La Pentecoste è una festa mobile che la liturgia cristiana celebra di domenica, quarantanove giorni dopo la Pasqua, per ricordare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e la Vergine, nel Cenacolo, luogo dove Gesù aveva consumato l’Ultima Cena. È la solennità che corona il periodo pasquale e celebra la nascita della Chiesa quale comunità dei redenti. Il nome che deriva dal greco antico significa cinquantesimo, proprio perché celebra, in quel giorno dopo la Pasqua, l’effusione dello Spirito Santo, dono di Gesù. L’episodio viene ricordato negli Atti degli Apostoli: Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue (Glossolalia) come lo Spirito dava loro di esprimersi”. Dopo tale manifestazione dello Spirito Santo, cioè la terza “invisibile” forza divina della Trinità, chiunque sentisse parlare gli apostoli percepiva le loro parole come se fossero pronunciate nella propria lingua madre e così gli apostoli, potendo farsi comprendere da tutti, iniziarono a diffondere il messaggio divino: lo Spirito Santo scendendo su di loro li aveva trasformati da uomini semplici in sapienti oratori. La Pentecoste, detta anche Pasqua delle rose è, secondo un’antica tradizione, una festa che prevedeva, durante la celebrazione della Santa Messa, il rito spettacolare e simbolico di una pioggia di petali di rose sui fedeli, per ricordare la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli in forma di fiammelle. Nell’arte, le rappresentazioni della Pentecoste sono presenti, già nelle miniature e nei mosaici dei primi secoli, poi si moltiplicarono soprattutto alla fine del Medioevo quando iniziarono ad essere costituite le ‘Confraternite del Santo Spirito’ e dopo il XVI secolo con l’istituzione, da parte di Enrico III, dell’Ordine di Santo Spirito. In Casentino troviamo un interessante dipinto che raffigura questo tema, nella Propositura di San Marco a Poppi. L’opera realizzata da Francesco Morandini (Poppi 1544 – Firenze 1597) detto il Poppi dal suo paese d’origine, presenta gli apostoli con le fiammelle sopra la testa, disposti intorno alla Vergine che è raffigurata sulla destra seduta su un trono coperto da un baldacchino. La presenza della Madonna nella scena della Pentecoste è argomento molto discusso soprattutto nel periodo della Controriforma poichè non trova riferimenti nella documentazione conosciuta. Si è pertanto ipotizzato che questa tradizione iconografica possa aver avuto origine da un passaggio del capitolo precedente il racconto della Pentecoste, dove si narra che gli Apostoli, riuniti a Gerusalemme in una stanza alta, cioè nel piano principale della casa, “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At.1,14). Si può anche ipotizzare che Maria, come nella scena dell’Ascensione, rappresenti la Chiesa, di cui gli apostoli sono i messaggeri. Nel dipinto del Morandini, gli apostoli formano un cerchio attorno alla Vergine che presiede l’assemblea e sono raffigurati con lo sguardo verso l’alto dove, in mezzo ad un bagliore, appare la colomba dello Spirito santo che ha fatto planare sopra le loro teste una pioggia di fiamme o di lingue di fuoco. Solo uno di loro ha lo sguardo rivolto verso lo spettatore: si tratta probabilmente di Mattia che fu eletto apostolo al posto di Giuda il traditore proprio in quell’occasione. I movimenti concitati degli apostoli manifestano in maniera evidente la sorpresa per aver ricevuto il dono delle lingue; infatti fanno anche ‘gesti d’allocuzione’ per indicare che stanno conversando con idiomi diversi e mostrano il loro poliglottismo facendo gesti oratori più o meno evidenti. La gestualità dei personaggi oltre a rispondere all’esigenza di manifestare la sorpresa per la scoperta della capacità di parlare lingue sconosciute, rispecchia atteggiamenti teatrali tipicamente manieristici. Il ‘vento impetuoso’ che spalanca la porta del Cenacolo, così come si evince dai testi, sembra entrare anche dalle due aperture sul fondo della stanza avvolta da un gorgo visivo di grande spettacolarità che coinvolge lo spettatore e che rimanda a soluzioni proposte già da Andrea del Sarto. Lo stile inconfondibile del Poppi è caratterizzato da solide anatomie, rese morbide dallo sfumato e dai giochi di luce e dal dinamismo dell’impaginazione spaziale della scena che ruota intorno alla figura della Madre di Gesù. Gli effetti pittorici del dipinto sono brillanti, leggeri e fluenti, il chiaroscuro è lieve, l’effetto vaporoso e le espressioni eteree, tutte caratteristiche inconfondibili del Poppi, artista che fu ospitato per alcuni anni presso l’Istituto degli Innocenti dallo spedaligno ed erudito Don Vincenzo Borghini, suo estimatore e protettore. Del dipinto abbiamo notizia da una lettera che lo stesso artista inviò nel 1575 da Poppi a Firenze proprio a Don Vincenzo, informandolo che aveva avuto la commissione del lavoro dalla Compagnia dello Spirito Santo detta anche dei Neri. Allievo del Vasari, il Poppi fece parte della cerchia di artisti attivi alla corte medicea nel circolo intellettuale e sofisticato del principe Francesco, ottenendo molti successi. Il profondo attaccamento del Morandini al suo paese d’origine si manifesta chiaramente nell’assumerne il nome e firmare alcune delle sue più importanti opere con una sigla formata dalle consonanti presenti nel nome del suo paese d’origine: le caratteristiche tre P allineate e con la (o) e la (i) di minori dimensioni iscritte nella prima e nella terza P. Simile ad un monogramma, la sigla diventa un tropo che consiste nella sostituzione del suo nome di battesimo con quello del suo paese.