Lo stiano Daniele Giachi: un “cervello in fuga” con (forse) la voglia di tornare

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Daniele Giachi

Daniele Giachi, classe 1975, stiano e casentinese doc, è un ingegnere e un giramondo. Dopo il diploma conseguito nel 1994 al Liceo Scientifico di Poppi, si è laureato alla facoltà di Ingegneria Meccanica dell’Università di Firenze nel 2002. Da allora ha lavorato per molte aziende sia in Italia che all’estero e attualmente è in procinto di partire per la Croazia per una nuova avventura. Sebbene Daniele rientri a tutti gli effetti nella categoria dei “cervelli”, a noi non piace (nonostante il titolo) definirli “cervelli in fuga” per due motivi: uno, perché nell’era della globalizzazione e dell’Europa unita crediamo abbia poco senso e siamo convinti che un giovane ingegnere abbia tutto il diritto di fare le proprie esperienze in giro per il mondo. Due, perché questi cervelli speriamo sempre che un giorno ritornino e mettano a frutto, in Italia, il loro bagaglio di esperienze.  Per conoscerlo meglio, gli abbiamo rivolto alcune domande sulla sua vita e sulla sua attività. Ecco cosa ci ha risposto:
Daniele, innanzi tutto raccontaci di che cosa ti occupi e in quali aziende hai lavorato.
In ambito professionale sono definito un “esperto di progettazione e calcoli body”, dove per body si intende tutta la parte strutturale dell’auto (la Scocca): pianale, carrozzeria, porte… più’ o meno tutto ciò che, in un’auto “convenzionale” è lamiera.
Ho iniziato come Analista Strutturale in FIAT, dove mi occupavo delle simulazioni crash (gli urti che assegnano le famose stelle Euro-NCAP) della Grande Punto, poi ho proseguito, sia continuando ad occuparmi di Analisi Strutturali (ad esempio in TESLA dovevamo capire come riprogettare tutta la struttura in Alluminio della Model-S, per passare alle 4 ruote motrici e per poter utilizzare lo stesso pianale per il suv Model-X), sia come Responsabile dell’intero team di Progettazione di Scocca di alcune auto (dalla FIAT 500 del 2007, all’hypercar FERRARI La Ferrari con monoscocca in Carbonio, alla nuova Mini-Cabrio).
Presto inizierò una nuova avventura come Chief-Engineer per RIMAC AUTOMOBILI, una start-up Croata che ha grandi ambizioni per il futuro ed ha già ottenuto risultati importanti (http://www.rimac-automobili.com); si tratterà di una Hypercar completamente elettrica con più di 1.000 cv, 4 ruote motrici e monoscocca in Carbonio. Incrociamo le dita!
Per saperne di più potete dare un’occhiata al mio profilo LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/giachi
È stato difficile, per te, lasciare il Casentino e proiettarti in una vita in giro per il mondo?
Sì lo è stato e lo è tuttora. Ho avuto la fortuna e la tenacia di riuscire a realizzare quello che sognavo fin da piccolo a livello professionale; sono davvero appassionato del mio lavoro; ma tutto ciò ha il suo rovescio della medaglia e ti impone dei grossi sacrifici sul piano personale. Starei volentieri a Stia, ma una volta intrapreso un certo percorso, non è facile lasciarlo e così, per motivi personali, continuerò a fare il “pendolare bisettimanale” da Zagabria. Considerando che stavo valutando delle offerte dalla Cina, mi è andata piuttosto bene!
Cosa ti manca, di più, della tua terra?
Senza alcuno dubbio la natura; il verde delle sue montagne, il cielo azzurro, i castelli; per un motociclista e, soprattutto, un GUZZISTA, sono cose fondamentali; ma mi manca anche l’atmosfera del “paese”… sia come ritmi che come rapporti tra le persone… Il bar, i negozi…
Ad un giovane laureato del Casentino consiglieresti di seguire le tue orme e di fare delle esperienze all’estero? E se sì, perché?
Ah… di consigli ne avrei tanti! Prima di tutto quello che ritengo più importante per chi si accinge ad iscriversi all’Università: fate quello che vi piace, qualsiasi cosa sia! Non prestate attenzione alle richieste del mercato del lavoro per scegliere il vostro percorso; almeno per due motivi: 1) Il mercato del lavoro cambia continuamente e ciò che è richiesto oggi non è detto lo sia tra sei anni 2) Se fate ciò che vi piace avrete sempre “una marcia in più “nel proporvi e nell’affrontare le difficoltà che verranno. Un’esperienza di lavoro all’estero è fondamentale per aprire la mente ad altre culture ed altri sistemi sociali e per avere un metro di paragone vero con ciò che spesso critichiamo. Da questo punto di vista, la vita ed il lavoro negli Stati Uniti sono stati illuminanti, sia per toccare con mano quanto la realtà sia diversa da ciò che ci viene passato dai media, sia per comprendere quale sarà l’evoluzione (direi più l’involuzione) della nostra società, proseguendo sul percorso neo-liberista e “riformatore”.
