Vetrata di Ruggero Biggeri (Bibbiena 1930 -2020) nella pieve di sant’Ippolito a Bibbiena sul lato destro della chiesa
Il V canto del Purgatorio, nel quale Dante narra dell’incontro con Bonconte da Montefeltro, tratta il tema della imperscrutabile misericordia divina e infonde nell’anima dei fedeli una grande speranza. Con la vicenda di Bonconte il poeta evidenzia il valore del pentimento che supera la dimensione umana così come la possibilità dell’assoluzione poiché entrambi si attestano in Cielo e non presso la giustizia terrena. A differenza dell’Inferno e del Paradiso, la cantica del Purgatorio non trova precisa definizione nelle Sacre Scritture. La convinzione che nell’oltretomba esistesse questo regno intermedio, trovò conferma nella dottrina della Chiesa solo intorno al secolo XII e secondo il pensiero dello storico francese Jacques Le Goff “per la storia del Purgatorio, il miglior teologo è Dante”. La battaglia di Campaldino dell’11 Giugno 1289, cui partecipò anche il giovane poeta, è ricordata attraverso la vicenda della morte di Bonconte, del quale non fu mai ritrovato il corpo. Il problema dell’insepoltura del condottiero apre a considerazioni e riflessioni che attraversano i secoli, dall’Antigone di Sofocle ai Sepolcri di Foscolo. La vicenda è nota: pochi istanti prima di morire Bonconte, padre della contessa Manentessa, consorte di Selvatico dei conti Guidi di Pratovecchio, colpito a morte durante la battaglia, alla confluenza dell’Archiano con l’Arno, riesce ad invocare la Vergine Maria e fattosi una croce sul petto, in segno di pentimento, lascia la vita terrena. Sono questi gesti a consegnarlo alla Misericordia divina: ”Nel nome di Maria finì e quivi/ caddi e rimase la mia carne sola” . L’angelo di Dio, dopo una furibonda lotta con il diavolo, riesce ad avere la meglio e impossessarsi dell’anima del condottiero destinandolo così alla salvezza. L’episodio narrato da Dante, così carico di mistero, è stato fonte d’ispirazione per artisti di ogni secolo e ciò che colpisce è infatti l’iterazione della scena in tempi e luoghi diversi quasi a sottolineare l’universalità del messaggio che sottende: la lotta tra il Bene e il Male, uno dei più grandi drammi dell’umanità. Ne troviamo testimonianza in xilografie della fine del secolo XV fino alla gouache di Pippo Madè del 2016. Del V canto e della vicenda di Bonconte, la sequenza che più ha ispirato gli artisti è stata senza dubbio la lotta tra il diavolo e l’angelo di Dio poiché si tratta di una scena spettacolare; nell’opera che presentiamo invece, destinata ad un luogo sacro, viene raffigurata per la prima volta la figura della Vergine il cui ruolo di intermediaria, è fondamentale e risolutivo per la salvezza del condottiero. A Bibbiena presso la pieve dei Santi Ippolito e Donato, a destra del transetto, si trova una monofora centinata con una vetrata organizzata in tre pannelli che raffigurano tre sequenze del racconto dantesco. Realizzata dal pittore originario di Bibbiena Ruggero Biggeri (1930 – 2020) negli anni cinquanta del Novecento, recuperando la tecnica delle vetrate con legatura a piombo, la vetrata narra la vicenda del V canto del Purgatorio. Partendo dall’alto possiamo osservare il riquadro con la scena dell’incontro di Dante e Virgilio con il condottiero; nel riquadro centrale campeggia la figura della Madonna che benedice Bonconte morente sulle sponde dell’Archiano mentre sullo sfondo cavalli e cavalieri rimandano alla battaglia di Campaldino; nell’ultima scena si osserva il corpo di Bonconte travolto dalle acque impetuose del torrente Archiano e sullo sfondo lo skyline della cittadina di Bibbiena. La scelta della tecnica della vetrata che ben s’inserisce nel solco della tradizione chiesastica e la capacità del pittore di esaltare le forme, i valori plastici, la corposità dei volumi, nonché l’utilizzo di una squillante policromia, rendono quest’opera unica. La materia vitrea che agisce attraverso gli effetti della luce, reagisce alle condizioni del cielo e permette la trasformazione delle immagini, creando una specie di realtà virtuale. Mezzo di espressione spirituale, la vetrata è pittura dipinta dal sole o dal cielo cinerino: la luce la impreziosisce e ne esalta i colori e la misticità delle scene, il grigio delle giornate di pioggia invece rende la sensazione di rivivere il funesto temporale che si scatenò alla fine della battaglia di Campaldino. In qualunque momento la si osservi, la sensazione è quella di partecipare ad un’esperienza immersiva perché le pennellate di colore o accese dalla luce solare o opacizzate dal grigio di una giornata di pioggia, creano una dimensione sospesa ed onirica nella quale trovano spazio ricordi danteschi, riflessioni escatologiche e forti emozioni.