Figure del paesaggio: il “Templum Sokaninum”

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Di Enrico Ciabatti


Distinguiamo una “Geometria delle FIGURE naturali”, ove al “paesaggio celeste” risponde o corrisponde il “paesaggio geografico”, da una “Geometria dei FENOMENI naturali, statici o dinamici che siano: vedi i disegni o schemi di flusso dei venti e delle piogge, delle correnti marine e del fluire di un corso d’acqua, ecc., secondo la oramai nota “teoria della complessità” e cioè in rapporto ad una molteplicità di condizionamenti (ostacoli,ecc.) fisici e/o chimici al fluire stesso.

Facciamo qui un paragone tra le due nostrane configurazioni geometriche della “Biblena” e della “Sokanina” Terra.  Come già annotava il p. Vitali in due esametri citati dal Ghiaccini alla pag. 56 del suo tomo “Cronache di Bibbiena e del suo Territorio”, Fruska,2014, la figura geometrica disegnata dal Creatore (dunque non ingegneria o architettura umane!) intorno alla “sacra Terra” bibbienese  è un rettangolo che coincide con il mio “Promontorio di Camenza”!  Camenza è una “sella” tra il Vessa e l’Archiano a metà,circa, del Promontorio stesso! Questo Promontorio si protendeva nel Lago pleistocenico di cui parla Carlo Starnazzi (Ciggiano, AR, 8 Ottobre 1949 – Rassina, AR, 25 Giugno 2007)  nel suo libro del 1988 “Fossili e Preistoria nelle Valli Aretine”.    L’oblungo rettangolo o figura geometrica naturale corrispondente a questo mio Promontorio ha a Nord il Poggio Baralla (1204 m. circa di altezza) con alla sua bassa pendice la Fortezza di Gressa, mentre ai tre rimanenti lati è presidiato da tre corsi d’acqua: l’Archiano ad Owest, l’Arno a Sud e il Vessa ad Est. Ed ecco il mio inedito corollario: è lungo il Torrente Vessa che l’insediamento “Biblense” è sorto ancor prima di Gressa (“gradior”: “comincia la salita”!) e prima dell’altro caposaldo di S.Andrea (oggi “Le Monache”) a Sud. Il Palazzo dei Tarlati è la terza ed ultima o recente fortificazione in ordine di tempo: un palazzo di villeggiatura e non un rude maniero! In effetti a Pier Saccone premeva l’originario caposaldo bibbienese di Gressa e morì di crepacuore quando “intorno al centinaio di anni” (Matteo Villani: “Cronica”),cioè nel 1355, gli fu tolta dal Vescovo di Arezzo e dagli Ubertini! Pietro Tarlati (questo è il nome di Pier Saccone) intimò al figlio di riprendere Gressa e Marco Tarlati ubbidì, ma fallì e fu indotto ad una politica diplomatica, ragion per cui nell’Autunno 1358 (vendemmia) è databile (me auctore) il “rapimento” a Bibbiena della “bella Bartolomea”, una popolana guelfa (giallo -rossa) “fondaccina”, mentre “faceva il bucato” sulla dx sponda del Torrente Vessa. Ricordo che nella mia fanciullezza mia madre mi favoleggiava di una “regina bianca e rossa”, appunto, e sappiamo che la favola è un modo di raccontare la Storia Minore o locale. Il giovane e nobile Marco “piazzolino” e ghibellino (bianco – azzurro) ancora fallì! Anche il “principe bianco e azzurro” delle favole è messo a dura prova! Così lei tornò nel natio Fondaccio l’anno successivo, nell’Estate 1359 (mietitura) ma il popolo guelfo e fondaccino bibbienese si ribellò perché questa “love story”, come quella di Paolo e Francesca danteschi o Giulietta e Romeo shakespeariani, non ha un felice esito (omissis!) e con Marco si estinguono i Tarlati di Pietramala! La rivolta fini “a tarallucci e vino”(E gri’!) ma Marco restò senza eredi! Vedi anche i colori di Gressa, in rapporto al  Carnevale Bibbienese (1343), rievocazione di una Storia Minore e non “leggenda”! Il canto di “E gri” ed altri sono stati da me restaurati nel testo!          Un altro rettangolo racchiude strategicamente anche la “Sokanina Terra”, protetta a Nord dal Pojo Major (Poggio Maggiore o “Poggiomaggio”) e presidiata nei restanti tre lati da tre corsi d’acqua in questo ordine confluenti: ad Owest il “Sokanellae rivus” dalle biancastre acque (per qual causa?) il quale confluisce nel Soliggine che scorre a Sud ed a sua volta confluisce nell’Arno il quale scorre ad Est. Anche per Socana è chiaro che il primitivo insediamento o la prima direttrice di antropizzazione dell’area lacustre discende lungo la montana gola ”Sokanella”, ragion per cui il primo tempio sacro precristiano e primordiale (preetrusco) insisteva ove oggi sta la devota “Chiesina del Trebbio” (direttrici viarie) dedicata ad una Divinità Italica e poi alla Vergine Madre.

