Dal Casentino: mascherine… d’altri tempi

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Di Luca Grisolini e Federica Del Grazia

E’ stato più volte affermato che il contesto storico della pandemia Covid19 per certi aspetti attualizza il contesto vissuto dalle generazioni passate o più anziane durante la seconda guerra mondiale… Di sicuro, un elemento in comune c’è: la presenza diffusa dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale.
Oggi vi facciamo conoscere una piccola collezione privata messa insieme in 20 anni che unisce varie tipologie di maschere antigas, militari e civili, tedesche e italiane che nella gran parte dei casi vengono da un unico contesto territoriale: il Casentino. Ciò ci permetterà di comprendere alcune dinamiche estremamente interessanti e assolutamente curiose prettamente legate al territorio di provenienza.
In quanto a mascherine, quindi non state a cercar la vostra: per oggi ce le mettiamo noi!
-: -35 : , 1938-39. Principalmente costruita in gomma naturale, dotato di lacci in canapa e contraddistinta dal caratteristico filtro color testa di moro. Fu prodotta fino al 1942. L’equipaggiamento dei nostri soldati era inoltre costituito da un contenitore in canapa, ricambi dei dischi anti appannamento, ricambi in gomma del collettore filtro e ovviamente la cosa fondamentale: le istruzioni d’uso. Curiosità: negli anni 30 e 40, la Pirelli e l’Industria Articoli Caoutchouc furono i principali fornitori del Regio Esercito Italiano, dedicandosi in continue evoluzioni, prototipi e studi che portassero a miglioramenti dell’ergonomia della maschera e una maggiore efficenza delle attività di filtraggio.
38 – ℎ, , 1939 40 – , , 1940.  Il caratteristico colore giallo del filtro indicava in generale le produzioni ad uso civile o comunque non militare. Il tappo rosso di raccordo che connette la PC40 al filtro è propriamente chiamato “Tappo da esercitazione”: la confezione della maschera prevedeva infatti la separazione di maschera e filtro, che per mantenere la propria integrità doveva rimanere ben tappato e privo di contatti inutili con aria e sporcizia. Il tappo rosso favoriva, al tempo stesso, le modalità di allenamento e il trasporto in un pezzo unico della maschera, preservandone al contempo l’integrità. Curiosità da “collezionisti”: le maschere antigas civili erano enormemente meno diffuse e reperibili sia nelle cantine sia nei mercatini (questo fino a qualche anno fa) di quanto non lo fossero le maschere civili. Questo essenzialmente per due motivi: 1) le maschere militari erano acquistate e distribuite a carico dello stato; quelle dei civili erano prevalentemente a carico dei privati, elemento che conseguentemente ne determinava, per i tempi, la minore diffusione; 2) le maschere civili erano principalmente diffuse in ambienti cittadini o industriali, e non nelle campagne e nelle zone fortemente agricole, ove il rischio di eventuali bombardamenti era sensibilmente più basso. Il paese di Stia in questo senso, fa eccezione rispetto ad altre aree del Casentino: questo in virtù della presenza di un lanificio efficiente che dava lavoro in quel momento storico a oltre 200 persone. Nella fabbrica dei Lombard le maschere civili erano diffusissime, così come erano diffusissime le maschere militari, dato lo status del paese quale centro di addestramento della fanteria e dell’artiglieria e sede della scuola Allievi Ufficiali (anni del secondo conflitto mondiali). Finita l’emergenza bellica, molte maschere presero strade diverse dal proprio uso previsto originario: opportunamente ritagliate, le maschere diventavano per esempio occhiali da motociclisti; banalmente venivano anche usate durante l’ utilizzo di vernici e tintura. Non mancò neppure chi tentò, come ricorda una mitica scena del film Mediterraneo con protagonista Claudio Bisio, l’utilizzo come maschera da sub, con risultati fallimentari evidenti.
sin: -33 ‘ -, , 1944 dx: 37 ℎ ℎ : ; : ℎℎ 1940 .  Come nel caso delle maschere militari, ovviamente l’utilizzo paramilitare spingeva ad abbianare le maschere ad accessori e contenitori che ne favorissero la conservazione in efficienza.
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40, /
, 1944
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1934
Si noti come nelle maschere tedesche l’aspetto (oltre che il materiale e la struttura del filtro) tra dispositivi militari e civili cambi completamente.
. 30 ( 30) ‘ ()
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, 1943
Nell’ideale collettivo, la maschera antigas e il suo famoso tubo contenitore (Canister) rappresentano, unitalmente all’elmetto, l’elemento di contraddistinzione del soldato tedesco. In effetti, ciò dipende sia dal particolare design del canister e dalla sua vistosità, ove tutti gli altri eserciti, inglesi e italiani in testa, prediligevano le borse e gli zaini. Tra il 1930 e il 1945 vennero prodotti due tipi di maschera (GM 30 e GM 38) e si alternarono grossomodo 6 tipologie di contenitori: in questa foto sono ritratti la tipica versione corta (prodotta fino al 1938) e due tubi “versione lunga” mod.1938, i più diffusi anche tra i soldati che operarono su tutto il fronte italiano.
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, 1940
Le operazioni di sanificazione e mantenimento in efficienza dei DPI è importante: ieri come oggi!

