In Casentino ci sono tradizioni bellissime legate al Carnevale che le popolazioni locali, con amore e con tenacia, contro il tempo e la disgregazione creata dai social, ci ripropongono con tutto il loro bagaglio simbolico e il loro valore di collante sociale.
Una delle più originali e longeve è quella di Soci che si tiene nell’ultimo giorno di Carnevale, ma si prolunga anche il giorno successivo, uno scherzo alla tradizione cattolica che si addice al temperamento festoso e schietto dei sociani.
Martedì 13 Febbraio la Pro-loco di Soci, in collaborazione alla Misericordia del paese, rievoca la “Cuccagna sociana” con una grande “pastasciuttata” al ragù di carne per tutti i paesani. Il giorno, primo giorno di Quaresima, dalla mattina presto si inizia con le colazioni a base di baccalà e aringhe cotte alla brace, polenta di granoturco e castagne continuando fino all’ora di pranzo. Tutto questo viene fatto nella piazza della chiesa vecchia, conosciuta come Piazza Padella.
Alla sera dello stesso giorno di mercoledì 14 Febbraio, i festeggiamenti si spostano presso l’auditorium Berretta Rossa con una cena a base di prodotti poveri nel rispetto della vigilia del primo giorno di Quaresima. Visto che quest’anno il giorno delle Ceneri coincide con San valentino, la pro loco omaggerà signore e signorine con un dono particolare, un ricordo della manifestazione creato dal negozio Locototo di Arezzo.
Ma da dove viene questa tradizione così particolare? Ce lo raccontano Sergio Buffa e Lionello Lenzi rispettivamente presidente e consigliere della Pro – loco: “A Soci negli anni precedenti l’ultima Guerra Mondiale, esisteva la “Società del Carnevale”; una cosa ritenuta importante perché in quei giorni in paese convergeva molta gente dalle campagne vicine, e la società era incaricata di organizzare dei festeggiamenti adeguati. Il Martedì Grasso veniva fatta la cuccagna, un pranzo in piazza offerto a tutti i poveri che a qui tempi erano tanti. Il giorno successivo, primo giorno di Quaresima, dopo di bagordi di Carnevale, nella piazza centrale si cucinava la polenta con farina di granoturco e di castagne condita con aringhe e baccalà arrosto, il tutto annaffiato con vino locale.
Questa festa anticamente aveva un preciso significato, ossia il prolungamento del Carnevale, una piccola trasgressione all’invito della Chiesa di iniziare il periodo di pentimento, di meditazione, di preghiera. Doveva essere l’ultima baldoria a base di cibi poveri, quelli che il popolo delle nostre campagne poteva permettersi, prima di iniziare il periodo della costrizione e della penitenza quaresimale”.
Il Sindaco Daniele Bernardini commenta: “Quando in un paese si è capaci di lavorare insieme per far rivivere le proprie tradizioni, nella loro ritualità, nei simboli e nei significati, significa che quella comunità è viva, che parla al presente ed è protesa al futuro con uno sguardo ottimista e creativo, desideroso di resistere a questo nulla fatto di piazze globali, che sta fagocitando le nostre piazze tradizionali e con esse i legami culturali e sociali delle comunità e degli individui. Un plauso, dunque, alla pro-loco e a tutti coloro che si impegnano nel delicato quanto necessario lavoro di recupero della memoria”.
Comunicato stampa
Bibbiena, 8 febbraio 2018