Ancora a proposito di perfette analogie o figure geometriche identiche, faccio osservare che anche a Rassina la Chiesa patronale (San Martino di Sabaria) è ubicata alla foce del  torrente omonimo ed ancora in riva sinistra (come al Trebbio Sokanino)!

Ma qual è la verità toponomastica? Per fare chiarezza devo precisare che Socana, intesa come località, non esisteva quando l’area valliva era ancora un lago pleistocenico. Quando il lago si è lentissimamente prosciugato la prima area abitabile è stata quella della gola che scende da Nord verso Sud (“passumena” e cioè solatia!) corrispondente all’attuale letto del Torrente oggi detto Scannella (un equivoco solecismo!) che deriva dall’elisione “S’canella”, la quale si richiama al latino lemma “Sokanella” derivante dalla voce verbale “saucio” (arare), In effetti la stretta ma fertile piccola valliva insenatura del Sokanella fu il primo lembo di “terra arabile” (questo è il significato di “Socana”). Ho anche collegato nel Dic. 2021 l’etimo “biblòs” (ciperacea lacustre) con “Biblena” (non Beblena!) che sta per “terra boscosa” del mio “Promontorio di Camenza” sopra il lago pleistocenico medesimo.

Socana esisteva già nel 7.000 a.C. e dunque prima degli Etruschi! E’ la “zona” o “terra” che dà il nome a chi la abita e cioè  ai “Saukni” o agricoltori, appunto! In tal caso non sono gli abitanti a dare il nome ad una terra! Nessuna zona e nessun insediamento aveva originariamente un nome! Sono stati i conquistatori e cioè le seriori Civiltà (ad es. la Romana) a dare un nome di riferimento o di inventario alle terre sottomesse o conosciute: “hic sunt (feroces) leones” si dicevae dell’Africa ed “hic est (mitis) Sarchiaponius” (gli zappaterra) si dice di Napoli (“Nea Polis” sta per Città Nuova).

Così è evidente che è stata la Civiltà Latina o Romana a dare questo nome “Terra arabile” alla tutt’oggi fertile e coltivabile Piana Socanina tra il Sokanella, il Soliggine e l’Arno! Vedi il latino lemma verbale “SAUCIO” (tagliare, aprire) e l’aggettivo “Saucia terra” (terra ferita, aperta). Un noto sonetto, se ben ricordo, recita “…van per il campo i giovani garzoni/ guidando i buoi da la pacsata faccia/ e per il campo fumiga la traccia del solco “APERTA” (appunto) alle seminagioni…”

E scrive un noto Poeta romantico: “Quando Giason dal Pelio (un Monte)/ spinse nel mar gli abeti (le navi)/ e primo corse a FENDERE (appunto)/ coi remi il Seno a Teti ( Dea del mare)…ecc.”.

Anche il volgare lemma “sogo” sta per il desueto “sauco” (solco dell’aratro). “Sauconna” è un fiume (Amm.) che forse è un “solco” che separa due opposte e cioè “ripuariae” zone. Certamente gli Etruschi possono essere benissimo detti “Saukni Cives”; la Socanina riva destra dell’Arno può esser detta”Sauknia Lama”; la Piana Socanina canalizzata può esser detta “Saucium Aequor”; la Terra arabile Socanina è appunto “Sogana Terra”; il popolo di Socana è “Socana Plebs” (persone, mica conci di pietra!); il Soliggine è il primario fiume palustre sokanino poiché sfocia in Arno….ma l’originario fiume socanino è la “Sokanella Fons” , oggi uno sparuto ruscelletto così detto perché, come già dicevamo, lungo questa stretta gola del “Socanellae Rivus” discese la prima antropizzazione, ben distinta antropologicamente (e poi anche politicamente) dalle Civiltà seriori discese lungo la gola del Soliggine e poi dell’Arno. Il primitivo centro protostorico gravita dunque in Socana intorno alla zona del Trebbio mentre il centro storico in età Cristiana gravitava intorno alla Pieve Romanica il cui Campanile esagonale poggia sopra una Torre di vedetta (cfr. miei Studi).

Poco dopo il 10.000 a. C. l’Agricoltura si era dunque diffusa dal Medio Oriente all’Occidente nostrano, ove la fine delle Ere Glaciali coincide con il lentissimo ed alterno prosciugamento del Lago Pleistocenico Casentinese (in effetti Aretino e cioè anche Chianino o Valdarnino, ecc.).

