Nella tradizione cristiana l’Epifania è la festa della rivelazione di Gesù come Dio. La parola stessa Epifania, in greco significa apparizione ed è da sempre collegata alla manifestazione di una divinità. La Chiesa cattolica associa l’Epifania alla nascita di Gesù e all’adorazione dei Magi arrivati da Oriente con i loro doni, a rendere omaggio al Bambino Gesù. E’ festa nota anche come Teofania (rivelazione, manifestarsi) o Giorno dei Re Magi ed è l’ultima delle solennità del tempo del Natale: da qui il proverbio popolare: “L’Epifania, tutte le feste porta via”. È una festa chiamata impropriamente anche Befana (corruzione lessicale di Epifania) figura folkloristica di una vecchietta “che vien di notte con le scarpe tutte rotte”. Si tratta di una figura popolare tipicamente italiana, poco conosciuta nel resto del mondo, che affonda le sue radici nei riti propiziatori pagani legati al solstizio d’inverno e al raccolto dell’anno nuovo. Esiste però una leggenda che lega la Befana ai Magi: diretti a Betlemme, i Magi avrebbero chiesto informazioni a un’anziana, incontrata lungo la strada, invitandola a seguirli per omaggiare Gesù. La donna, che si rifiutò di seguirli, si pentì poi della decisione presa e s’incamminò per raggiungerli portando con sé un cestino di dolci e, fermandosi a bussare ad ogni porta in cerca di Gesù, ne fece omaggio ai bambini che incontrò. In Casentino, la scena dell’omaggio dei Magi è raffigurata nella parete di sinistra della Cappella Buonafede nella pieve di Santa Maria Assunta a Stia. Leonardo Buonafede, spedalingo di Santa Maria Nuova a Firenze, istituì questa cappella di proprio patronato, probabilmente incoraggiato dall’amico pievano Leonardo Cei, negli anni che vanno dal 1526 al 1529. La scena dell’ Adorazione dei Magi raffigura Giuseppe, Maria seduta con in braccio il piccolo Gesù in atto benedicente e sulla sinistra il gruppo dei Magi: tre figure riccamente abbigliate, in piedi e uno inginocchiato (figura quasi completamente andata perduta per la caduta dell’intonaco) davanti al Bambino Gesù. Viene da chiedersi se il terzo personaggio del gruppo in piedi possa o meno essere identificato con un quarto magio così come una leggenda poco nota tramanda oppure pensare che si tratti di un servitore dei tre re. Se accettiamo l’ipotesi che si tratti del quarto magio, il cui nome era Artaban, è bello ricordarne la storia: proveniva dalla Persia ed era partito con gli altri pensando di recare come dono a Gesù, un sacchetto di perle. Ma, strada facendo, incontrò molti bisognosi ai quali regalò tutte le perle, giungendo a Betlemme senza doni e molto tempo dopo gli altri. Ma fu proprio allora che nella notte sognò Gesù che lo ringraziava delle perle che gli aveva regalato. Sui re Magi si trovano notizie solo nel Vangelo di Matteo, testo che nei secoli è stato arricchito da una lunga e variegata tradizione. L’evangelista li descrive come uomini sapienti, esperti in astrologia, persone che sapevano riconoscere i segni del cielo. Non è certo che fossero in tre né che seguissero una cometa, mentre con precisione vengono citati i doni: oro, incenso e mirra. Solo nei Vangeli apocrifi e in particolare nel Vangelo Armeno dell’infanzia si precisano i loro nomi: Melchiorre, re dei Persiani, Baldassarre, re degli Arabi e Gaspare re degli Indiani. Anche la cometa sarebbe il frutto della tradizione: nel Vangelo di Matteo si parla genericamente di una stella. La scena dell’offerta dei Magi, di Stia, pittura attribuita recentemente dallo studioso Francesco Traversi, al pittore fiorentino Antonio di Donnino del Mazziere (Firenze, 2 novembre, 1497 – 22 settembre, 1547) si caratterizza per una narrazione vivace e con uno stile che diverge dalla norma classica evidente nei dettagli delle piccole figure sulla collina, nella conduzione delle teste dei cavalli o nel particolare dei magi che disinvoltamente sorreggono con una mano un lembo dei lunghi e preziosi mantelli. L’impostazione compositiva e spaziale risulta accurata, le figure sono condotte con pose vibranti e risultano caratterizzate da fisionomie accentuate; l’insieme della scena riflette modelli fiorentini della prima metà del secolo XVI dove qualche stravaganza manierista e un realismo di provenienza nordica, si uniscono alla raffigurazione del soggetto sacro. Antonio di Donnino del Mazziere, artista inserito nel panorama fiorentino di primo Cinquecento, è da considerarsi tra quelli detti Eccentrici ai quali risulta accomunato da sottili ed estrose divergenze dai modi classici; uno degli allievi irregolari di Franciabigio con propensioni anticlassiche come dice Vasari. Una curiosità: si tramanda che nel XII secolo, dopo la guerra condotta da Federico Barbarossa contro il Comune di Milano, il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, che era pure l’arcivescovo di Colonia, decise di sottrarre alla città lombarda il suo tesoro più prezioso, i corpi santi dei tre Magi che erano conservati in un sarcofago nella basilica di Sant’Eustorgio, lì giunti nel 345 e che vennero restituiti a Milano solo nel 1903.