Il Presepe in Casentino tra riti e tradizioni.
I Presepi del territorio di Poppi, per la prima volta, sono stati inseriti nel progetto divulgativo della Terra dei Presepi, ideato e coordinato dall’Associazione Nazionale Città dei Presepi.
“L’interessamento al nostro territorio da parte del progetto Terra dei Presepi – ha commentato Marco Seri, assessore alle Associazioni ed alla Promozione del Comune di Poppi,- ci ha riempito di soddisfazione perché andava a premiare l’impegno che il nostro territorio ha portato alla realizzazione non solo di presepi ma di vere e proprie opere d’arte.”
“Inoltre, – ha proseguito Marco Seri – in qualità di “Ambassador” del FEISCT (Federazione europea itinerari storici e turistici) ho condiviso appieno il progetto Terre dei Presepi Greggio- Assisi dell’Associazione Nazionale Citta dei Presepi e voluto fortemente l’inserimento dei più celebri e storici presepi che caratterizzano il nostro territorio come quello di Moggiona, con i tre presepi dedicati ai Bigonai, principale attività lavorativa che per secoli ha caratterizzato questi luoghi, Badia Prataglia con il presepe artistico collocato nell’antica cripta del IX secolo della chiesa di Santa Maria Assunta ed i presepi dislocati lungo il borgo di Poppi dove spicca la rappresentazione meccanica della natività presso la Badia S. Fedele. Senza niente togliere in fatto di realizzazione artistica a quelli di Quota, Lierna, Certomondo, realizzato presso il Cenacolo dei Frati Cappuccini ed di altri minori ma non per questo non meno importanti.
Un patrimonio materiale e immateriale da valorizzare e far conoscere, nell’ottica di divulgazione della cultura popolare, di riti e tradizioni casentinesi che vogliono essere un preciso omaggio a quelle persone, purtroppo scomparse, che hanno dedicato la loro vita a custodire una tradizione centenaria che ci viene tramandata nel nostro Comune attraverso usi e costumi, bellezze paesaggistiche ed artistiche del nostro meraviglioso Casentino.”
Poppi Centro Storico, Badia di San Fedele. Lorenzo Cavalieri, ricordi di un presepista.
Il presepe “meccanico” di Poppi vede le sue origini nella seconda metà degli anni ’60 quando un nutrito gruppo di ragazzi che gravitavano attorno allo sventolio della tonaca di Don Vezio, nello spirito di unione si cimenteranno nell’opera. Grazie all’aiuto essenziale di Francesco Acciai detto “Franceschino” che mise in atto il suo estro e le sue capacità manuali, dando vita a meccanismi mai impiegati fino ad allora: un motore elettrico ed una ventola di raffreddamento di un vecchio camion divennero il sistema di movimento del polistirolo per l’effetto neve. Vecchie ruote di bicicletta mosse da cinghie artigianali, tramite giochi di specchi divennero i meccanismi dei pastori… tutto questo ed altro dettero vita al presepe meccanico con automatismi introvabili nemmeno sul mercato attuale. Questo presepe vedeva tutto il gruppo della parrocchia occupato nei preparativi già alcuni mesi prima della festa della Concezione, quella dell’ 8 dicembre. La sua collocazione non era fissa; a volte nel coro della Propositura, in fondo Chiesa, a volte all’interno delle cappelle laterali dell’Oratorio della Madonna contro il Morbo. Dagli anni ’80, per motivi logistici, il tutto venne trasferito all’interno della Badia di San Fedele. In quel tempo i ragazzi di don Vezio erano cresciuti ed avevano preso le loro strade per cui la Venerabile Compagnia di San Torello si fece carico della realizzazione del Presepe “ammodernato”. Alcuni “superstiti” dei ragazzi degli anni ’60 riuscirono a coinvolgere le nuove leve.
