Il giorno in cui ho incontrato gli Antumnos Gates era una giornata di fine novembre molto grigia. Come suo solito il fondo valle era coperto da grossi nuvoloni ora vaporosi, ora appesantiti dalla pioggia imminente e l’atmosfera era davvero surreale. Così è stato tutto il pomeriggio finché al tramonto, il sole, in uno strano incontro con le nuvole, ci ha regalato un intenso colore viola che ha inondato tutto il cielo. Mentre guidavo pensavo al fatto che quell’atmosfera, in una giornata come quella, dove avremmo parlato di “musica celtica”, era proprio perfetta. Ho poi scoperto che c’era molto più di questo, ovvero che dietro alla superficiale definizione di “musica celtica”, accompagnata dall’immaginario fantastico di un mondo in stile Signore degli anelli, c’è un altro mondo, molto più reale e tanto ampio quanto sconosciuto, che cercheremo di introdurre. Ecco che dunque affido alle parole di Edoardo, Jacopo e Thomas il racconto del loro gruppo, del loro progetto ma soprattutto della loro musica.
«Il gruppo nasce ufficialmente nel 2021 da un idea di Edoardo, il nostro frontman, cantante e flautista: “In generale ho sempre avuto una grande passione per la musica, dal 2016 in poi ho iniziato ad ascoltare soprattutto la musica folk, in particolare quella celtica, e ad interessarmi all’universo che le sta dietro, che trovo estremamente affascinante. Da qui il desiderio di creare un mio gruppo che lavorasse e si esprimesse con questo tipo di sonorità. Il nome che abbiamo scelto è strettamente legato a questa cultura: Antumnos è una delle parole che indicano, infatti, l’oltretomba della mitologia gallese. Originariamente la composizione del gruppo non era quella di adesso e nei periodi iniziali si sono alternati vari musicisti, fino ad arrivare ad oggi. Possiamo dire che la nostra storia è partita da un concerto organizzato nell’estate del 2021 alle ex-carceri di Bibbiena. In quel periodo la formazione era diversa ma, mancando il percussionista del gruppo, Edoardo decide di chiamare Jacopo : “Per me la musica folk e celtica erano un esperienza nuova, dei generi che non conoscevo molto bene e inizialmente fui abbastanza titubante. Ma poi, quel pomeriggio, facendo le prove, sul palco si venne a creare una bellissima sintonia e questo è ciò mi fece sin da subito pensare che quello fosse un progetto per il quale valeva la pena impegnarsi. I brani erano molto belli e coinvolgenti e mi piaceva come venivano fuori, anche grazie all’intesa che si era formata”.
Nel solito pomeriggio, poi, abbiamo conosciuto anche Thomas che era il fonico della serata che ci parla della sua prima impressione: “Alle quattro di quel caldissimo pomeriggio estivo mi ritrovai questi ragazzi a fare le prove sul palco e a prima impressione non avrei mai scommesso quello che sarebbe successo un attimo dopo: iniziarono a suonare Scarborough Fair e la bravura e passione che mettevano nell’eseguire quella canzone creò una sorta di magia che mi colpì davvero tanto e, dal momento che suono il basso e al gruppo mancava proprio quello strumento, decisi di propormi.”
Questa composizione, però, è stata temporanea dato che il chitarrista, a causa di altri progetti, ha dopo poco lasciato il gruppo. Essendo questo uno strumento abbastanza imprescindibile, Jacopo, che già suonava la chitarra e conosceva bene alcuni brani, ha preso il suo posto. Ad oggi dunque stiamo cercando un percussionista che, per ora, rimpiazziamo suonando con la stompbox che come dice il nome funziona semplicemente ‘pestando’ con il piede per creare un accompagnamento ritmico. Così siamo arrivati all’attuale formazione. Insieme abbiamo fatto vari concerti che ricordiamo con grande affetto ma tra questi ce ne sono alcuni che hanno centrato lo spirito del gruppo poiché hanno più a che vedere con il tipo di musica che suoniamo, con le sue vibrazioni e con il messaggio che vogliamo comunicare. C’è senza dubbio quello della scorsa estate presso i ruderi della chiesa di Santa Trinita in Alpe, sopra a Talla, dove abbiamo suonato nel bosco, immersi nel verde e in maniera totalmente unplugged ovvero senza amplificazione. Lo chiamiamo con affetto ‘il concerto silvano’.
Un’altra bellissima esperienza è stata quella al castello di Sorci, vicino ad Anghiari, durante il Celtic festival. Senza ombra di dubbio è stata l’esperienza più immersiva dato che ci trovavamo a un festival a tema e quindi eravamo circondati da persone che conoscevano già la musica celtica, folk e rock.
Possiamo ben dire che questo tipo di eventi che hanno come riferimento musicale, anche nello stereotipo caratterizzante, il nostro tipo di musica, sono sicuramente i più coinvolgenti. In quell’occasione abbiamo avuto modo anche di conoscere e incontrare altri gruppi che suonano il nostro stesso genere, come i Musa del Diavolo. Conoscendo nuovi gruppi abbiamo anche modo di confrontarci e di ispirarci a vicenda. Ad esempio riprendiamo moltissimo dagli Eluveitie, un gruppo svizzero di folk-metal; o ancora dai Daridel, che conosciamo bene, e che suonano principalmente paganfolk, o ancora dagli Heilung. I contatti e le connessioni con altri gruppi, inoltre, sono fondamentali per imparare cose nuove, dalle sonorità alla stessa cultura musicale, aggiornarci e capire quello che più ci piace suonare. La definizione “musica celtica”, infatti, è un cappello che raccoglie sottogeneri che possono essere molto diversi tra loro, e tra i quali non è sempre semplice scegliere o trovare un equilibrio. Alcuni di questi sono ad esempio il celtic punk, celtic metal, il pagan rock… o ancora il pagan o celtic folk, che è lo stile verso il quale siamo più orientati. Suonare questa musica è un’esperienza diversa per ognuno di noi dato che proveniamo tutti e tre da background musicali molto diversi, ma è sicuramente la potenza di espressione e di coesione che indubbiamente si sprigiona,che fa a tutti provare delle bellissime emozioni.
