I ragazzi del Liceo di Poppi intervistano il sindaco Nicolò Caleri

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Nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro, un gruppo di studenti del Liceo Scientifico G. Galilei di Poppi, affidato alla redazione di Casentino Più, incontra il sindaco di Pratovecchio Stia, Nicolò Caleri, per rivolgergli alcune domande sulla sua esperienza da amministratore.
Sindaco Caleri, lei è stato eletto nel 2014 e non aveva precedenti esperienze politiche. A circa due anni dal suo insediamento, che bilancio fa della sua esperienza di sindaco?
Domanda molto ampia devo dire. Il bilancio è sicuramente positivo. È vero, io non ho avuto esperienze politiche precedenti, tuttora non ho tessere di partito, venivo semplicemente dall’ambito privato. Ho fatto tanto associazionismo, e inoltre, facendo il formatore aziendale, negli ultimi quindici anni ho viaggiato per le varie aziende d’Italia e non ho avuto molto tempo da dedicare all’attività politica. È stata, infatti, una decisione un po’ improvvisa. Devo dire che l’incontro con la pubblica amministrazione è stato abbastanza impattante, in quanto il suo meccanismo è piuttosto difficile da comprendere, sia per le tempistiche, sia per la modalità di lavoro. È un mondo diverso rispetto a quello privato, il che, tuttavia, non significa che sia peggiore. Ci sono determinate regole da rispettare e, in taluni casi, è addirittura necessario fare delle forzature. Tuttavia, si è rivelata essere per me un’importante opportunità di conoscere realtà che, da normale cittadino, mi erano  impossibili da comprendere e da concepire. Pur essendo stato figlio di un sindaco (mio padre è stato sindaco dal ’90 al ’95), è stato per me un mondo nuovo,  quindi posso immaginare per un abitante totalmente estraneo alla vita politica quanto possa esserlo. È per questo, infatti, che la considero una bellissima esperienza da consigliare a tutti.
Quali sono le maggiori difficoltà che ha incontrato nello svolgere il suo incarico?
Una delle maggiori difficoltà è legata al fatto che, siccome la nostra realtà deriva della fusione di due comunità, quella di Pratovecchio e quella di Stia, molto diverse seppur vicine (nonostante condividano le scuole ecc…), c’è stata la necessità di realizzare ciò di cui c’era bisogno senza dare l’impressione di voler favorire una zona rispetto all’altra. Infatti, ciascuno dei due “pezzetti di mondo” che stiamo cercando di unire vede le cose dal suo punto di vista, quindi ogni volta che viene realizzato qualcosa in uno dei due paesi si sollevano lamentele da parte della popolazione dell’altro. In più, la fusione comporta tutta una serie di difficoltà aggiuntive come il doversi confrontare con associazioni, rapporti da gestire, tradizioni e richieste doppie, come se si stessero amministrando due comuni contemporaneamente. Poi c’è la questione economica. Non vi nascondo che, se da una parte ci sono soldi in più concessi al nostro comune, dall’altra ci sono anche continui tagli alla pubblica amministrazione da parte dello stato centrale. Questo, come capirete, comporta problemi. È già successo, per esempio, che ci venissero tagliati fondi di quasi 300.000 da un giorno all’altro e questo ci costringe a eliminare dei progetti a quel punto non più economicamente sostenibili.
Ci sono progetti in corso e futuri della sua amministrazione cui tiene particolarmente?
Sì, e devo dirvi che tutti i soldi che stiamo ricevendo grazie alla fusione, è nostra intenzione non spenderli solo per quella che definiamo in gergo “spesa corrente”, ma anche per fare investimenti sul territorio. Uno dei progetti a cui sono più affezionato si chiama “Officine Capodarrno” e dovrebbe partire quest’anno. Consiste nella realizzazione di un laboratorio per l’imprenditoria montana e la sede sarà  nelle ex scuole elementari di Stia. Il 18 marzo, inoltre, ho un incontro con il presidente dell’Accademia dei Georgofili e alcuni professori universitari che hanno apprezzato particolarmente il progetto e vogliono aiutarci a realizzarlo. In più, stiamo programmando il recupero dello stabile vicino alla stazione di Stia che l’Lfi ci sta per concedere in comodato gratuito. All’interno realizzeremo delle vere e proprie officine, trasferendoci in un primo momento la scuola del ferro battuto per poi ampliarla a tutti gli altri mestieri dell’artigianato artistico, anche questo di nuovo in collaborazione con le scuole e con le associazioni di categoria, CNA, Confartigianato e altri ancora.
Il comune di Pratovecchio-Stia ha una spiccata vocazione turistica, cosa sta facendo questa amministrazione per incentivare questo settore? 
