Il punto più alto del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si trova in un luogo di confine, tra Arezzo e Firenze, ma anche tra Casentino e Mugello e tra Toscana e Romagna.
Con i suoi 1658 mt il Monte Falco supera di un soffio il Falterona, suo vicino gemello, e domina la nostra vallata e quelle circostanti.
La zona del passo della Calla, è conosciuta da noi casentinesi soprattutto come “la Burraia” e ci viene naturale associarla alla neve ed allo sci. Quassù ci sono le “nostre” piste, intere generazioni di casentinesi d’inverno salivano i tornanti d’asfalto per imparare quelle nozioni che poi magari avrebbero messo alla prova nelle montagne del Trentino durante le famose settimane bianche.
Io no, mai sciato in vita mia. Ciononostante, quest’angolo di Parco attrae anche me. Per le sue vette, per i suoi prati… e per il carico di storia che contiene. Quassù infatti nasce l’Arno, un fiume sulle cui sponde si sono combattute guerre e scritte pagine fondamentali della letteratura… quassù troviamo il famoso Lago degli Idoli, testimonianza delle nostre origini etrusche. Quassù i tedeschi hanno purtroppo dato prova della loro crudeltà.
Raggiungere queste due vette, Monte Falco e Falterona, è veramente semplice ed anche piuttosto veloce, soprattutto partendo da Pian dei Fangacci, il parcheggio dove si trova il campo scuola per lo sci. Da qui basterebbe prendere la strada asfaltata in salita e percorrere il km che ci separa dalla base militare e poi da lì proseguire la salita sul sentiero. La mia escursione tuttavia sarà leggermente più lunga ed inizia proprio al Passo della Calla, pochi minuti prima delle 6.
È una tipica mattina d’estate. Il cielo è assolutamente limpido, ma il giorno prima ci sono stati temporali qua e là. L’umidità rimasta nell’aria mi regala un’alba stupenda. Il sole è un disco rosso che si alza dalla Romagna e l’effetto che produce filtrando tra le fronde degli alberi è un incendio, per una volta solo di colori, che mi lascia a bocca aperta.
Parcheggio l’auto nel grande piazzale del passo, supero il monumento di sassi ed inizio a camminare nel sentiero accanto alla maestà di legno dedicata alla Madonna della Foresta. Sentiero 00, ancora una volta. L’inizio dentro il bosco è subito in salita, il primo km ha una discreta pendenza, la fatica si fa sentire, ma vengo presto ripagato dallo spettacolo dei prati della Burraia, cui arrivo dopo aver superato l’omonimo rifugio. Mentre percorro il sentiero tra l’erba ormai dorata, il sole si alza ancora sul versante romagnolo ed ha ormai virato dal rosso fuoco al giallo. Mi accorgo di non essere solo, un gruppo di ragazzi ha campeggiato poco più in alto e adesso si stanno godendo al risveglio questa bellissima alba.
Mi ritrovo in pochi passi di nuovo al riparo del bosco, il sentiero prosegue sempre in salita, ma adesso è molto più dolce. Dopo circa 1,5 km arrivo alla stazione militare, le cui antenne si vedono anche dalla strada di fondo vallata. Occorre qua aggirare l’installazione per un piccolo e polveroso sentiero per poi continuare la salita sullo 00. Mi fermo un momento: non ho bisogno di riposare, ma ho il ricordo che da questo punto, lo scorso inverno riuscivo a scorgere l’Amiata. Oggi la foschia me lo impedisce, ma resta comunque piacevole osservare la nostra valle che a quest’ora, sono circa le 06:30, si sta pian piano animando.
Riprendo il cammino per giungere in breve a superare la parte alta dello skilift, in questa stagione, ovviamente, spettatore immobile di queste foreste. Dopo poche centinaia di metri il bosco lascia spazio a piccoli prati dove un cartello mi avvisa che siamo ormai in vetta, sul tetto del Casentino. Il sentiero spiana, gli alberi si allontanano ai lati e dritto davanti a noi, incorniciata dalle fronde, una panchina con davanti il mondo intero, o almeno quel pezzo di mondo che va da qui fino alla pianura Toscana. Non so chi ha avuto l’idea, ma quella panchina è veramente una cartolina meravigliosa, un’immagina iconica delle nostre foreste e della bellezza delle nostre zone. Quant’è bello posare zaino e bastoni, sedersi e ammirare quest’angolo di paradiso…anche qui la foschia mi frega: quest’inverno si vedevano benissimo le Apuane, l’Abetone e perfino, in lontananza, il profilo delle Alpi. Oggi no, ma resta lo stesso appagante. Mi rialzo, riprendo il cammino, questa volta per una breve discesa, sempre per l’onnipresente 00, giusto qualche centinaio di metri per poi arrampicarmi sulla destra ed arrivare in breve alla vetta gemella, quella del Falterona. Una grande croce domina la cima, e di conseguenza la valle sottostante.
Quella attuale ha una ventina d’anni, ma la croce originale in legno e dedicata alla Madonna della neve, guarda caso è del 1975 e di anni ne avrebbe esattamente quanti ne ho io. Il panorama da qua non è da meno di quello appena visto da Monte Falco, per quanto d’inverno l’assenza di fogliame lascia spaziare lo sguardo ancora di più. Sono le sette e un quarto, mi concedo alcuni istanti per assaporare tanta bellezza per poi riprendere la via del ritorno. Stesso sentiero, stesso percorso, ma questa volta in discesa. Incrocio poco prima dei prati quel gruppo di ragazzi che avevo sorpreso ad alzarsi ad inizio camminata. Carichi dei loro zaini iniziano la salita. In parte un po’ li invidio perché avranno da lì a poco quella bellissima sensazione che si prova la prima volta in cui ci troviamo di fronte a qualcosa di così bello come il Monte Falco, dove arriveranno da lì a poco. Ma in fondo poco importa…ogni volta può essere una prima volta per chi ha buone gambe per camminare e la voglia di usarle per scoprire i tanti angoli meravigliosi della nostra vallata.
Il percorso è di circa 12 km percorribile in due ore e mezza. Tutti i sentieri sono ben segnalati e semplici.