Ti chiamerò Flora
Questa è una storia d’amore apparentemente al pari di una delle tante altre nate in tempo di guerra, che la guerra ha diviso e la pace ha poi consolidato. Questa storia però ha un aspetto che la caratterizza e che è significativa del titolo. Una storia vera, che la memoria ha tramandato e ritrovato vita per mezzo di chi ha nel suo sangue lo stesso sangue dei protagonisti, raccontata ai nipoti da chi questa avventura di vita, amore e guerra, ha vissuto e che una delle nipoti, dopo averla serbata tanto tempo nel suo cuore, ha deciso di divulgare, a memoria del futuro e quasi come monito di ciò che la guerra di male assegna alla vita.
Siamo nel 1942, a Badia Prataglia, luogo in cui la diciannovenne Emenegilda Teodorani, detta Gilda, trascorre le sue vacanze estive. Gilda proviene da Cesenatico da una famiglia benestante di pescatori e la prosperosa romagnola attira gli sguardi dei giovanotti locali e anche l’ammirazione di uomini meno giovani, per quanto è bella. Qui incontra Floro Bigiarini, coetaneo di Gilda, piccolo, scarno, vivace e risaputo dongiovanni; Floro appartiene ad una famiglia tutt’altro che abbiente, ultimo di quattro figli, adorato dalle tre sorelle e garzone di bottega dell’unico barbiere del paese.
Nasce un grande amore che vivono intensamente fino alla chiamata alle armi di Floro. La guerra è nell’aria. Il giovanotto poco dopo parte per la guerra, viene catturato e internato in un campo di concentramento. Grazie alla sua esperienza di barberia, gli viene affidato l’ingrato incarico di rasare i detenuti condannati a morte, lavoro che svolge suo malgrado ma che gli permette non solo di salvarsi la vita, ma di godere di una posizione “privilegiata” e gli viene così concesso di tenere una corrispondenza con Gilda. Da questo epistolario Floro apprende che da quell’unica notte d’amore consumata prima della sua partenza, nascerà un figlio. Grande è la gioia di Floro, ma al contempo grandi sono le preoccupazioni per lo stato in cui si trova Gilda, la quale inizialmente tiene nascosta la sua gravidanza alla famiglia, ma che poi si troverà costretta a rivelare quanto successo, vista l’impossibilità di nascondere il futuro evento. Le due famiglie si incontrano e si accordano per sostenere la diciannovenne futura madre senza un marito e con un figlio che forse non avrà un padre .Nelle poche lettere che i due innamorati riescono a scambiarsi decidono che questa creatura porterà il nome paterno a prescindere dal sesso e Gilda spesso ripete la frase “ti chiamerò Flora o Floro”, quasi ad evocare quel nome nella speranza di una lieta risoluzione della guerra e del loro amore. Gilda inoltre promette che se il suo amato fosse ritornato sano salvo, dedicherà la sua vita a prodigarsi per il prossimo, fioretto che ha adempiuto fino a che le forze glielo hanno concesso.
Il 6 Marzo del 1943 nasce a Cesenatico Flora, e Gilda riesce a far pervenire al suo amato una piccola foto della loro bambina. Questa foto sarà la forza per Floro di mantenersi in vita, per potere tornare a casa, onorare Gilda e provvedere alla piccola Flora. Un’amica della famiglia Teodorani chiede di potere tenere a battesimo la neonata e desidera che porti il nome della sua bambina malata e in fin di vita, infatti verrà registrata come Laura, ma chiamata sempre, da subito e tutt’ora, Flora.
Trascorrono diversi anni e finalmente nel 1946, dopo essere sbarcato a Genova e attraversato a piedi o con mezzi di fortuna l’Appennino, irriconoscibile per gli stenti subiti, finalmente Floro riesce a raggiungere la famiglia, abbracciare la sua Gilda e la piccola Flora. Alcune settimane dopo la famiglia si costituisce ufficialmente e sarà proprio la piccola Flora ad accompagnare all’altare i genitori per coronare il loro sogno d’amore. Dalla loro unione nasceranno poi altri 3 figli: Eugenia, Danilo, Cesarina.
Queste le parole di Livia Marri, la nipote, custode di questa avventura di vita:
«Sono venuta a conoscenza di questa storia solo il giorno in cui Floro ha lasciato questa vita. Custodisco gelosamente le lettere che aveva riportato e che portava sempre con sé, datate 1943 -1946, che raccontano questa storia d’amore in tempo di guerra, ma mai rivelata prima, per preservare la famiglia da tanta sofferenza, tenendo chiuso nel proprio cuore tutto ciò che aveva passato, tutto il dolore e l’orrore della guerra, lasciandomi testimone di un vissuto, perché lui ,prima di me, aveva capito che un giorno avrei avuto il coraggio e l’onore di raccontarlo. Floro e Gilda erano i miei nonni e Flora è la mia mamma.»