi si sta riflettendo in molti altre nazioni. Non solo dal punto di vista finanziario per l’accesso all’energia ma anche, per esempio, per il blocco del grano, che sta causando un’emergenza nel Corno d’Africa. Questo fatto fa capire quanto sia importante affrontare le sfide delle nostra epoca in una maniera globale, unendo le forze e cercando di trovare le risposte adeguate essendo consapevoli che un problema in qualsiasi parte del mondo si potrebbe riflettere anche sulle nostre vite.

Perché è importante riconoscere e insegnare alla nostra società il valore della multiculturalità? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Oggigiorno viviamo in un’era in cui ancora si costruiscono muri e si separano le persone. Quello che possiamo e quello che io intendo fare è di sfondare questi muri e favorire il dialogo con un unico scopo: conoscerci, incontrarci e confrontarci. La diversità è un arricchimento a livello umano sia per noi stessi che per gli altri. Per questo è importante insegnare ai più piccoli il valore della diversità e dell’inclusione, di educarli al dialogo, al confronto e all’empatia. Per quanto mi riguarda vorrei sempre apprendere nuovi strumenti per fare la differenza nella vita delle persone. Magari un giorno potrei  decidere di riabbracciare l’idea di una carriera diplomatica.

Quali sono le tematiche da valorizzare in Casentino per aiutare la salvaguardia dell’ambiente?

Il nostro è un territorio fantastico in cui ancora c’è tanto da fare. Per esempio si potrebbe lavorare per essere sempre di più una comunità in grado di affrontare in maniera unificata le sfide della nostra epoca. Oggi viviamo una crisi energetica, potremmo andare noi stessi a rinnovare il nostro sistema di uso e produzione dell’energia in maniera più sostenibile. Il Casentino è un territorio che ha un buon rapporto con la natura, quindi è importante continuare preservarlo a livello ambientale. Molto importante è anche salvaguardare il sapere artigiano. Queste tematiche potrebbero essere valorizzate per rendere il Casentino un “importante attore”  nella salvaguardia del pianeta in cui viviamo.

Il progetto di Cesvi in Myanmar

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Valentina Fiorini
Nata nel 1992, cresce a Pratovecchio Stia (AR) per poi trasferirsi per alcuni anni a Pisa. Si è diplomata in Informatica all’ISIS Enrico Fermi di Bibbiena (AR). Successivamente si è laureata a Pisa in Informatica Umanistica. Nel 2019 ha conseguito una certificazione in Web Design. Durante il periodo di studi all’università ha svolto un tirocinio curricolare come catalogatrice bibliotecaria presso la Biblioteca di Pratovecchio Stia, scrivendo poi una tesi dedicata al funzionamento della catalogazione online dei volumi della biblioteca riguardanti il Casentino con un’accurata analisi per la loro corretta collocazione, secondo le regole REICAT di catalogazione, nell’OPAC aretino. Attualmente lavora come Web Designer, Social Media Manager, SEO (Search Engine Optimization) Specialist, Editor di video e programmatrice informatica. Collabora con l’Associazione Culturale Scrivi la tua storia e con il Premio Letterario Donne tra ricordi e futuro. Ha svolto il ruolo di mentor nell’associazione Pisa CoderDojo, che si occupa di spiegare in maniera semplice e divertente le basi dell’informatica ai bambini. Ha molti hobby fra cui il disegno, il crafting, la fotografia, la cucina, la lettura e la scrittura. Ha una grande passione per la cultura pop e in generale per tutto quello che riguarda i fumetti, i libri, le serie tv, i videogiochi, la musica e il cinema. Dal 2021 collabora con Casentino Più.

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