Secondo la tradizione cristiana, San Lorenzo fu arso vivo sotto l’impero di Valeriano in seguito ad una persecuzione; il 10 agosto si ricorda il suo martirio, avvenuto nel 258 d.C. La notte di San Lorenzo è tradizionalmente associata al passaggio dello sciame delle Perseidi, fenomeno popolarmente ed erroneamente chiamato stelle cadenti ma anche lacrime di San Lorenzo, considerato evocativo dei carboni ardenti su cui il santo fu martirizzato. Secondo la leggenda, che nei secoli ha ispirato artisti e detti popolari (San Lorenzo l’innocente, mille fuochi in cielo accende) morì bruciato su una graticola anche se molti storici sostengono che probabilmente il diacono fu decapitato come Sisto II e il suo corpo deposto in una tomba sulla via Tiburtina, dove sorse una basilica a lui dedicata. Nel nuovo monastero delle domenicane di Pratovecchio si conserva un’interessante tela raffigurante il santo a figura di tre quarti, vestito con la dalmatica rossa, il classico paramento dei diaconi, mentre sorregge con la mano destra la graticola, strumento di tortura e morte e la palma del martirio, tutti elementi ricordati dai testi agiografici. La figura di San Lorenzo è inserita in un ovale decorato da una magnifica ghirlanda di fiori, genere iconografico nato dalla collaborazione intellettuale tra il cardinale Federico Borromeo e Jan Brueghel il Vecchio. La ghirlanda infatti non ha solo funzione decorativa ma eleva il personaggio raffigurato dalla sua natura terrena, contribuendo a sottolinearne il valore soprannaturale e devozionale. I fiori descritti con accuratezza miniaturistica evidenziano il livello di eccellenza cui era giunta la pittura fiorentina nel campo della natura morta; il fiorista distribuisce le varie specie raffigurate con libertà, rispettando un’armonia di corrispondenze coloristiche. Di grande effetto risulta il contrasto tra il verde scuro del fogliame e la sfacciata cromia delle corolle, molte delle quali esplose nella loro floridezza. Tra le varie specie di fiori minuziosamente descritti si distinguono, peonie, gelsomini, narcisi, rose, fiori dai simboli più ricercati e testimoni della bellezza e perfezione del Creato. La pittura dinamica e sbrigliata sembra autogenerarsi in una specie di fuoco d’artificio cromatico, contrapposto alla compassata figura del santo martire stagliato contro un cielo solcato da nubi e squarci di luce.
La tradizione di adornare un soggetto con ghirlande di fiori affonda le sue radici nella tradizione classica e in particolare nella storia di di Glycera e Pausia narrata da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.
Il dipinto del monastero domenicano, attribuito al pittore fiorentino Pier Dandini (Firenze, 1646 – 1712) per la figura del santo e ad Andrea Scacciati (Firenze, 1642–1710) per la ghirlanda di fiori, proviene da Santa Maria della Neve di Pratovecchio ed è un elegante esempio di pittura concettuosa oltre che testimonianza della collaborazione tra il più noto fiorista fiorentino e il pittore Dandini, in epoca tardo barocca.