Raccogliamo questa testimonianza nella speranza che la storia abbia un epilogo diverso.
– La mia religiosità cammina un po’ zoppicando, ma la mia umanità va dritta, dritta fino al centro del cuore, ed è per questo che mi viene facile raccogliere i pensieri di tanti e abbracciarli fortemente, così come mi è capitato col racconto doloroso di una donna che mi sta a cuore, credo da sempre. L’urlo disperato di questa persona che vive in punta di piedi, nel rispetto più totale per l’intero mondo, mi è arrivato come una sorta di lampo, uno sfregio doloroso che le fa urlare un qualcosa di brutto, qualcosa che con la bellezza della vita e del rispetto, non ha proprio niente a che vedere! Quando ho ascoltato il messaggio di questa donna che parlava per tante altre persone facendosi portavoce, mi sono soffermata un bel po’ ad assaporarne l’intento, cercando di calarmi nella sua modalità di pensiero e di sofferenza. Sto proprio parlando di sofferenza sì, sapete quel qualcosa che ti s’insinua fin dentro allo stomaco e che ti fa arrivare il “bucore” agli occhi, quello che poi si scioglie fino a diventare lacrima? Ebbene, questo è ciò che la signora in questione è riuscita a trasmettermi con il suo rammarico, con il suo doloroso disappunto, e che adesso vado a spiegarvene il perché.
Esiste una Chiesa importante qui, nel cuore del nostro Casentino, bella e imponente, fatta di silenzio ma anche di tante parole. Attigua alla Chiesa, che è molto ricercata da sposi e da più cerimonie, ci son delle stanze da tempo abitate da frati. Due di loro vivono fra queste antiche mura da tanto tempo, così tanto tempo, che ci son diventati antichi anche loro, e pensare che è proprio dentro a queste mura che si sono sentiti i loro primi vagiti, in quanto lì sono nati, sì, perché i loro genitori erano manutentori di tutta l’enorme struttura in questione. In tutto questo tempo i due frati si sono fatti amare da tanti uomini e donne, perché hanno accolto, ascoltato, posato la mano su teste impaurite, desolate, su teste colme di sofferenza, diventando così veri Padri, Padri spirituali, di quei Padri che contano e che spesso alleggeriscono gli animi, di chi magari rimpiange il proprio Padre per sempre.
Questi due fratelli sono sempre stati all’ascolto, vibrando al suono delle voci recepite e dando alla gente la giusta parola, proprio quella che lascia tremolare la fiamma del credo. La loro anziana età ha fatto prendere una decisione importante a chi gli è superiore, quella decisione che si volge al riposo, dopo tanti anni di fraterna attività, ma questo purtroppo non è ciò che vogliono loro, ciò che sentono loro, loro che vorrebbero finir la loro vita riparati da quelle mura che gli sono care, loro che vorrebbero ancora ascoltare la voce della gente e guardarla negli occhi, e che per far questo, non necessita la gioventù, ma bensì tanto, ma tanto amore spirituale, quello che gli consente di essere i Padri di tutti coloro che gli si sono rivolti, che gli si rivolgono ancora, e sì che son tanti! Allora ascoltiamo il loro grido, e lasciamo che continuino ad essere felici in quelle stanze che son pregne di loro, stanze che li hanno guardati neonati e poi fanciulletti, e poi giovani uomini, fino a diventare i Padri che sono, e che la loro fine li possa trovare tra quelle mura e quella gente che male farebbero a doverne far senza!
Quest’anno i fratelli Giuseppe e Giovanni Serrotti hanno allestito un Presepe meraviglioso presso una delle stanze al Santuario di Santa Maria del Sasso, un qualcosa che ha la pretesa, e scusate se è poco, di raccontare “la guerra e la pace”: ci si inoltra dentro questa stanza distrutta e allo stesso tempo risparmiata dalla guerra, e si va avanti, giù in fondo a tutta questa desolazione, fino a che una luce celeste ci racconta la scena della Maternità e diventa Presepe. Tutto è perfetto là dove c’è luce, tutto è più bello perché l’amore lo rende così, come tutti i Presepi del resto, come tutte le nascite che sono intrise di speranza pura, di speranza vera. Ecco, vorrei che la speranza di questo Presepe avvolgesse le burocrazie del mondo e lasciassero lì al loro posto i nostri due Frati, i nostri due Padri e fratelli fra loro, affinché la dignità della vita gli risparmi l’avvilimento del cambio, quello del doversi allontanare. Vorrei che questi due nostri Padri possano spegnere i loro cuori fra le varie sverniciature di quelle mura che son quadri loro, quadri che hanno dipinto, vissuto, respirato… amato!
E alla signora che ha voluto trasformare in inchiostro questo grido di dolore, e a tutte le altre persone che la pensano e sentono così, tendo un forte abbraccio e l’augurio che quell’azzurro del Presepe possa filtrare anche fino a quei cuori che muovono le decisioni e che ne possano prendere in considerazioni di altre, magari un po’ più celesti!
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