La “chimica” che si è creata tra noi e di cui parlavamo poco fa è sicuramente dovuta a questo, alla musica stessa: non dimentichiamo che le sue radici sono “folk” dunque legate al popolo, che intrecciava accordi e sinfonie per occasioni principalmente sociali, dunque dove era prevista la compagnia e il fare festa. Come succede per la nascita di ogni genere, alla base del suo linguaggio troviamo una cultura che ha influito con i pensieri, le credenze, la religione e la spiritualità, che si mescolano in qualcosa di totalmente innovativo e caratterizzante di quel luogo e di quel popolo.
In questo caso ci troviamo presso le civiltà celtiche, insulari e continentali e dunque a confronto con una cultura molto potente che è archetipo di quella parte del mondo ma che, anche altrove, continua ad affascinare. Sopravvive, in particolare, il forte senso di connessione con la natura, l’amore e la magnificenza che fa provare e che, come succede per tutte le cose che riguardano l’arte e la creatività, trova in questo caso una forma di espressione nella musica.
Edoardo: “questo tipo di sonorità è dunque estremamente evocativa, ancestrale, adatta a esprimere lo stretto legame con la natura. Personalmente quando mi trovo nel bosco sento veramente questa forte connessione. È un momento molto particolare, solitamente speso in solitudine in cui c’è sia una ricerca dell’anima e della vitalità, sia una forte spinta di ispirazione: si diventa come un tutt’uno con la natura circostante che diviene una sorta di specchio, ci mette a confronto con noi stessi e ci spoglia di tutte le sovrastrutture, e in quel momento puoi essere tutto. Se riesci a far parte di questa cosa, ad attuare quello stacco, probabilmente capisci cosa significa essere in unione con questa ed esserne innamorati.”
Ecco che questo amore si esprime attraverso la musica che diviene il nostro mezzo di comunicazione e rappresentazione, verso l’esterno, di un modo di sentire che cerchiamo di esprimere principalmente attraverso la ricerca del suono, che nel nostro caso è essenziale anche se non molto semplice: essendo in pochi e dunque con pochi strumenti (chitarra, flauto e basso) cerchiamo di aiutarci con i “virtual instruments” (strumenti digitali come l’arpa celtica o la ghironda) e cercare di amalgamare il tutto. Prima di tutto, però, per far sì che la resa musicale sia buona, dobbiamo riuscire a far passare quello che sentiamo, compattarci ed entrare nel setting mentale. Come dicevamo prima, fortunatamente, questo tra noi funziona molto bene ed è essenziale che sia così dato che arriva al pubblico ancor prima della musica.
Quindi la ricerca del suono e della nostra sintonia sono essenziali. Proprio per questo c’è in programma di scrivere un album, e quindi di cambiare un po’ il nostro repertorio dove per adesso proponiamo cover e arrangiamenti. Il progetto è ancora in via di definizione, prevediamo circa sei brani, uno dei quali è Dawn of Samhain. [Il brano si trova alla fine dell’articolo eseguito da Jacopo ed Edoardo.]
Essendo all’inizio di questo progetto ci chiediamo spesso se stiamo prendendo la piega giusta, se il nostro lavoro riesce a comunicare e coinvolgere e soprattutto come può effettivamente arrivare a più persone possibili. In Casentino non è semplice perché come ben sappiamo non ci sono moltissimi eventi durante l’anno se non quelli estivi che però sono costipati e dunque è difficile alternarsi e farsi conoscere. Inoltre gli eventi di musica dal vivo non sono partecipati da tante persone perché vengono percepiti come di nicchia, mentre invece sono organizzati proprio per avvicinarsi, fare comunità e far scoprire persone che hanno qualcosa da dire.
Speriamo dunque che la prossima estate sia piena di occasioni in cui tornare a sentire concerti dal vivo e magari scoprire artisti e giovani artisti che si dedicano alla musica e di cui il Casentino è davvero ricco.»
Siamo dunque alla fine.
Spero che gli Antumnos Gates con il racconto del loro progetto e la loro musica vi abbiano appassionato e incuriosito tanto quanto hanno fatto con me. Tre ragazzi uniti da una grande passione per la musica; la conoscenza di questa e degli strumenti permettono loro di cogliere il perfetto paradigma di espressione. Per concludere penso che la loro musica, più di altre, si possa mettere in relazione con il nostro territorio, dal momento che parla di un tema, quello della natura, che non può che trovare qui la sua più magnifica manifestazione e fusione con le persone che la vivono quotidianamente. Inoltre, secondo alcuni studiosi, le pendici del Pratomagno in epoca antica sarebbero state abitate da pastori Liguri, popolazione indoeuropea di origini e usanze celtiche, che qui si sarebbero stanziati e poi mescolati con le popolazioni locali. Quella cultura che quindi potevamo pensare così lontana, confinata alle isole britanniche o al centro Europa, ha viaggiato così tanto da sfiorare anche le nostre montagne. Da questo punto di vista, quindi, tutto il loro racconto può essere visto sotto una nuova prospettiva, quella di una storia che parla di noi, della nostra identità e di un sentimento comune che quindi possiamo comprendere a fondo.
Antumnos Gates: Edoardo Trotti, Jacopo Norcini e Thomas Crocini.
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Il video degli Antumnos Gates