Scrivere le storie degli altri ti premia sempre, perché quando lo fai accarezzi vite e sentimenti, mentre dentro di te calano miriadi di sensazioni, a volte piacevoli, altre così intense da toglierti il respiro, dipende molto da chi ti trovi davanti. Veronica Rigoni è stata così minuziosa e trasparente nel raccontarsi che ho avvertito tutte le vibrazioni del caso!
Veronica, immagino che ti abbiano fatto il tampone a causa dei sintomi che ti hanno allertata. Quando ti hanno detto che eri positiva al Covid 19, cosa hai provato?
Ho avuto i primi sintomi nei primi giorni di marzo, ma non erano particolarmente indicativi perché la febbre non saliva mai oltre trentasette e mezzo. Avevo però il vomito, grande tachicardia e forti dolori al torace, per questo dal dodici di marzo mi sono messa in quarantena da sola, ho preso le ferie e mi sono chiusa in casa. Dopo una decina di giorni, visto che i sintomi erano sempre presenti, il mio medico di base mi ha fatto fare il tampone che purtroppo mi ha dato esito positivo. Ricordo che la mia reazione è stata assurdamente piacevole perché se non si fosse trattato di Covid 19, avrei sicuramente avuto qualcosa di grave, considerato quanto stavo male. Subito dopo però è arrivata la paura, quella spessa come una coltre pesante, paura per me e per coloro che avevo frequentato, ovvero i miei colleghi, mia sorella, mio cognato…
Mi hai descritto così bene la difficoltà che avevi a respirare che mi viene facile chiederti se hai avuto paura anche di non farcela?
Ho avuto pensieri sconvolgenti, soprattutto la notte quando non riuscivo a gestire i battiti del cuore che mi esplodevano nella testa. I dolori al torace arano intollerabili a volte, soprattutto nelle prime due settimane, ma non lo facevo vedere in casa per non preoccupare mia sorella. Già lo stress, le attenzioni durante la convivenza dovevano essere molteplici, figuriamoci se le avessi quantificato il dolore che provavo.
Tua sorella e tuo cognato sono stati meravigliosi ad accoglierti in casa, che ne pensi?
Mia sorella è la mia famiglia. Abbiamo un rapporto solido, cresciuto non senza scontri e furiose litigate, ma l’amore che ci lega è davvero un amore importante. Mio cognato mi ha accolto come una sorella, non credo che la vita mi dia modo di ringraziarli abbastanza in futuro, perché sono stati eccezionali nel profondo dell’anima. Insieme abbiamo fatto un grande lavoro di squadra, c’era il tempo per curare tutto, mantenendo le distanze, e sempre mascherina sul viso. Infatti, fortunatamente nella nostra famiglia non ci sono stati contagi interni.
Come si è comportato il vicinato? Ti sei sentita ghettizzata in qualche modo?
Ci si sente ghettizzati già da protocollo, poi nella nostra vallata ogni volta che viene fuori una notizia sembra che necessariamente si debba andare a caccia del colpevole. Ma qui non esiste alcuna colpevolezza se ti attieni alle regole. La gente dovrebbe sapere che se uno agisce nel totale rispetto, perché lo deve in primis a sé stesso, è a posto con la coscienza, anzi, dovrebbero mettersi nei panni di chi vive certe situazioni, a dir poco incresciose. Comunque il vicinato è stato completamente assente.
Chi vi ha aiutato sostanzialmente?
Un’amica si è fatta in quattro per noi e lo ha saputo fare con grande tatto, e poi anche i miei colleghi sono stati meravigliosi. Non potrò dimenticarlo mai. I miei genitori, loro è stata dura tenerli alla larga, perché è normale che avrebbero voluto vedermi, ma ci siamo riusciti.
Come scorrevano le tue giornate?
Molto lentamente. Stavo quasi sempre in camera mia, da sola naturalmente. Quando mia sorella e mio cognato andavano a dormire, allora facevo un giretto per casa, stando attenta a cosa toccavo e sempre con la mascherina, e ogni volta che usavo il bagno poi lo disinfettavo con varichina a partire dallo specchio. Ogni volta era così, dovevo sanificare tutto d’accapo.
La Asl è stata attenta e presente?
Devo dire che il mio medico di base è stato attento e delicato, purtroppo i protocolli non permettevano a nessuno di avvicinarsi. Il primo dottore l’ho visto dopo ben sessantaquattro giorni, questo mi ha fatto sentire abbandonata al mio destino. In fondo io sono giovane e sono riuscita a resistere, a non darla vinta al virus, ma se penso agli anziani, ai malati, deve essere stato ancor più difficile, ancora più doloroso.
Mi piacerebbe che tu mi facessi capire bene il tuo stato d’animo.
Stavo così tanto male da non capirne il perché, infatti dopo il tampone positivo ho paradossalmente tirato un respiro di sollievo perché finalmente avevo la risposta a tanto dolore. Quello era il periodo in cui morivano più di mille persone al giorno, soltanto nel nostro paese e alla sera quando andavo a dormire, mi chiedevo se al mattino fossi stata ancora viva. E’ stata davvero dura ma dopo i due tamponi negativi sono finalmente rinata.
Come ti senti ad oggi che tutto è passato?
Ancora ci sono degli strascichi, ma è niente al confronto, sicuramente devo imparare a stare fuori di casa, mi sento ancora smarrita quando esco, oltretutto, colgo l’occasione di dare un paio di consigli a chi leggerà questo articolo: il primo è di fare tanta attenzione, e se non abbiamo paura per noi abbiamone almeno per gli altri, e il secondo è quello di seguire le linee di comportamento suggerite dal protocollo. Col buonsenso ce la possiamo fare.
Non avrei mai smesso di parlare con questa giovane donna perché starla ad ascoltare mi ha dato la consapevolezza che ancora esistano belle persone nel mondo. Veronica mi ha raccontato la sua storia di donna che ha assaggiato quel qualcosa che ci ha terrorizzato per mesi e ancora continua a farlo, senza mai perdere di vista il suo prossimo e l’importanza di ciò che ha ricevuto in cambio, da questa vera e propria odissea.
Anche io del resto ci ho guadagnato qualcosa, ho imparato che da qualche parte nel nostro Casentino esiste una donna così in gamba, una donna che insieme all’aiuto della sorella e del cognato che l’hanno accolta con tutti i rischi del caso, è finalmente uscita da un incubo subdolo e doloroso.
Grazie di cuore Veronica!