“Sopra quella borsa di tela aveva impresso la sua mano colorata di giallo, il colore della gioia e dell’amicizia e dentro aveva messo una pietra e poi disse a tutti che quel ciottolo rappresentava le cose negative, pese quelle che dobbiamo abbandonare perché non possono essere portate nello zaino che abbiamo sulle spalle”.
Maura Lucatello inizia così il suo racconto, che sgorga da un’assenza e si fa amore. Un amico di Luca glielo ha donato qualche tempo fa e oggi quelle parole suonano come un testamento che lei decide ogni giorno di onorare. Non è facile farlo, perché la morte di un figlio non si spiega con nessuna parola umana e non si supera come una brutta malattia. Ma ciò che Maura vuole fare, a quasi due anni di distanza da quel 4 maggio 2019, è proprio portare una testimonianza.
“Cosa ti aspetti da me oggi? Te lo chiedo perché non voglio raccontare qualcosa che faccia impietosire. Io voglio dare speranza. Voglio dire che forse una strada c’è. Perdere un figlio non solo è innaturale, ma è qualcosa di distruttivo, lacerante. Ma c’è anche altro e io lo voglio dire”. Maura è una donna forte, nell’anima e nel fisico. Una donna che si è costruita con le salite e oggi sono proprie quelle che la stanno aiutando a trovare sentieri di speranza diversi da percorrere e da indicare ad altri.
Per Maura ci sono tre strade di luce: “La prima sono le relazioni, quelle che abbiamo saputo costruire nel tempo. Luca aveva tanti amici a cui voleva bene ed era contraccambiato. La nostra famiglia ha sempre avuto tante persone care. Tutti questi sentimenti belli ci sono tornati indietro triplicati. I nostri amici non ci hanno mai lasciato soli. Mai. Il loro affetto si è fatto abbraccio, sostegno, aiuto, casa, vita. La seconda è la fiducia nella vita. Se ti chiudi il dolore ti divora. Mi sono rimaste impresse nella testa le parole di un ragazzo di Amatrice che era rimasto l’unico superstite della sua famiglia distrutta dal terribile terremoto che colpì quel territorio. “Io vivo in una stanza con un gatto bianco che non mi molla e mi importuna. L’unico modo che ho per tenerlo lontano è dargli da mangiare”. Il senso è questo: dobbiamo custodire questo dolore, dobbiamo governarlo. Poi c’è la semplicità. Semplicità come stile di vita, come pulizia interiore, come via verso l’accoglienza dell’altro senza giudizio. Proprio questo mi ha portato a trovare Luca in tutto, e tutto in Luca. La vita parla di lui”.
Il 4 maggio 2019 il Casentino si fermò in quel volo. La morte di Luca appena ventenne e in circostanze ancora tutte da chiarire, colpì tutti. Maura è molto conosciuta ed apprezzata perché ha portato innovazione nel fare accoglienza, nella tutela dell’ambiente e delle produzioni tipiche. Un simbolo per chi fa turismo in Casentino. Ma il mistero che ancora avvolge la morte di Luca è ancora pesante.
Maura non si nasconde: “Pensare a questo mistero mi dilania. Ma non voglio reagire a tutto questo con la rabbia. Invece grazie a persone come gli amici e mia sorella e anche grazie ai tanti giovani che incontro per lavoro, io dico sì alla vita. Non voglio soccombere a quel mistero, ma voglio che lo stesso mi parli”. Maura ha ritrovato nel cammino di Francesco da La Verna ad Assisi, le parole giuste per spiegare l’inspiegabile, ciò che ancora nessuno comprende. Ma la sua vera forza restano il suo lavoro e i contatti con i giovani.
Maura ci lascia un altro racconto bellissimo: “A pochi giorni dagli esami di maturità dello scorso anno mi trovavo sulla tomba di Luca con mio marito Marcello. Ad un anno dalla sua scomparsa non era facile. in quel momento ricevo una chiamata. Era una ragazza che mi chiedeva un’intervista per la tesina di maturità. Aveva trovato il mio agriturismo sul web. Mi allontanai dalla tomba di mio figlio ed inizia a rispondere alle domande di questa giovane così appassionata ed interessata alla mia attività. Non conosco questa persona. Ma quel contatto mi fece bene. Ogni volta che riesco ad avere contatti con i ragazzi e i bambini l’effetto è lo stesso. In tutti loro ritrovo la bellezza di mio figlio”.
L’ultimo messaggio di Luca sul telefonino di sua madre parlava di un borsello ritrovato e di qualcuno che voleva ricompensarlo e di aver chiesto in cambio solo una bottiglia d’acqua. Di poche cose abbiamo bisogno in questo cammino terreno, di un po’ di acqua e di un pezzo di pane, di uno zaino leggero e senza pietre. Ha ragione Luca.
Maura ricorda ancora: “Luca nella sua breve vita ci ha lasciato tanta luce. Voleva diventare capo scout e per questo doveva fare un’esperienza di servizio in solitaria. Scelse di farla in un centro di accoglienza per clochard a Pisa. Mi chiamò e mi disse: “Mamma lo sai di cosa hanno davvero bisogno queste persone? Vogliono essere ascoltate”. Porto con me questo suo racconto perché parla di mio figlio più di tante altre cose”.
Sono passati due anni da quando Luca è partito lasciando dietro sé tante domande, ma anche una grande eredità. Maura e la sua famiglia, i fratelli Matilde e Giorgio, il marito Marcello vorrebbero organizzare un momento di incontro all’aperto costruendolo sulla frase che Luca aveva scritto in camera sua: “Non perdere il sorriso, qualsiasi cosa accada”. Il suo funerale fu una festa perché la vita ti chiama alla presenza, sempre. Anche se all’estremo di un grande dolore. Lo scorso anno la pandemia si portò via questo momento in presenza. Ma quest’anno forse Luca potrà essere ricordato non solo con i racconti e la preghiera, ma anche con lo sguardo. Maura cercherà di commemorarlo così.
Guardo Maura con i suoi gatti, con il suo Cane guardiano con i suoi prodotti che fa crescere con amore e sapere, e penso che solo le madri sono capaci di questa forza che, sono convinta, sia la più grande dimostrazione dell’esistenza di Dio.