La primordiale agricoltura interessava aree alluvionali (Egitto, Mesopotamia) o palustri (bacini pleistocenici, post glaciali, come quello poi “solcato” del “cavo” Fiume Arno) ma l’incremento demografico ha costretto, anche in Casentino (in epoca Romana e Medievale fino alla Fisiocrazia del secolo XIX°), le popolazioni a coltivare le boscose pendici montane (nel secolo scorso si tornò a “fare il ronco” dopo il 2° conflitto mondiale). In latino “runcare” sta per “sarchiare” (zappare) ed in italiano “roncare” o “fare il ronco” sta per “disboscare”. Oggi, incivilmente, si disboscano con incendi (usando le ceneri per concime) aree “percorse dal fuoco” che sono poi “percorse da frane”!

In effetti è inoltre risaputo che certi suffrutici ed anche la presenza di alto fusti perimetrali intorno ad un appezzamento agricolo boschivo proteggono sia il terreno che i semi o le colture dai parassiti, grazie a sostanze chimiche naturali ed alle varietà entomologiche di insetti pronubi (mica soltanto le indispensabili api)! Quanto alle tecniche dell’aratura tradizionale (ma non parliamo qui dell’ingegneria nella costruzione degli aratri: una storia plurimillenaria cui torneremo a far cenno) si può davvero dire che i suoli venivano “pettinati” con una ricchezza di disegno che ci fa pensare ai vari modi di pettinatura o acconciatura del crine femminile. L’amore per la “madre terra” disegnava dunque solchi paralleli sulla mezzacosta coltivabile verticalmente discendenti, come i capelli muliebri, per evitare dannosi ristagni idrici nel sottosuolo, o studiatamente obliqui allo scopo di drenare le acque meteoriche in laghetti utili all’abbeveraggio (quadrupedi di allevamento ed animali da cortile ma anche selvatici, pesca di montagna, irrigazione di orti, lavatura di panni e attrezzature, oltre che degli ovini prima della tosatura).La presenza di una sorgente o ruscello vicino a casa o la vicinanza di un fiume facilitava tutto. Non si può mica campare di turismo e di poesia!

I danni alluvionali in caso di protratte piogge venivano evitati o mitigati dalla pulizia dei boschi (oggi con l’alibi delle “riserve integrali” si abbandonano legnami a marcire tagliati o caduti in mezzo al bosco,favorendo malattie che annientano i boschi peggio ancora di una tempesta!);  dall’aratura sapiente (non mancavano mai il solchi di drenaggio verso il fosso, ciò che con i trattori non si fa più); dalle “casse di espansione” in area fluviale (ripa, lama e golena sono oggi edificate) che servivano anche ad una viabilità, trasversale al fiume, poggiante su terrapieni, al tempo costruiti da tronchi d’alto \fusto trasversali alla corrente, palizzate verticali, siepi, ecc. fino a creare gradualmente un argine poi rinforzato da pietrame, arenili e vegetazione fluviale non soltanto suffruticosa. Così si sono formate anticamente a Roma l’Isola Tiberina ed oggi in golena d’Arno  l’Isola Rassinese (tale da me individuata), come (ed analogamente!) anche a Poppi prima del 1835 altra oblunga isoletta che compare in alveo d’Arno presso la confluenza di altro Torrente,appunto! Vedi in Geoscopio (usi  del suolo e rendite catastali) grazie a L. Mazzanti (Comuni Montani).

Le casse di espansione non impedivano che il letto di scorrimento della piena fluviale fosse utilizzabile per fluitazione di “foderi” dal Casentino al Tirreno. E la portata del fiume Arno non era impoverita da una sapiente irrigazione dei rivieraschi bacini coltivabili. I berignoli per i Molini ad acqua restituivano integralmente al fiume (pulita, mica velenosa!) l’acqua utilizzata per “fare il pane”.

Quanto al “templum” Sokanino ho da dire la mia: innanzitutto l’originario sito non poteva insistere se non sul substrato di viva roccia della pendice Sud del Poggio Maggiore e cioè a mezza costa e non in mezzo alla “Sokanina Palus”! Dall’Alpe del Pojo Major (un cerchio di pietrame neanderthaliano) la seconda postazione o “templum” (a 180°) insisteva su questo roccioso (miocenico?) Sperone, prima che si discendesse al Castello di “Cappanni” ed alla lacustre Isoletta ove insistono a tutt’oggi la Torre Cilindrica e la Pieve Romanica. Per saperne di più  a seguito di diretti contatti, resto a disposizione con Istituti Scolastici del mio Casentino e con la Società Storica Aretina (Luca Berti,ecc.) e sua succursale in Rassina (Vittorio Vannini, ecc.) per visite guidate nei siti e luoghi che io per primo ho segnalato a Lorenzo Dei, a cominciare dal Castello di Rassina, prima del municipale incontro pubblico con Mariella Dei e Simone de Fraja.

Il Casentino termina ove “l’Arno torce il muso” e lì si fermano anche i miei Studi.

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