La nostra maggiore risorsa è senz’altro legata al Parco delle Foreste Nazionali. Come dice spesso Luca Santini che ne è il Presidente “in Italia ci sono 8.000 comuni, ma di Parchi ce ne sono 23”. Il nostro credo che sia il quinto o il sesto in termini di affluenza, quindi la risorsa è molto importante. Dove il Parco può arrivare, noi come comune a livello turistico non possiamo minimamente farcela. Stiamo facendo tantissime azioni in collaborazione con gli altri comuni del Parco (per esempio, la partecipazione alla Mostra dell’Artigianato di Firenze dove ci hanno offerto uno spazio, tra fine aprile e inizio maggio). L’obiettivo infatti è quello di vendere tutto questo territorio con il Parco  e gli altri parchi della Val Tiberina al centro.  Noi abbiamo un’idea un po’ restrittiva del turismo: vediamo Pratovecchio-Stia che fa turismo, Poppi che fa turismo, Bagno di Romagna che fa turismo e in realtà non abbiamo chance nel momento attuale di una globalizzazione come quella in corso dove Pratovecchio-Stia è un piccolo puntino sulla mappa del mondo. L’obiettivo che invece abbiamo è un progetto in partenza e si chiama “Turismo senza confini” in cui l’idea è di andare in Italia e all’estero a vendere un intero territorio, tutto quello dell’Appennino Tosco-Romagnolo. In più, da un punto di vista amministrativo abbiamo sistemato tutta la parte della comunicazione turistica e abbiamo colto l’occasione del nuovo comune per rifare la mappa in italiano e in inglese (abbiamo fatto la carta dei servizi e un’altra sull’agricoltura). Quest’anno conto di fare anche un’altra mappa sulle vie del Sacro. Inoltre c’è anche un progetto che si chiama “Camminando” ovvero circuiti all’interno del paese che noi chiamiamo di trekking urbano, cioè sentieri che portano in posti particolari e curiosi in maniera tale che i turisti li scoprano. Ne abbiamo fatti per ora uno a Pratovecchio e uno a Stia. L’idea, negli anni, è quella di allargare l’area. E poi abbiamo creato la Consulta del turismo a livello comunale chiamando a raccolta tutti gli interessati: dai cittadini ai commercianti. L’iscrizione è gratuita e volontaria e lì decidiamo come sia meglio investire i soldi a livello turistico, come ad esempio un corso di inglese per i commercianti. Abbiamo accolto il progetto della regione Toscana che consiste nel creare non solo punti informativi, ma far diventare ogni singolo esercente un punto di informazione. Un altro progetto è quello della “Ciclopista” che in alcuni tratti è già attiva. La partenza dal comune di Pratovecchio-Stia è prevista in due punti. Il primo è dal parco del Canto alla Rana per due motivi: c’è un’area camper attrezzata e da lì parte un sentiero che va fino a Capo d’Arno. L’altra partenza sarà al Lanificio di Stia perché è più dentro al paese e ha una valenza storica. Il progetto deve essere consegnato entro il 30 giugno.
In questo periodo, in Casentino, si sta parlando molto di fusioni tra i comuni (a 2, a 4 e a 6 ). Lei è stato il prima sindaco di due comuni fusi insieme, cosa ne pensa? Quale sarebbe, secondo lei, il giusto assetto territoriale del Casentino?
Come ho scritto in un articolo di quasi un anno fa, non mi va di giocare a Risiko e quindi non me la sento di intervenire in casa di altri e non voglio dire loro cosa sarebbe meglio. Faccio delle considerazioni un po’ più generali: le fusioni si possono fare in due modi, ci può essere una fusione che, oltre a essere tra comuni è anche tra comunità, oppure si può fare una fusione che è solo accorpamento di enti amministrativi del territorio. Quella tra Pratovecchio-Stia, per esempio, è stata una fusione tra comuni, ma anche tra comunità perché la comunità esisteva già e piano piano la stiamo rafforzando nonostante le difficoltà. Se una persona viene da fuori e non vede i cartelli la sfido a trovare il confine e anche in questo senso siamo agevolati. Questo è il tipo di fusione in cui io credo maggiormente perché il comune è l’ente più vicino al cittadino in cui questo si riconosce e non è solo un ente di amministrazione del territorio, ma un punto di rappresentanza. Per questo io penso che il modo migliore per fare fusioni sia tra comuni limitrofi con comunità che si possono integrare.
Il sindaco Bernardini ha querelato alcuni esponenti della minoranza per certe critiche (a detta sua diffamatorie) a lui rivolte. Senza entrare nel merito della questione, lei pensa che sia giusto l’uso della querela in politica?
Senza entrare nell’argomento, che tra l’altro non conosco neppure così tanto, rispondo alla parte finale della domanda. L’uso della querela in politica, a mio parere, segue le stesse regole della vita privata. Una persona che critica un politico non condividendo la sua linea di pensiero, non è ovviamente querelabile. Se, invece, si oltrepassasse il limite imposto dalla legge e venissero mosse accuse infondate, ad esempio di corruzione,  la querela sarebbe più che giustificata. Facebook stesso deve essere saggiamente utilizzato perché esprimere un parere per iscritto ha molto più peso rispetto ad un’opinione pronunciata in una banale chiacchiera.
