di Marco Taddei
Casentino (AR) – Il consistente e repentino calo demografico, ossia la consistente diminuzione della popolazione dal punto di vista numerico in un arco di tempo piuttosto ristretto, è un fenomeno che si manifesta in buona parte, se non in tutti, i Paesi europei. A prima vista sembra un paradosso perché sappiamo contemporaneamente che la popolazione mondiale nel suo complesso, nello stesso arco di tempo e altrettanto repentinamente rispetto al passato, è aumentata e di molto: dal 1950 al 2016 è triplicata arrivando a contare nel 2023 più di 8 miliardi di persone, un numero che comincia a suscitare forti timori riguardo a quanto e come il nostro pianeta sia in grado di sostenerlo. Viene da pensare banalmente, ma direi con tutta evidenza, che la popolazione terrestre, analogamente a quanto avviene per la ricchezza, è mal distribuita: ci sono cioè zone sovrappopolate e zone che si stanno spopolando, così come ci sono zone in cui si concentra la ricchezza (poche) e zone (molte purtroppo) in cui invece si espande la miseria e la povertà.
Del tema relativo al calo demografico in Casentino si è parlato in un incontro organizzato dall’Associazione “Casentino 2030” di Pratovecchio Stia lunedì 22 gennaio presso il Centro di formazione “Officine Capodarno” di Stia dal titolo “L’inverno demografico in Casentino: situazione e tendenze. Prospettive?”, in diretta anche su Facebook. Relatore è stato Marco La Mastra, referente dell’Osservatorio Sociale della Regione Toscana, che con una documentazione ampia e articolata ha descritto le principali cause e conseguenze del fenomeno, inquadrando la situazione della nostra valle all’interno di quella regionale.
Le cause, di diversa natura (economiche, sociali, culturali ed esistenziali) hanno prodotto un calo notevole delle nascite che sommato alla perdita di attrattività della Toscana per gli stranieri (il saldo migratorio che non compensa più quello naturale negativo) e all’aumento della quota di anziani (ingresso dei baby boomers tra gli over64) aumenta la forbice tra decessi e nuovi nati, reso ancora più evidente dagli effetti del Covid-19. I nati in Toscana nel 2022 sono stati 21.610, pari a 5,9 ogni 1.000 abitanti (6,7 in Italia) che collocano il trend regionale fra le 5 regioni con i livelli di natalità più bassi, dopo Sardegna, Liguria, Umbria e Molise.
In Casentino questi fattori hanno portato ad avere una popolazione sempre più vecchia e in forte contrazione, tanto che negli ultimi 6 anni essa si è ridotta del 4%, pari a 1.529 abitanti in meno. Al 01/01/2023 in totale gli abitanti erano 33.622, con una densità di popolazione di 48 abitanti per Km2, il tasso di natalità (nati per 1.000 residenti) nel 2022 era pari a 6, l’indice di vecchiaia (ultra 65enni ogni 100 giovani 0-14 anni) al 01/01/2023 era di 263,9 e gli over65 erano il 28% della popolazione. Per quanto riguarda le dinamiche demografiche dal 2003 al 2022 il tasso di natalità, quello di immigratorietà e la percentuale di minori residenti sono in costante calo mentre sono in ascesa il tasso di mortalità, quello di emigratorietà (coloro che lasciano il territorio) e la percentuale degli over 75.
Le conseguenze di carattere generale derivanti da questo stato di cose ma che possono valere anche per una (comunque piccola) comunità come la nostra sono ben descritte dalle parole del demografo Alessandro Rosina e dell’ex-presidente dell’ISTAT Giancarlo Blangiardo. «Ci troviamo nel primo tratto di un lungo, inedito, declino della popolazione italiana (e toscana) che caratterizzerà tutto il XXI secolo. Secondo tutte le previsioni effettuate negli ultimi anni, avremo un numero di abitanti inferiore di quello attuale e tutto questo non si produrrà certo senza conseguenze sul versante economico e sociale. I dati certificano, di fatto, il superamento del punto di non ritorno rispetto al declino demografico ed è bene aver chiaro quale è la posta in gioco. Non è tanto il numero assoluto della popolazione, ma l’evoluzione della composizione interna ad indebolire la possibilità di generare sviluppo e garantire benessere sociale nei prossimi anni e decenni. La popolazione diminuisce dal basso, non certo in maniera proporzionale a tutte le età. Da un lato la longevità va ad aumentare la popolazione al vertice della piramide demografica, dall’altro la bassa natalità va a sottrarre via via popolazione alla base. Il permanere del numero medio di figli molto sotto il livello di 2, porta ogni nuova generazione ad essere più ridotta rispetto a quella precedente. Questa va ad alimentare e rendere sempre più gravi gli squilibri tra popolazione anziana e popolazione in età lavorativa». (A.Rosina). «Il problema è che l’Italia presenta una “fragilità demografica strutturale”, accentuatasi certamente a causa dalla pandemia ma accumulata nel corso degli anni. Preoccupa la tenuta del sistema previdenziale e di welfare nel suo complesso, condizione indispensabile per la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo. Per una popolazione che vede flettere in modo così drastico il numero dei nuovi nati (dunque dei futuri occupati) e che continua a invecchiare, i conti della previdenza in un sistema a ripartizione in cui sono gli attivi a sostenere il peso dei pensionati rischia di entrare in grave sofferenza» (G. Blangiardo).
Soluzioni? Il problema come si vede è molto complesso e come tale non può prevedere una soluzione semplice. In alcune zone d’Italia e anche all’estero sono in atto tentativi di affrontare la questione con incentivi economici alla natalità; c’è però il dubbio che, essendo molto onerosi, non possano essere sicuri e costanti nel medio e lungo periodo. Fare figli significa soprattutto credere nel futuro e quindi renderlo meno incerto e instabile per le nuove generazioni di italiani e di immigrati agendo sulle cause del problema, sulla loro diversa natura: può essere una strada da seguire anche se lunga, difficile e piena di ostacoli. E’ tempo forse che anche a livello di vallata si cominci ad affrontare seriamente l’argomento.
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