Anni fa, quando percorrevamo le nostre strade ed autostrade, era frequente vedere la scritta “Dio ti vede”, che bontemponi pseudoreligiosi diffondevano a piene mani nella convinzione che quella scritta ci avrebbe spinti a comportarci bene. Una idea di Dio vendicatore, poliziotto!
Ma allora eravamo nell’era pre-digitale. Non c’erano i social network (facebook, twitter, instagram ecc.). Oggi gli stessi buontemponi impazzano sui social e vediamo meno scritte sulle strade, perché trasferite sulle piattaforme digitali.
Ma c’è una novità. Questa voglia di farci controllare, questo voyeurismo giustificato dal bisogno di sicurezza, sta incuneandosi anche nelle nostre amministrazioni comunali. Così vediamo sindaci di diverse appartenenze diventare leghisti a loro insaputa, trascinati dallo storitelling che gli Italiani vivono nel terrore, nella paura continua, anche se non si sa bene di chi. Basta guardare i programmi dei diversi candidati alle ultime amministrative. Il problema “sicurezza” era nelle priorità di tutti. Certo, declinato in modo diverso e anche contrapposto. Ultimamente, poi, è significativo quanto successo al comune di Poppi. È stato approvato un documento proposto dalle minoranze che, sostanzialmente, riduce tutto il problema della sicurezza all’installazione di tante telecamere di video sorveglianza.
Insomma siamo passati dal “Dio ti vede” al “Sindaco ti vede”. Come se non bastassero già i controlli di Google, di Facebook di Huawei ecc., che monitorano ogni nostro movimento, ogni nostra azione, ogni idea che esprimiamo.
Cari sindaci, nessuno vuol sminuire il problema della sicurezza, che, certo, esiste, ma è volutamente incrementato e alimentato da precisi obbiettivi politici. Non rendersi conto di questo vuol dire lasciarsi trascinare nell’ideologia “salviniana” della paura come strumento di consenso e di potere.
Mentre mettete tutte le videocamere di sorveglianza che volete, a qualcuno può venire in mente che solo una cultura della convivenza, del rispetto reciproco e della solidarietà può aiutarci a vivere meglio e con più tranquillità? Perché non si investe un pochino in progetti di formazione, di educazione che ci facciano uscire dall’idea di uno stato poliziesco, che sembra diventare la cultura dominante? Sappiamo che non va di moda parlare di scuola, di educazione, di cultura, ma se non ci pensano i sindaci a uscire dal conformismo dell’ideologia dominante, chi ci deve pensare?
Gli stati polizieschi non hanno mai abbattuto la paura anzi l’hanno creata e utilizzata come strumento di potere, sempre più autoritario. Dai sindaci ci aspetteremmo un’idea diversa e più avanzata di sicurezza, in cui assieme, certo, ai necessari controlli, si faccia una grande sforzo educativo, che parta dalla battaglia contro il bullismo nelle scuole (che sta iniziando in età sempre più basse e crea una cultura diffusa della sopraffazione del più forte sui più deboli), e diffondendo una cultura della convivenza pacifica, unica garanzia di una società libera e pacificata.
Molti parlano giustamente di sicurezza integrata e partecipata. Ma vediamo che per molti nostri sindaci per integrazione si intenderebbe esclusivamente l’integrazione tra i corpi di polizia, statale e municipale. Insomma non ci si scosta da una concezione poliziesca ed esclusivamente repressiva di sicurezza, senza alcuno sforzo di lavoro sulla prevenzione.
Comunicato stampa
Movimento Arturo, Circolo Bibbiena e Poppi – Luca Tafi, Giorgio Renzi
26 agosto 2019