Tra questi è doveroso ricordare, Angiolino e Roberto Fani, Franco Rolloni, purtroppo non sono più tra noi, che diligentemente istruirono i giovani e furono loro di esempio nell’applicare la carta tinta artigianalmente. Inoltre vennero realizzati nuovi meccanismi con l’impiego di vecchi “bambotti” che, tramite piccoli motorini elettrici, davano vita al pescatore, agli spaccalegno, alla pompa del pozzo, al fabbro, all’ubriaco etc…
Intanto in famiglia, le mamme, le zie, le nonne provvedevano a realizzare i vestiti nello stile dell’epoca e una volta realizzato il Presepe, il lavoro non era finito in quanto, specie nei giorni di maggiore affluenza, occorreva un controllo costante per verificare che tutto funzionasse alla perfezione ed in caso di malfunzionamento si doveva tempestivamente intervenire in qualsiasi momento. A questo ruolo erano deputati Angiolino e Roberto Fani oltre ad Aldo Chiovelli detto “Chiarina” sempre e comunque presente nella sua Badia.
All’interno della Badia di San Fedele, gli ampi spazi consentivano la realizzazione del Presepe in fondo alla Chiesa, con tempi relativamente brevi per il montaggio ed il successivo smontaggio dell’opera.
In seguito ed a tutt’oggi, il Presepe è realizzato all’interno del Chiostro del Convento anch’esso visitabile, e visibile dall’ 8 dicembre fino all’epifania.
Badia Prataglia: i “Preseposi Badiani” raccontano la loro storia.
La cripta dell’VIII° secolo dell’Abbazia di Prataglia è sempre stata di ispirazione per realizzare la natività ed il presepe quindi… già da ragazzini insieme a Don Francesco che lo permetteva, si sono avvicendati gruppi di più giovani e meno giovani, che hanno mantenuto viva questa tradizione che ancora oggi resiste nonostante gli impegni di lavoro e di famiglia dei molti che ne prendono parte… Per diversi anni la rappresentazione del presepio è stata fatta anche in piazza, una rappresentazione vivente della natività, con tanto di bambini che facevano i vari mestieri, un mulino che girava nel fosso e tutte le casette di legno sparse in una parte del parcheggio ed altre a ridosso delle case… In un anno, in particolare, fu particolarmente entusiasmante da momento che, all’uscita della messa di mezzanotte stava nevicando e tutta la scenografia intorno fu veramente emozionante. Poi seguirono anni nei quali il paese venne rappresentato con parecchie delle strutture caratteristiche di Badia Prataglia vennero realizzate in miniatura e ambientate sotto una struttura in legno collocata nella piazza. Purtroppo il maltempo ed il freddo non ci hanno permesso di continuare questo allestimento ma, la cosa peggiore è stata quando qualche delinquente per non dire farabutto ha trafugato tutti i personaggi che rappresentavano i paesani, sapientemente costruiti e colorati col Dash da due ragazze del paese. In questi personaggi si potevano riconoscere il parroco, il governatore della Misericordia, il dottore, la nuova farmacista, il macellaio, il droghiere, il benzinaio, i carabinieri, gli allestitori col trapano in mano mentre realizzavano l’opera e tutti gli altri. Quest’anno il Presepe è stato aperto nella cripta con il titolo “Badia nel Presepe” in quanto sono state allestite alcune di quelle strutture “moderne” di cui sopra… L’invito, anche se sono gli ultimi giorni, è quello di venirlo a visitare, vale senz’altro il viaggio.
Moggiona racconta i Presepi dei Bigonai
Tutti conoscono i bigonai, così chiamati dal momento che si dedicavano alla costruzione dei “bigoni”, ovvero dei contenitori lignei a doghe che servivano per la raccolta dell’uva.
Essendo il mestiere del bigonaio così caratterizzante del paese di Moggiona, questa attività è stata perfettamente inserita all’interno dei presepi, per fare in modo che la memoria potesse sposarsi con la tradizione religiosa. Sotto l’antico forno camaldolese è stato allestito un grande albero a “carella” ovvero costituito dalle doghe dei bigoni che appunto vengono “accarellati”. Ed è proprio davanti a questo originale albero che viene posizionato il Presepe a cura della Proloco di Moggiona. Il secondo Presepe viene realizzato dalla Compagnia del Santissimo Sacramento, all’interno della Chiesa dedicata a San Giacomo. Il terzo, ed ultimo dei Presepe è collocato all’interno dell’EcoMuseo del Casentino in quella che possiamo definire la “bottega” dei Bigonai. Anche in questo caso le visite potranno essere effettuate fino alla domenica che segue l’Epifania.