Giorni fa si è appresa la notizia dell’imminente chiusura del “punto nascite” dell’ospedale del Casentino. Come sindaco facente parte della Conferenza di zona, pensa di aver fatto la scelta giusta?
E’ difficile parlare di “scelta giusta” dal momento in cui non è stata volontà di nessuno di noi che abbiamo appena firmato i “Patti territoriali” chiudere il punto nascite perché la richiesta è giunta dall’USL e dal personale del reparto, cosa che in pochi sanno. Sono stati i medici e gli infermieri a dirci che a causa del basso numero di parti che si verificano attualmente a Bibbiena non ci sono più le adeguate condizioni di sicurezza. Il nostro ospedale presenta un numero di parti tale da porlo in deroga da ormai moltissimo tempo; fino ad ora le 370 nuove nascite annuali (meno di 200 nel 2015) che si realizzavano ci consentivano di mantenere il reparto nonostante il minimo numero sia in realtà fissato a 500. Diventa difficile pensare ad un reparto maternità, con tutti i costi che il suo mantenimento comporta a carico della popolazione, in cui per giorni e giorni non avvengono nascite; potevamo ugualmente scegliere di impiegare questi soldi nel punto nascite, ma la scelta è stata differente dal momento in cui la USL, i medici e le ostetriche ci hanno detto che quel numero di parti era troppo basso per consentire loro una piena efficienza in tutte le possibili dinamiche e casistiche legate alle nuove nascite. A conferma di ciò si nota come in Casentino la percentuale di cesarei sia consistentemente più alta rispetto ad Arezzo perché questa procedura si preferisce agli eventuali rischi legati al parto naturale quando ci si trova al limite degli standard di sicurezza. Con la chiusura del “punto nascite” abbiamo però ottenuto, in accordo con la USL, altri servizi come l’intensificazione di tutta la situazione di emergenza e urgenza sul territorio, interventi operatori in più e ambulatori pediatrici più numerosi. Se avremmo voluto chiudere questo reparto? Ovviamente no, egoisticamente avrei preferito il mantenimento del “punto nascite” ma tutta una serie di fattori mi hanno portato ad assumermi questa responsabilità in quanto sindaco, facendo una scelta per il territorio.
Ad un giovane che si interessa di politica e vorrebbe impegnarsi in tal senso, che consiglio darebbe?
Gli consiglierei di farla. Solo facendola ci si può rendere conto di cosa voglia dire amministrare la cosa pubblica e farlo per il bene dei cittadini. E solo impegnandosi in prima persona, da dentro, si possono cambiare le cose.
Fare il sindaco di un comune come Pratovecchio-Stia è sicuramente impegnativo. Trova il tempo per dedicarsi anche ad altro? Per coltivare interessi ed hobbies?   
Per quanto voglia, non riesco a ritagliarmi dei momenti da dedicare ai miei interessi, anche se lo vorrei molto. Sono uno sportivo da sempre e coltiverei volentieri hobbies come lo sci, il tennis e la pallavolo. A volte mi impongo di passare una giornata con la mia famiglia staccando dal mondo lavorativo, ma non è semplice, soprattutto perché il fatto di essere il primo sindaco di due comuni fusi assieme comporta una maggiore difficoltà nell’amministrare il tutto. Continuo poi a fare, anche se in modo minimale, il mio lavoro di formatore aziendale. Infine, un’altra mia attività è quella dell’editoria, che coltivo unicamente come passione, anche se necessiterebbe di maggior tempo da dedicarle.
Cosa le piace fare nel tempo libero? 
Una passione a cui non ho mai rinunciato è sicuramente la lettura, pur avendo notevolmente ridotto il tempo che posso dedicare a questo mio hobby. La scelta dei libri dipende dallo stato d’animo e dagli impegni del momento. Quando, ad esempio, ho bisogno di distrarmi, opto per un libro d’azione. Se dovessi consigliare dei libri a voi ragazzi, sarebbero sicuramente Acciaio di Silvia Avallone, un romanzo molto forte e significativo nel rapporto fra i giovani e gli adulti, Novecento di Baricco e la cosiddetta Trilogia del secolo di Ken Follet (La caduta dei giganti, L’inverno del mondo e I giorni dell’eternità), utili per comprendere il corso della storia del 900.
di Maria Raggi, Laura Ceccarelli, Siria Cecconi, Iole Bartolucci, Marianna Amorosi, Carolina Goretti, Irene Versari, Martina Vignali, Marco Portolani, Samuele Paolini, Francesca Marzella, Lucrezia Giannini

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