Fusioni tra comuni? Ecco cosa è cambiato, in Casentino, con il nuovo regolamento

Il 6 aprile scorso, il Consiglio regionale della Toscana ha approvato la risoluzione del PD “in merito agli orientamenti del Consiglio stesso in materia di fusione di comuni e di riforma del sistema delle autonomie locali”. La risoluzione è stata illustrata in aula da Antonio Mazzeo, consigliere Pd e vicesegretario del Pd toscano (contrario il Movimento 5 Stelle che ha avanzato un’ipotesi di presunta incostituzionalità). Ma cosa cambierà, quindi, in una realtà come quella casentinese quando saremo chiamati alle urne per eventuali proposte di fusione? Ricordiamo, infatti, che in mancanza di una legge specifica, vale la regolamentazione che ha votato il Consiglio regionale.

Per quanto concerne le fusioni tra comuni, la proposta del Pd tende a favorire i processi volontari di fusione valorizzando percorsi partecipativi e invita il Consiglio regionale a:

1. Approvare la fusione se sono favorevoli i 2/3 dell’intera comunità chiamata al voto.
2. Approvare la fusione anche se non si raggiungono i 2/3 dei sì dell’intera comunità, ma la maggioranza di ogni comune si è espressa favorevolmente.
In più, in caso di parere favorevole dei 2/3 dei votanti, il Consiglio si impegna a:
1. Tenere conto della natura dei pareri espressi nella fase istruttoria dai Consigli Comunali per le proposte di iniziativa consiliare.
2. Tenere conto della eventuale manifesta contrarietà alla fusione da parte del 75% dei votanti di un singolo comune (questo punto dovrebbe tutelare i piccolissimi comuni che potrebbero, diversamente, essere costretti a fondersi. Potrebbe succedere, infatti, che pur votando a stragrande maggioranza con un no, i sì totali raggiungano comunque i 2/3 dell’intera popolazione votante).
3. Introdurre criteri per evitare che un numero eccessivamente esiguo di elettori possano promuovere proposte di fusione nei piccoli comuni. Attualmente, infatti, per promuovere una proposta di fusione è sufficiente raccogliere un numero di firme pari al 10% della popolazione di quel comune. La proposta del Pd prevede di innalzare quella soglia al 25-30% (In questo caso, però, va cambiato lo statuto e la legge regionale sulla partecipazione).

La risoluzione adottata dal Consiglio regionale potrebbe apparire un po’ contorta, facciamo, quindi, un esempio e prendiamo in considerazione la consultazione referendaria che si è tenuta in Casentino nel giugno del 2013 e che prevedeva la fusione dei comuni di Castel San Niccolò e Montemignaio.
In termini assoluti, fra i due comuni, vinse il sì alla fusione con 79,15% (no al 20,85%).
Nel dettaglio,
Castel San Niccolò: 93,64% sì e 6,36% no
Montemignaio: 39,18% sì e 60,86% no
All’epoca la proposta di fusione fu bocciata nonostante la vittoria schiacciante dei sì. La proposta fu bocciata perché la maggioranza di uno dei due comuni (Montemignaio) si espresse negativamente.
Con la nuova risoluzione, invece, la proposta di fusione dei due comuni sarebbe passata per due motivi:
1. I 2/3 dell’intera popolazione (79,15%) si espresse con un sì
2. Il no di Montemignaio non raggiunse il 75% dei votanti

Se invece prendiamo in considerazione l’ultima consultazione referendaria su una proposta di fusione (Capolona – Castiglion Fibocchi dell’8/9 maggio), questa, come è successo, sarebbe stata bocciata sia con il nuovo regolamento che con il vecchio. I no, infatti, hanno prevalso di poco sui sì (Sì 49,54% – No 50,46%).

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