L’avevano nascosta in una cassa sigillata. Tenuta al riparo dalla guerra e dai furti. Come tante altre opere di valore, si aveva premura di conservarla fino a conflitto terminato. Ma queste precauzioni non bastarono a impedire che venisse trafugata, durante la Seconda Guerra Mondiale, una delle opere scultoree più significative di Michelangelo Buonarroti, la “Testa di fauno”. Un’opera, per la verità, attribuitagli; forse la sua prima giovanile. E si trovava lì, nei sotterranei del Castello dei Conti Guidi di Poppi, dopo essere stata trasferita da Firenze, per paura dei bombardamenti. Era l’agosto del 1944. A commettere il furto furono degli ufficiali nazisti di stanza in Casentino, a subirne le conseguenze fu l’umanità intera. L’opera è ancora dispersa.
Questa triste vicenda, che ha visto i militari tedeschi fuggire di corsa dal paese armi in pugno, sparando qua e là come dei banditi dopo aver minacciato i custodi del castello, sarà il tema della conferenza “Il Michelangelo rapito: un episodio sconosciuto della Seconda Guerra Mondiale in Casentino” dell’Accademia casentinese, nella loro ultima iniziativa che concluderà la stagione. Appuntamento al Castello di Borgo alla Collina domenica 8 ottobre alle ore 10 e 45.
A relazionare sull’accaduto, Costanza Brezzi, docente di materie letterarie nella scuola secondaria. Accanto (e intorno) a lei, le opere di Federico Piantini dell’Associazione Artisti Casentinesi.
Home Cultura e Spettacolo Il misterioso furto della “Testa di fauno” di Michelangelo. Un “thriller” dell’arte...