A conclusione di questa nostra intervista all’assessore Marco Seri, ci ha voluto precisare: “Colgo l’occasione per ringraziare le associazioni e le pro loco che ogni anno si adoperano per rendere magiche le festività natalizie con le luminarie e momenti di socialità ed aggregazione. Nei ricordi dei presepisti, i nomi di alcuni storici concittadini purtroppo venuti a mancare, che ho conosciuto e di cui ho potuto apprezzarne i valori, oltre che imparare da loro i segreti in occasione dei ritrovi serali per i preparativi del Presepe. In loro si legge l’amore e la passione per tramandare una tradizione che vuole essere nel segno della famiglia e della pace”.
Un po’ di storia
San Francesco in Terra Santa: nasce l’idea del Presepe
Quando pensiamo al presepe, subito ci viene in mente San Francesco e il paese di Greccio, l’antico Borgo dove, per tradizione il Santo realizzò il primo presepe della storia durante il Natale del 1233. Greggio si trova in Sabina, nell’Alto Lazio, ai confini con l’Umbria, è un borgo medievale che sorge su di un costone dei Monti Sabini, sul bordo occidentale della Piana di Rieti e non in Umbria, come in più occasioni ci hanno ricordato alcuni storici forse geograficamente distratti. Ma la curiosità maggiore deriva dal fatto che questo presepio è nato, nella mente di Francesco, in seguito all’esperienza avuta dal Santo quattordici anni prima… in Palestina.
Il desiderio di Francesco di visitare Betlemme era sempre stato nei suoi pensieri, ma il viaggio che il Santo fece nel 1219 in Terra Santa dette maggiori soddisfazioni grazie all’incontro che ebbe con il Sultano Malik al-Kamil sotto una tenda sulle rive del Nilo, durante uno dei tanti momenti di pace nel corso della quinta crociata indetta da Papa Onorio III. Il nipote di Saladino aveva da poco inflitto una dura lezione ai crociati, sconfitta predetta dallo stesso Francesco, come scriverà Tommaso da Celano e, per far cessare ogni tipo di ostilità, avrebbe proposto ai Cristiani di fare di Gerusalemme una città aperta ad ogni culto, e di averli aiutati nella ricostruzione dei luoghi Santi, se i crociati avessero abbandonato, con le loro armate, la Palestina e l’Egitto, ritirandosi a Cipro. Per cercare una mediazione e far finire quegli inutili massacri, Francesco si presentò nell’accampamento del Sultano armato solo della fede contro quelle guerre che non avrebbero mai avuto un senso e ne uscì sano e salvo molti giorni dopo.
Fu quello un incontro di cuori e di menti intente ad ascoltare e decisi a far tacere le armi, appianare le incomprensioni, a pregare e a lavorare per un ideale comune, nel rispetto delle proprie radici: cristiana e musulmana. Non furono ascoltati… ma il loro esempio fu al centro di meditazioni profonde in ogni dove. Francesco, rientrato in Italia, ebbe l’idea di festeggiare la nascita del Bambino Gesù con un presepe in una spoglia grotta di un eremo dei Frati Minori nel borgo Medievale di Greccio. Il Santo Poverello di Assisi, fece mettere una greppia colma di fieno, con ai lati un bue ed un asinello, per ricordare ai fedeli l’ambiente estremamente povero in cui era venuto al mondo il Salvatore. Il popolo accorse, constatando come la storia sacra si ripetesse sotto gli occhi di tutti e da quel momento in poi il presepe divenne tradizione.
Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Dopo quella prima ricostruzione della scena della natività a Greccio, e con quanto scritto da Dante nel canto XXXIII del Paradiso, i seguaci del Santo di Assisi furono i primi ad accogliere con intensa partecipazione la pia usanza del presepe che il fondatore aveva vissuto nel Borgo Sabino.
Il Presepe diventa “La Capannuccia”
Già nel 1400 i fiorentini e nel contado, amavano gareggiare fra chiese, monasteri e case private, allestendo la capannuccia più bella, più curiosa, più spirituale e più creativa che si potesse realizzare. I personaggi, spesso e volentieri, erano vere e proprie piccole opere d’arte, fatte in terracotta dell’Impruneta, oppure in gesso da modesti artigiani e, per chi non poteva spendere, la fantasia permetteva di inventarsi pastori e Sacra Famiglia con i materiali più strani e più diversi. Anche se, coloro che hanno dato lustro all’arte del presepe, i più produttivi e i massimi esperti di questa tecnica del gesso, sono e sono stati i cosiddetti “figurinai” della Garfagnana, considerati da sempre artisti per eccellenza che in prevalenza risiedevano nel paese di Coreglia in Val di Lima.
