Oggi pomeriggio è stata celebrata la prima unione civile tra due persone dello stesso sesso presso il Comune di Bibbiena (la seconda in Casentino dopo Zac e Danny nel Comune di Chiusi della Verna). Irene e Giusi, accompagnate da amici e parenti, hanno detto “Sì” davanti al vicesindaco Francesca Nassini, che ha dimostrato molta felicità nel celebrare questa unione. Irene, casentinese doc, e Giusi, di Palermo ma naturalizzata casentinese, aspettavano da molto tempo di poter ufficializzare il loro rapporto, e da quando il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge Cirinnà, hanno deciso che la loro unione si sarebbe svolta in Casentino. La gioia dei presenti era palpabile, anche perché oggi, nel suo piccolo, Bibbiena ha assistito al celebrarsi di un nuovo diritto per tutte e per tutti che, seppur per poche e brevissime righe, ha segnato una piccola parte della storia della nostra vallata. Queste le parole del babbo di Irene: “Sono felice di vedere tanti bambini oggi, perché hanno assistito a una cosa che per loro è già normalità. Sono sicuro che questi bambini da grandi avranno una mentalità più aperta della nostra”. Giusi e Irene, quanto siete felici da uno a 10? “Mmh… facciamo 2000!”
Noi, semplicemente, auguriamo a Giusi e Irene una vita piena di gioia e soddisfazioni.
Di seguito il discorso di apertura del vicesindaco Nassini che ha commosso gran parte dei presenti:
“Apro questo mio breve discorso dicendovi “GRAZIE”. Grazie perché vi devo molto. Lo dico da amministratore, ma anche come donna, lo dico da vice sindaco, ma anche come cittadina.
Grazie perché mi avete dato la possibilità di mettermi sopra la cattedra non per giudicare, ma come il professore de “L’attimo fuggente” per guardare le cose da una prospettiva diversa.
Da amministratore sono chiamata ad espletare un servizio rammentando quel 12 Marzo 2015 quando la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che le unioni civili ed il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono un diritto umano.
Ma io sono anche una donna, una cittadina di questo territorio e ciò che faccio oggi è molto di più dell’espletamento di una funzione.
Questo “molto di più” sta tutto dentro una parola: alterità.
La presenza del “diverso” nella società genera conflitti, mette in crisi il normale funzionamento dei sistema. Questo è innegabile e non è innato, ma indotto dall’educazione che quella società impartisce.
Comunemente si dice che l’educazione dovrebbe essere impostata come scoperta e affermazione della propria identità e, contemporaneamente, valorizzazione delle differenze.
Eppure è il pregiudizio il motore che a volte muove un po’ le azioni e i comportamenti di tutti noi, condiziona le nostre relazioni sociali, ostacolando le opportunità di contatto, incontro, esplorazione, scoperta che sono i fondamenti dei rapporto con l’altro da sé.
Io ritengo che dovremmo iniziare a pensare la diversità come un valore fondante, perché apre le menti, pone le persone in una posizione tale da poter esplorare il mondo “da prospettive nuove”.
Non ha senso prendere posizione, sostenere ideologie, definirsi favorevoli o contrari ai legami come quello che oggi vado ad onorare: ad oggi semplicemente non è più accettabile che non ci siano diritti per chi, etero, sceglie di non sposarsi, oppure per chi sceglie l’amore in qualunque forma.
L’amore è un diritto dell’uomo. Lo è nel senso più vero e totale. Pertanto non c’è un amore più forte o più giusto dell’altro. Vivere seguendo la musica del proprio cuore è un grande privilegio, così come la volontà di vivere questo tempo con coraggio. L’augurio che vi faccio è che questo amore possa seminare valori positivi in questa società così impaurita e ripiegata su se stessa.
Oggi, insieme, abbiamo cambiato un po’ questo mondo e ciò mi rende molto fiera.”