Fantasticando: “IL GATTO E IL GOMITOLO DI LANA”

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IL GATTO E IL GOMITOLO DI LANA

Esisteva una bambina che aveva il potere di dar vita alle cose, ai giochi, e il modo che aveva di giocare era vivace e creativo, nulla con lei poteva permettersi di essere inerme. La mamma della bambina era orgogliosa del modo che sua figlia aveva di interagire, oltretutto anche lei con la fantasia andava volentieri a braccetto. Quando la piccola Giusi giocava, rappresentava vere e proprie vicende, metteva su storie, svolgeva aneddoti precisi di vita, e il tutto divertendosi un mondo, insomma, Giusi non faceva mai niente a caso o per caso. Una sera i genitori della bambina si misero ad osservarla senza farsi notare, così poterono assistere a un qualcosa di meraviglioso. La piccola aveva preparato nella sua stanza dei giochi, tanti piccoli lettini sacrificando gli strofinacci da cucina della mamma che fungevano da coperte. In ogni lettino aveva messo un animaletto di peluche che Giusi si divertiva a curare, essendosi trasformata in un eccellente veterinario, uno straordinario e buffo dottore che aveva per camice la pesante vestaglia a scacchi del babbo, che a lei ciondolava da tutte le parti per quanto le stava grande. Le maniche avevano più risvolti, facendo sembrare i suoi bracciotti più larghi che lunghi e che la costringevano a goffi movimenti, e quando si muoveva per visitare i suoi pazienti, reggeva la vestaglia con tutte e due le manine, che sembrava una dama pomposa. I due genitori si godevano questo meraviglioso film interpretato e diretto dalla loro creatura e a stento trattenevano le risa. Giusi aveva in mano un taccuino dove trascriveva tutte le patologie dei suoi animaletti riportando sul blocchetto delle linee continue e ondulanti, che nessuno nel mondo avrebbe mai potuto leggere. Ogni tanto si chinava davanti a un lettino dove deponeva una bianca tic tac che rappresentava la cura, mentre col dito alzato brontolava l’importanza di assumere i medicinali e i benefici che questi apportavano. Ad ognuno dava un piattino di carta sul quale c’era ogni tipo di minestrina, che Giusi rubava in continuo dal mobile della cucina. Gli animali più gravi erano quelli che la bambina metteva sdraiati e a loro toccavano le carezze più dolci e i baci più bagnati, mentre il babbo e la mamma si scioglievano d’orgoglio e ammiccavano tra loro le straordinarietà della loro bambina. Giusi si calava davvero tanto nel personaggio, da sembrare un dottore severo e brontolone che non scherzava affatto con la salute dei propri pazienti, che aveva conciato cosi: Ad un cagnolino bianco a macchie nere, consigliò del latte di mucca in quanto, secondo lei il bianco del manto era un tanto giallognolo e il latte l’avrebbe aiutato a sbiancarlo un pochino. A un ciuchino celeste individuò una criniera un po’ rinsecchita e gli consigliò delle pasticche di balsamo. Ad un canarino giallo che Giusi rifiutava di chiamare Titti, notò gli occhietti troppo scuri e quindi gli mise davanti un tovagliolo bianchissimo che il povero canarino doveva guardare senza distogliere lo sguardo, per almeno dieci ore al giorno, mentre invece a un gattino che era cucito con tutte le quattro zampe su di un gomitolo di lana, ordinò di non giocare troppo, altrimenti sarebbe dimagrito oltremodo. I due genitori continuando a sorridere, decisero che per quel giorno gli poteva bastare così tanta fantasia e andarono in cucina a mettere insieme qualcosa per cena. Mentre apparecchiavano con grande complicità ridevano per ciò cui avevano assistito e dopo non molto furono pronti, tavola preparata e pentola fumante, quindi si diressero a chiamare la bimba per sedersi tutti a tavola insieme. Quando i due furono sulla soglia della stanzetta dei giochi della bambina, videro che Giusi era ancora avvolta nel suo camice a scacchi, il canarino fissava sempre il suo tovagliolo bianco, il ciuchino celeste non voleva saperne di ingoiare pasticche, il cagnolino non aveva bevuto neanche un po’ del suo latte di mucca, ma i due genitori rimasero di stucco di fronte a una scena a dir poco fantastica: il gattino correva  per tutta la stanza e ogni tanto afferrava il suo gomitolo di lana arancione  e poi ci pedalava sopra con tutte e quattro le zampe e questa volta era Giusi che rideva a crepapelle! Quella sera furono i genitori a non avere appetito.

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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