 

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Luca Grisolini
Nato dal 1990, vive, cresce e lavora a Pratovecchio Stia. Laureato alla Cesare Alfieri di Firenze in Scienze Politiche nel 2012 e specializzatosi in Sociologia e Ricerca Sociale nel 2016, ha terminato (per ora) il percorso universitario con un Master di II livello in Scienze Forensi (Criminologia, Investigazione, Sicurezza e Intelligence) presso La Sapienza nel 2017. Dallo stesso anno fa parte del team di ricerca dell’Osservatorio per la Protezione dell’Economia dell’Impresa del Centro Interdipartimentale Studi Strategici, Internazionali e Imprenditoriali dell’Università di Firenze. E’ Socio Qualificato Senior dell’Associazione Nazionale per la Compliance delle Regole. Dal 2014 è libero professionista e opera in un campo poliedrico di servizi che vanno dalla consulenza e progettazione alla formazione rivolta ad aziende, studi legali, enti pubblici e scuole. Sin da giovanissimo sviluppa due passioni, di cui farà un motivo di vita e un impegno costante: la memoria e la militanza culturale. Entrato a 12anni nell’ANPI, a 15 ne diventa portavoce giovanile provinciale, in una lunga carriera che lo porterà ad essere il Presidente Provinciale più giovane d’Italia nel 2016 (carica decaduta nel 2019 con la nomina a Consigliere Comunale della Cultura del Comune di Pratovecchio Stia). Dal 2019 è membro del Lions Club Arezzo Nord Est. Parallelamente sviluppa l’impegno culturale, dedicandosi in età giovanile alla produzione poetica (ottenendo più volte riconoscimenti al Premio Casentino) e dal 2006 alla critica letteraria e artistica: nel 2010 è inserito nella “Letteratura Italiana del XXI secolo: primo dizionario orientativo degli scrittori”, mentre nel 2011 sigla alcune note critiche nella “Letteratura Italiana Contemporanea” con saggi introduttivi Neuro Bonifazi, Giancarlo Quiriconi, Rodolfo Tommasi (entrambe presso le edizioni Helicon). Nel 2011 introduce l’Agenda letteraria Arte e Pensiero con il saggio “Carlo Cattaneo, l’azione e pensiero del padre del federalismo italiano”; un suo saggio del 2013 (nato come prefazione all’opera di Nives Banin “Il Biennio Rosso”) è citato da Bruno Vespa nel best seller “Come l’Italia diventò fascista”. Negli anni si dedica anche alla curatele artistica, organizzando tre esposizioni di arte contemporanea e diventato Responsabile per gli Eventi Esterni di Pratovecchio Città degli Uffizi (2016). Nel 2017 la sua tesi di laurea specialistica dedicata alla strage di Vallucciole ottiene il Riconoscimento della Presidenza della Camera nell’ambito del Premio Spadolini Nuova Antologia; successivamente, l’opera verrà pubblicata dalle Edizioni dell’Assemblea del Consiglio Regionale della Toscana con il titolo Vallucciole, 13 aprile 1944. Storia, ricordo e memoria pubblica di una strage nazifascista”. Altri suoi saggi sono diffusi su pubblicazioni scientifiche e letterarie. Si segnalano Storia essenziale della Resistenza in Casentinese” in A.Brezzi, “Poppi 1944. Un paese nella Linea Gotica” e Vallucciole covo partigiano: 13 settembre 1943 – 11 novembre 1943 in A. Busi, L,Conigliello,P. Scapecchi (a cura di) “La Rilliana e il Casentino. Percorsi di impegno civile e culturale. Studi in ricordo di Alessandro Brezzi”. Dal 2012 collabora con il mensile Casentinopiù.

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