Con quel candido materiale povero, fragile e maneggevole ogni artista riusciva a realizzare i vari personaggi del presepe, graziosamente colorati, che in occasione delle sagre, specialmente sotto le feste di Natale, andavano a vendere nelle città e nei paesi, riuscendo così a raggranellare un po’ di denaro, sempre utile per permettersi, in quelle ricorrenze religiose, di festeggiare in modo diverso la vita di tutti i giorni. Non tutti i figurinai furono semplici e sconosciuti artigiani, qualcuno di loro divenne anche un ottimo scultore, con una propria bottega, come i Della Robbia, Domenico Ghirlandaio, l’Angelico o Benozzo Gozzoli. Altri riuscirono ad allestire una vera e propria fabbrica di statuine di gesso che, con le innumerevoli chiese sparse su tutto il territorio, ogni produzione veniva a trasformarsi in un business commerciale, spiegando così la grande diffusione del presepe, avuta da tale tipo di artigianato che, con uso improprio veniva definito “povero”, solo perché l’acquisto di quelle “figurine” era riservato ad un pubblico appartenente a tutti i ceti sociali e non alla sola ricca borghesia.
Ancora oggi, in Casentino, ci sono artisti che con la loro arte e la tecnica di creare e allestire, attraverso opportune soluzioni architettoniche e prospettiche, le scene, fanno rivivere una tradizione, quella della capannuccia, che ha da sempre un preciso obiettivo: riportare al centro del Natale il suo originario significato, quello della Sacra Famiglia.
Una nota bizzarra la vorrei dedicare ad un caro amico, che non molto tempo fa, ci ha lasciato, Riccardo Marasco, quando in occasione del Natale del 1972 incise per Birba Edizioni Musicali La Capannuccia, una canzone in vernacolo che, pure scherzandoci sopra, solo chi ha amato e rispettata la sacralità della vita può permettersi di scrivere, proprio come l’amico Marasco.
In quella capannuccia, laggiù, ni’ Medioriente,
i’ ventiquattro sera c’era un fottìo di gente!
L’è pien di bancarelle che vendon d’ogni cosa:
croccanti, torroncini, semi, lupini a iosa.
Compratelo i’ mi’ migliaccio! e’ grida i’ barroccino,
L’ho carda la pattona! Ci ho i’ pan di ramerino!
Chi vole le bruciate? Son calde le ballotte!
O palle gira ai’ largo chè tu me l’ha’ già rotte!
I’ duro chi me lo piglia! La bolle c’è i’ trippaio!
Carte, cartocci, bucce, gliè un gran tatananaio!
Chi vende i brigidini, chi mangia i’ buccellato
Chi và chiedendo attorno “ma scusi ‘unn è ancor nato?”
Chi và ciucciando haschìsche, chi gomme americane.
Stia fermo giovinotto la ‘un spinga co’ le mane!
A mezzanotte in punto s’aspetta i’ lieto evento…
Speriamo ‘un faccia tardi perché qui e’ tira vento!
Io vengo tutti gli anni e’ ‘un posso farne a meno.
Vede’ qui’ bel bambino sopra un ballin di fieno!
Io e’ mi commovo facile, scoppiavo sempre in pianti
quest’anno pe’ conforto e mi son portato i’ chianti.
Ni’ mezzo a i’ cicaleggio forte mugghisce i’ bue:
sarà che so’ briaco ma qui e’ n’è nati due!!!
I quattro evangelisti son presi da sgomento
gliè tutto da rifare i’ Novo Testamento!
Un testamento nuovo fatto da i’ Feltrinelli
che narri vita e morte di questi due gemelli.
Poi poi ‘un sarà un gran male, e’ ‘un muta la dottrina.
Pensa un po’ che bordello se gliera una bambina!
Così ni’ pigia pigia vola la santa notte
e gli arabi e gli ebrei tornano a dessi botte!