Classe 1974, origini bibbienesi e poi migrato a Poppi, Federico Canaccini è un casentinese DOC ed è anche un professore e uno studioso. È docente di ruolo nella scuola pubblica e dottore di ricerca in storia medioevale. È stato ricercatore a tempo (rigorosamente) determinato a Roma (sempre in storia medioevale) e vanta numerose pubblicazioni e collaborazioni. Nonostante questo e come spesso accade (purtroppo) in Italia, sembra sia più apprezzato all’estero che in patria. Nell’ambito della nostra ricerca sui casentinesi eccellenti, in Italia e all’estero, abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Canaccini per capire meglio di cosa si occupa attualmente e quali siano i suoi progetti futuri.
Federico, anzi, Prof. Canaccini, c’è un detto latino che dice: nemo propheta in patria. Lei è d’accordo?
Mi trova abbastanza d’accordo. Attualmente, infatti, sto lavorando negli Stati Uniti e qui sembra che il mio lavoro (e la mia professione in genere) sia molto più apprezzato.
Di cosa si sta occupando negli States?
Tre anni fa ho vinto una borsa Fulbright, una borsa di studio per scambi culturali tra USA e Italia. Sono stato invitato a Washington DC a tenere un corso sulla Storia della Guerra nel Medioevo, alla Catholic University of America. Le mie ricerche sono focalizzate sul Ghibellinismo toscano, un tema che dovrebbe essere caro all’università presso cui mi sono addottorato (Firenze) e ai professori che mi hanno condotto sino a quel titolo. La mia tesi è stata pubblicata a tempo di record dall’Istituto Storico italiano per il Medio Evo, in collaborazione con la Biblioteca Rilliana e con un finanziamento di Banca Etruria: la mossa scontentò una parte di accademici. E così, non solo per questo, fine dei giochi per me.
Mi pare di capire che si stia trovando meglio negli Usa che in Italia.
Le faccio solo un paio di esempi: sono stato accolto dall’Università di Princeton come Visiting Research Collaborator per il semestre dell’autunno 2016 e, in tre mesi, mi troverò a tenere 10 conferenze. Sono stato invitato alla Columbia University a Fordham, al Middlebury College, a Holy Cross, al Ramapo College e parteciperò a conferenze a Philadelphia e in North Carolina. Sono stato invitato addirittura in Guatemala a parlare di alimentazione e storia. Tutto ciò, in Italia, almeno per me, è semplicemente fantascienza… a meno che non si entri nelle grazie di un circolo e si abbia la fortuna di non cadere malauguratamente in disgrazia.
E per quanto riguarda il modo di insegnare, ha rilevato differenze tra le modalità italiane e quelle d’oltre oceano?
Negli States ho avuto modo di applicare modalità didattiche molto più dinamiche, divertenti, coinvolgenti e, tramite queste, sono riuscito a creare un clima empatico con gli alunni. Inutile dire che questo modo di dialogare suonerebbe come “ridicolo” e poco professionale in patria: non sono mai stato convinto che insegnare la storia (o altro) debba coincidere con annoiarsi, con paroloni altisonanti. Non è la forma che rende qualcosa interessante o avvincente, ma la sostanza. In questo il contatto coi ragazzi delle medie è di enorme stimolo per me. I cattedratici universitari (ma anche ad altri livelli scolastici) spesso lo dimenticano. Specie quelli di casa nostra. E gli studenti se ne accorgono. Ci si dimentica troppe volte che i docenti sono a servizio degli alunni; siamo stipendiati per insegnare e l’obiettivo è che gli alunni imparino. Se si sorride anche, e non ci si annoia, tanto meglio.
E quando tornerà in Italia che progetti ha?
Attualmente sono assegnista di ricerca all’Università di Bari in co-tutela con l’Università Pontificia Salesiana, per l’edizione critica dei primi due volumi di Questioni quodlibetali, un genere diffuso tra Due e Trecento, opera di un filosofo vissuto alla corte di Napoli ai tempi in cui vi studiava diritto il Boccaccio: Giovanni Regina.
Sappiamo anche che sta portando avanti un importante progetto con la Biblioteca Rilliana di Poppi: la creazione di un Museo sui Guelfi e sui Ghibellini, ce ne vuole parlare?
Sì, stiamo cercando di creare un percorso museale riguardante le fazioni tanto care a noi toscani. L’obiettivo sarebbe quello di sfatare alcuni luoghi comuni, a cominciare dai Ghibellini dipinti quali nemici della Chiesa e i Guelfi devotissimi, di illustrare le principali vicende storiche legate ai nomi, ai significati, ai simboli e agli eventi politici e bellici che hanno caratterizzato le vicende delle lotte di fazione.
Vi dovrebbero essere esposti pezzi originali e repliche, alcuni plastici e molto altro. La ricostruzione del grande plastico della battaglia di Campaldino, attualmente esposto al castello, sarebbe allora solo una parte di un percorso didattico che ha in Poppi e nel Casentino un ottimo sfondo per le vicende del conflitto tra Guelfi e Ghibellini, con la partecipazione di un ospite d’eccezione: Dante Alighieri.
Il museo vorrebbe essere un percorso didattico, semplice, rivolto ai ragazzi ma anche agli adulti: linguaggio chiaro, con degli approfondimenti per i più grandi. L’obiettivo è insegnare qualcosa. Quando il visitatore avrà finito il percorso potrà dire: “Ora ho capito qualcosa in più su questi benedetti Guelfi e Ghibellini!”
L’idea era iniziata già con il precedente bibliotecario Sandro Brezzi e ora prosegue con l’attuale amministrazione e il responsabile della biblioteca Roberto Salvi che si sta spendendo per la realizzazione del museo. Spero proprio di riuscire in questo progetto a cui tengo molto. Insomma, mi trovo bene negli States, ma riuscire a fare qualcosa di importante per il proprio paese sarebbe davvero fantastico.