Tu, come ci hai raccontato, hai lavorato anche in importanti aziende italiane. Quali sono le differenze che hai notato con le altre aziende estere?
Vi posso assicurare che, almeno per la mia esperienza, in nessuna Azienda estera si lavora tanto e con la stessa passione con cui lo facciamo in Italia. Questa passione ci porta verso un’individualismo difficilmente incasellabile nei meccanismi di strutture molto complesse e che richiedono un’organizzazione rigida ed ordinata per fornire risultati di qualità, ma ci dà anche una fantasia ed una flessibilità nel rispondere al variare delle condizioni, che altri popoli si sognano e che ci riconoscono immancabilmente. La nostra cultura e la nostra italianità (con i pro e i contro che tutti hanno) non ci hanno mai limitato in passato… noi facevamo Ducati e Lamborghini, i tedeschi le VolksWagen… Ovviamente, se si viene poi costretti ad esprimersi con regole dettate dai propri avversari, i risultati cambiano radicalmente. Per ciò che riguarda i rapporti con in dipendenti, la realtà che mi ha colpito di più è stata quella americana, nella quale anche solo l’offrire un caffè ad una collega può essere inteso come Sexual-Harrassment e ti rende passibile di licenziamento immediato; dove ho visto amici che, dopo essersi trasferiti come me dall’Europa stravolgendo la propria vita, senza alcun motivo, sono stati accompagnati alla porta nel giro di 30 minuti. Ovviamente, con un sistema di questo tipo, la critica costruttiva all’interno del proprio team di lavoro e con il proprio responsabile rischia di essere del tutto annientata, con ovvie limitazioni per i risultati. In questo senso non ritengo molto positivo il nuovo contratto a tempo indeterminato… dove “indeterminato” rischia di essere soltanto il giorno del licenziamento.
Infine, un’opinione sul tuo Casentino. Nella nostra valle la situazione lavorativa, attualmente, non è delle più rosee. Molte aziende hanno chiuso, altre usano spesso la cassa integrazione e molti sono i casentinesi senza lavoro. Sappiamo che la domanda è difficile, ma cosa consiglieresti ad un imprenditore casentinese?
Purtroppo a mio parere, una volta che si è vincolati a certe scelte politiche e macro-economiche, penso sia difficilissimo per un singolo imprenditore ribaltare l’attuale situazione e guardare al futuro con fiducia. La soluzione sarebbe quella che spesso ci sentiamo ripetere: puntare sul Made-In-Italy investendo in Ricerca e Innovazione senza cadere nel circolo vizioso della riduzione costi. Il problema è la mancanza di uno Stato che stimoli in modo diretto l’economia reale, che ci difenda da concorrenze “asimmetriche”, che favorisca gli investimenti e permetta alle nostre potenzialità di esprimersi come meritano.
Di uno Stato, da un lato molto più presente a livello “strategico”, dall’altro che sostenga e stimoli lo sviluppo delle Piccole e Medie Imprese e le “start-up”, che sono il vero motore dell’Innovazione e della Crescita non solo in Italia, ma ovunque. Esse sono le uniche realtà private in cui si guarda allo sviluppo a lungo termine, si guarda alla propria azienda come un’estensione della propria famiglia, una realizzazione dei propri sogni; non come un “bancomat” dove si risponde per risultati triennali senza curarsi delle conseguenze future di determinate scelte manageriali…
Alla luce di tante esperienze, il consiglio e l’augurio che faccio anche a me stesso per un futuro rientro in Casentino, pur con il rischio di spingermi un po’ oltre allo scopo della nostra intervista, è quello di impegnarsi direttamente per sostenere una nuova coscienza politica slegata dalle solite “bandiere” e che, anziché “cambiare per cambiare” inizi a guardare seriamente a ciò che sarebbe stato meglio “lasciare come era”, guardando in modo costruttivo e non fazioso alla Storia della Nostra Nazione.

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Daniele con un team di lavoro

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Daniele e alcune delle sue “creazioni”

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